Anticorpi per la schizofrenia?

Anticorpi per la schizofrenia?
La schizofrenia é una malattia del sistema immunitario? si cura con gli anticorpi? Alla prima (fino a poco tempo fa stravagante) domanda non siamo ancora in grado di rispondere. Quanto alla seconda si può invece con certezza dire, come riferisce il Guardian che da pochi giorni il team del Prof Oliver Howes, (professor of molecular psychiatry at the MRC London Institute of Medical Sciences and consultant psychiatrist at the Maudsley Hospital in south London) ha cominciato a trattare 30 pazienti affetti da schizofrenia con un anticorpo monoclonale chiamato Natalizumab, che è già usato per il trattamento della sclerosi multipla, che viene ritenuta una malattia autoimmune. Se la cura sarà efficace lo sapremo tra due anni al termine dello studio che coinvolge complessivamente 60 pazienti (30 dei quali trattati in doppio cieco senza l‘anticorpo). Ma perché i team di due prestigiose Istituzioni londinesi MRC e King‘s College hanno deciso di allestire e condurre insieme questo singolare esperimento? Già da qualche anno il Prof Hoves e altri ricercatori hanno dimostrato che i pazienti affetti da schizofrenia presentano un’aumentata attività del sistema immunitario e che l’impiego di antinfiammatori in aggiunta ai farmaci tradizionali può essere di qualche utilità. In particolare alcune cellule del sistema nervoso, le microglia, che sono un po’ gli spazzini del sistema nervoso sarebbero fin troppo attive. Le microglia in realtà non si limitano solo a mangiare ed eliminare le cellule nervose morte e/o danneggiate ma svolgono anche un lavoro di potatura sulle connessioni tra cellule nervose, sono dunque per così dire i giardinieri del sistema nervoso. Se però tali giardinieri divengono troppo solleciti rischiano di tagliare non solo i rami secchi, le connessioni cioè inutili, ma anche rami verdi dunque connessioni utili e promettenti del sistema nervoso centrale. Si è potuto dimostrare che nei pazienti affetti da schizofrenia o almeno in molti di loro soprattutto all’inizio della malattia il sistema immunitario è infiammato e le microglia troppo attive in particolare in due regioni del nostro cervello, il lobo frontale, dove risiedono principalmente le nostre capacità di valutazione della realtà e di conseguente giudizio e i centri cerebrali responsabili  per l’ascolto. Proprio in queste regioni i pazienti affetti da schizofrenia presentano i danni maggiori: essi faticano infatti a percepire correttamente la realtà soffrendo spesso di deliri di ogni genere, ma presentano anche difficoltà di concentrazione, comprensione, astrazione. I pazienti affetti da schizofrenia o almeno molti di loro sentono poi “le voci” allucinazioni acustiche che commentano, giudicano l’operato dei pazienti o addirittura li stimolano a compiere determinate azioni. Sì è dunque ipotizzato che le microglia, attivandosi troppo, taglino troppe connessioni cerebrali importanti appunto per la percezione della realtà e siano in definitiva responsabili, tramite l’eccessiva attivazione del neurotransmittitore dopamina anche dei disturbi allucinatori. Si ipotizza insomma che le microglia iperattive potino troppo la “pianta “ del cervello quando è ancora nella sua verde età e la privino di rami importanti per il successivo sviluppo. È stato inoltre dimostrato, analizzando il genoma di 65.000! pazienti,che tale eccesso di potatura è geneticamente determinata. È stata una scoperta estremamente importante riportata da tutta la stampa specializzata perché sembra aver definitivamente aperto la porta alla comprensione della schizofrenia e della sua insorgenza. Ne davo notizia in un mio articolo (troppo complicato) del gennaio 2016. È inoltre dimostrato che condizioni di forte stress possono influire negativamente sul sistema immunitario provocandone un’infiammazione e dunque un’iperattività delle microglia. Si sa che le persone affette da schizofrenia sono estremamente sensibili allo stress al punto da reagire con un peggioramento dei sintomi a stress emotivi (cambiamenti di orari, abitudini, persone di riferimento, critiche, etc) per la maggior parte di noi facilmente superabili. Si ipotizza dunque che anche i peggioramenti dello stato psichico dei pazienti possano essere mediati dall’ iperattivazione delle microglia e poi della dopamina.
Ora sembra essere arrivata oltre alla teoria/ipotesi anche la cura, la possibilità cioè di ridurre in modo mirato l’attività del sistema immunitario appunto con un anticorpo monoclonale. Fino ad ora la schizofrenia viene trattata farmacologicamente con i neurolettici (o antipsicotici), farmaci scoperti ancora negli anni 50 del secolo scorso casualmente nel tentativo di trovare sostanze che consentissero di condurre operazioni su pazienti vigili ma insensibili al dolore e allo stress dell’operazione. Il capostipite di questi farmaci è stata la clorpromazina (derivata dalla prometazina, un farmaco sedativo ed antiallergico!) che Laborit ha dimostrato indurre una sorta di indifferenza agli stimoli ambientali. Si è scoperto che tale “indifferenza” sarebbe dovuta al blocco della dopamina (il neurotrasmettitore per eccellenza dell’esplorazione). Praticamente tutti i neurolettici agiscono bloccando l’eccesso di dopamina che si riteneva essere la causa della schizofrenia. L’ultimo farmaco di questa serie è stato messo sul mercato più di 10 anni fa. Da allora nessuna nuova molecola. Ora con gli anticorpi monoclonali si aprono nuove prospettive di curare alla radice il meccanismo biologico che sarebbe all’origine della malattia.
Da modesto psichiatra di provincia che vede ogni giorno pazienti affetti da schizofrenia – ma non le loro microglia – parla con loro delle loro paure e gioie quotidiane, ascolta i loro deliri, gli angosciati racconti delle loro voci, ma anche tante positive esperienze nell’ambito di trattamenti riusciti mi permetto una speranza accompagnata da una cautela e da una nota di tristezza. La speranza è naturalmente che questa strada pur così anzi proprio perché così insolita offra nuove opportunità di cura della malattia e di comprensione dei disturbi che vi sono sottesi. La cautela deriva non solo dei tanti annunci entusiastici già vissuti e smentiti poi dalla pratica clinica ma anche dal fatto che l’infiammazione del sistema immunitario come causa della schizofrenia rimane al momento un’ipotesi. Come fa notare giustamente un altro ricercatore, il Prof Ziller del Max Planck Institut è ancora da stabilire se tale iperattività sia davvero la causa della malattia o non piuttosto un fenomeno collaterale o addirittura una conseguenza. L’infiammazione del sistema immunitario è inoltre una condizione generica che si sta riscontrando in diverse altre malattie psichiche quali ad esempio la depressione. Qual è allora la specificità dell’infiammazione nella schizofrenia? Infine la nota di tristezza. Nonostante sia ampiamente risaputo che la schizofrenia, come la maggior parte dei disturbi psichici, è un disturbo multifattoriale e come tale va trattato sia da un punto di vista farmacologico che psicoterapeutico e sociale l’attenzione è tutta centrata ora sulla sola molecola e suoi suoi presunti portentosi effetti quasi che gli altri fattori psicologici e sociali non esistessero più. Mi auguro che nello studio e nella discussione dello stesso sui mass media e sui social media trovino altrettanta attenzione anche il rapporto terapeutico e i rapporti della persona affetta con la schizofrenia con le persone che le stanno intorno. Nel mondo che la persona affetta da schizofrenia si costruisce addosso prima ancora che le molecole ci sono le persone, quelle disponibili o meno a condividere con lui una parte di quel mondo e ad accompagnarlo/la in un viaggio faticoso, angosciante ma estremamente affascinante per costruirne un altro con porte e finestre più ampie, più aperto allo scambio e a rapporti meno angosciati e diffidenti con la realtà e con gli altri.
Immagine tratta da Il sole 24 ore 
Suggerimento musicale: Donizetti, Lucia di Lammermoor, Aria della follia