“Ah… Ah… buona notte, caro” erano le uniche parole che Olimpia aveva proferito in sua presenza. Ma a Nathaniele, che se ne è già perdutamente innamorato, quelle poche parole bastano, gli appaiono anzi come “il vero geroglifico del mondo interiore pieno d’amore e di elevata comprensione della vita spirituale”. A nulla vale che un suo caro amico lo metta in guardia facendogli presente che a lui stesso e a tutti gli altri amici “Olimpia faceva paura, non volevamo avere a che fare con lei, ci sembrava che facesse finta di essere una creatura viva e che sotto ci fosse qualche mistero”. Quale sia il mistero Nathaniele lo scopre solo qualche giorno più tardi quando, tirata per le gambe e per la testa, la vede spezzarsi in due, e deve constatare che Olimpia “è una bambola inanimata”. È la celebre novella hoffmanniana dell’uomo della sabbia, analizzata da Freud nel suo saggio “Il perturbante”
I robot sessuali attuali, dotati di programmi di intelligenza artificiale, sono in grado di parlare molto meglio di Olimpia, e rispondono a tono all’interlocutore. Grazie al rivestimento in silicone hanno fattezze molto simili a quelle umane e sono morbidi al tatto. Possono assumere innumerevoli posizioni sessuali e anche svariati tratti psico-sessuali, potendo spaziare dalla “Frigid Farrah a Wild Wendy o S&M Susan”. Ma soprattutto oggi c’è chi con questi robot sessuali ci vive, come un uomo giapponese con moglie e figli, che dice di essersene innamorato (del robot).
Tutte queste e moltissime altre, molto più dettagliate informazioni sono contenute nel rapporto di 44 pagine “Our sexual future with robots” della “Responsible robotics”. Grazie alla consulenza di specialisti dei più diversi ambiti (informatico, robotico, filosofico, psicologico, etico, industriale…) ma anche di sondaggi, interviste a produttori di robot, bambole sessuali e a sex-workers, il rapporto cerca di rispondere alle seguenti cruciali domande:”
1.Would people have sex with a robot?
2. What kind of relationship can we have with a robot?
3. Will robot sex workers and bordellos be acceptable?
4. Will sex robots change societal perceptions of gender?
5. Could sexual intimacy with robots lead to greater social isolation?
6. Could robots help with sexual healing and therapy?
7. Would sex robots help to reduce sex crimes?”
Nonostante la chiarezza, l’accuratezza e la fondatezza delle considerazioni svolte nel rapporto confesso di aver avuto notevoli difficoltà a leggerlo e a scriverne, rinviando più volte questo mio post, a seguito di un’ istintiva sensazione di rifiuto. I temi del feticismo e ancor di più del rapporto d’amore con un oggetto inanimato, sia pure in fattezze umane, suscitano indubbiamente, come aveva già intuito Freud, sentimenti perturbanti. Proprio lui aveva individuato la causa di tale sentimento del perturbante non nell’automa ma nella rimozione di qualcosa che sta in noi e che ci era stato un tempo assai familiare. Se anche i rapporti con i robot sessuali ci appaiono come posizioni estreme, non facilmente comprensibili, i meccanismi alla base della relazione, di ogni relazione, sono sempre gli stessi, quelli della (minore o maggiore) proiezione e della (minore o maggiore) oggettivazione. Nelle pupille delle del/la partner (pur viva ed animata) noi vediamo riflessi i nostri desideri, le nostre aspirazioni, aspettative, ma anche paure ed angosce che non riusciamo a trattenere/accettare in noi. Il processo che porta dall’idealizzazione/demonizzazione dell’altro fino alla sua accettazione per quello che lui/lei è, è lento e doloroso, segnato da tappe di delusione e incomprensione in cui solo a fatica e con dolore riusciamo a ritirare le proiezioni reciproche lasciando che il volto nostro e dell’altro emergano lentamente nelle loro reali fattezze. Al tempo stesso, per quanto grande sia il nostro amore e la nostra conseguente tendenza a soddisfare il desiderio del/la nostro/a partner di essere riconosciuto come soggetto, unico ed insostituibile, noi desideriamo il suo corpo anche come oggetto. Nel desiderio del corpo altrui è compresa una componente di obiettivazione, reificazione inscindibile dall’attrazione sessuale. A nostra volta desideriamo essere percepiti anche come oggetti sessuali. Annie Ernaux ne dà una sconvolgente descrizione nel suo racconto “una passione semplice”. La filosofa Martha Nussbaum (ritratta in quest’articolo del New Yorker con artistica precisione ) nel suo saggio
“Objectification,” builds on a passage written by Sunstein, in which he suggests that some forms of sexual objectification can be both ineradicable and wonderful….
defends Sunstein’s idea, arguing that there are circumstances in which being treated as a sex object, a “mysterious thinglike presence,” can be humanizing, rather than morally harmful”.
Riflettere sul nostro possibile futuro sessuale con i robot ce ne fa vedere i molti limiti, innanzitutto il fatto che si tratti di un rapporto a senso unico, senza alcuna possibilità di reciprocità emozionale. Ciò non toglie tuttavia che per alcune persone con gravi difficoltà relazionali possa essere di aiuto mentre un atteggiamento moralistico nei loro confronti non lo è affatto. A differenza di quanto viene spesso superficialmente affermato, non vi sono invece evidenze che l’impiego di robot riduca/eviti né prostituzione, né traffico di essere umani a tale scopo né tanto meno possa costituire una terapia per deviazioni sessuali (pedofilia, parafilie). Ma il confronto con lo spiacevole tema dei robot sessuali ci aiuta anche a comprendere meglio le nostre attuali relazioni, i nostri limiti, il potere delle pulsioni e dell’inconscio su di noi, la nostra così fragile capacità di amare il/la nostro/a partner per come è e non come noi lo vorremmo. Forse siamo anche noi più robot di quanto vogliamo ammettere
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