Quando ero ancora un giovane assistente il “mio” professore, il compianto Prof. Ermentini, mi raccontava entusiasta dei suoi studi in Svizzera negli anni 60 sulla psilocibina, una sostanza allucinogena ma che stimola anche la serotonina e che ha dunque un potenziale effetto antidepressivo. Si diceva convinto che questa sostanza avrebbe potuto essere il futuro nel trattamento di diversi disturbi psichici se gli studi al riguardo non fossero stati interrotti. Sorridendo, tenevo per me un forte scetticismo. Effettivamente gli studi sulla psilocibina e su altri allucinogeni (come l’LSD) hanno subito una sorta di battuta d’arresto cinquantennale. Solo agli inizi del 2000 le ricerche sono riprese e solo da pochissimi anni si é ricominciato a studiarne gli effetti sui pazienti affetti da disturbi in ricerche controllate. Contrariamente a quanto si pensava inizialmente si è constatato che queste sostanze, se correttamente usate sotto stretto controllo medico, non hanno gravi effetti collaterali e sono utili per alcuni disturbi psichici. In particolare la psilocibina è appunto un agonista (selettivo) della serotonina, ne stimola cioè la liberazione e dunque ha effetti antidepressivi come altri farmaci con alcuni vantaggi chimici rispetto a questi ultimi. Quando alcuni mesi fa una paziente reduce da un forte delusione amorosa mi ha chiesto il mio parere sul suo proposito di sottoporsi ad Ibiza a una “cura con Ayahuasca” un miscuglio di erbe allucinogene che contiene anche una sostanza simile alla psilocibina il mio interesse per l’uso terapeutico di tali molecole si è risvegliato. Pur sconsigliando alla paziente la “cura” per la modalità tutt’altro che rassicuranti e per interazioni con altri farmaci, sono andato a consultare la letteratura e ho che trovato interessanti risultati al riguardo:
Psilocybin is a serotonin receptor agonist that occurs naturally in some mushroom species. Recent studies have assessed the therapeutic potential of psilocybin for various conditions, including end-of-life anxiety, obsessive-compulsive disorder, and smoking and alcohol dependence, with promising preliminary results. Here, we aimed to investigate the feasibility, safety, and efficacy of psilocybin in patients with unipolar treatment-resistant depression.
Ora nuovi studi confermano gli incoraggianti risultati iniziali e documentano approfonditamente e con grande finezza psicologica gli effetti positivi che la terapia con psilocibina accompagnata da un ampio supporto psicologico avrebbe nella terapia della depressione resistente (che non risponde cioè ad almeno due trattamenti adeguati) e dei suoi vantaggi nei confronti delle altre terapie convenzionali.
Prima di procedere ad illustrare i dati credo sia necessaria qualche precisazione per evitare malintesi. La depressione viene non solo curata ma guarita sottolineo guarita! nell’80% dei casi con le terapie convenzionali, al meglio con la terapia integrata, cioè antidepressivi e psicoterapia. I casi cui si riferiscono gli studi che illustro qui di seguito sono casi di depressione refrattaria cioè resistente alle terapie convenzionali. Tali studi hanno preso inoltre in esame per il momento un numero molto limitato di pazienti, 12 in una ricerca e 20 nell’altra. Pur essendo gli esiti complessivamente positivi la loro significatività non va sopravvalutata, la casistica ulteriormente ampliata e sottoposto ad altri studi. In Svizzera dove vivo e pratico è possibile somministrare la psilocibina per pazienti resistenti alla consueta terapia antidepressiva solo previa complicata autorizzazione all’autorità sanitaria centrale competente.
Ciò premesso, i risultati della terapia con psilocibina accompagnata da adeguato supporto psicologico e psicoterapeutico sembrano davvero incoraggianti. Nel primo studio condotto (sponsored and approved by Imperial College London’s Joint Research and Compliance Office (JRCO), and was adopted by the National Institute for Health Research Clinical Research Network) dopo una somministrazione di psilocibina (alla dose test di 10 mg e a distanza di una settimana una dose terapeutica di 25 mg) si era riscontrata una significativa riduzione dei sintomi depressivi che persisteva anche a distanza di tre mesi. Si era notato anche un miglioramento dei disturbi d’ansia e una riduzione dell’anedonia, dell’incapacità cioè di provare gioia per attività generalmente considerate come piacevoli. La ricerca è stata condotta con grande attenzione per il benessere dei pazienti che sono stati seguiti prima, durante e dopo l’assunzione della sostanza nell’ambito di un team estremamente qualificato in cui ciascun paziente è stato assistito da due psichiatri. Lo studio è stato condotto con grande precisione e meticolosità integrando gli aspetti psicologici, psichiatrici, psicometrici (misurazione dei risultati tramite test standardizzati) e neurobiologici (esecuzione di una risonanza magnetica funzionale prima e dopo l’assunzione della sostanza).
Ancora più interessante è, se possibile, il secondo studio in cui vengono analizzati contenuti e qualità emotiva di ciò che i pazienti hanno sperimentato e vissuto
assumendo la sostanza. Come (purtroppo) raramente succede in studi di questo genere gli psichiatri si sono confrontati approfonditamente con i vissuti dei pazienti li hanno trascritti, esaminati analizzati e interpretati alla luce di un’analisi non solo quantitativa ma anche fenomenologica capace di dar conto delle esperienze vissute dai pazienti.
Dopo aver preparato, accompagnato e seguito (per 6 mesi) i pazienti nella loro esperienza di assunzione di psilocibina, i ricercatori hanno individuato due principali vantaggi in questo trattamento. Innanzitutto il passaggio da un’esperienza di dolorosa disconnessione (dal mondo, dagli altri e da sé stessi) durante la depressione ad una di inclusione e rinnovato collegamento dopo la somministrazione di psilocibina. I pazienti, che durante la depressione si sentivano lontani e separati dal mondo, dagli altri e da sé stessi, tornavano a sentirsi parte del mondo e della vita. In secondo luogo i pazienti trattati con psilocibina riferiscono che la terapia con la sostanza (e -aggiungo io – l’imponente supporto psicologico che l’accompagnava, ad es. sedute preparatorie fino a 4 ore!) ha favorito il passaggio dall’evitamento delle emozioni e dei ricordi spiacevoli passati alla loro positiva accettazione. Durante l’assunzione della sostanza i pazienti avrebbero avuto vissuti in alcuni casi anche molto intensi di tristezza, lutto, ricordo di traumi infantili (ma anche esperienze simili a sogni fatti durante l’analisi!) ma sarebbero stati in grado di elaborarli, integrarli, accettare tali esperienze come parti della propria vita ricollegandosi con il proprio passato. Le terapie tradizionali precedentemente sperimentate dai pazienti avrebbero invece rinforzato le tendenze difensive all’evitamento, al ritiro e alla disconnessione dal mondo, dagli altri e da sé stessi.
In conclusion, via thematic analysis applied to structured interviews per- formed 6 months after psilocybin for treatment-resistant depression in 20 patients, we identified two major themes relating to how the treatment had been beneficial: (a) a change from disconnection (from the self, others, and the outside world) to connection and (b) a change from avoidance of difficult emotions and memories to acceptance. Provocatively, patients reported that previous treatments functioned to reinforce defensive strategies of discon- nection/retreat and avoidance, whereas treatment with psilocybin promoted a confrontation and subsequent reconnection that was lasting in many cases. The approach taken here complements more formal, quantitative analyses of the utility of psilocybin (Carhart-Harris, Bolstridge, et al., 2016; Carhart- Harris, 2017; Gasser et al., 2014; Griffiths et al., 2016; Ross et al., 2016) and should help inform and enrich understanding of this novel treatment and its mechanisms of action, helping generate new hypotheses that can be tested in subsequent research.
Vale tuttavia la pena anche qui di aggiungere che spesso i pazienti si riferivano ad esperienze terapeutiche obiettivamente negative dovute a mancanza di personale, tempo, preparazione, sensibilità dei terapeuti. Cose che purtroppo sono all’ordine del giorno, non solo in Inghilterra dove è stato svolto lo studio. Quanto dei vissuti positivi dei partecipanti alla ricerca dipenda dalla psilocibina e quanto anche dallo straordinario impegno terapeutico dei ricercatori – rispetto alle manchevolezze del quotidiano – è difficile da valutare. La psilocibina è in ogni caso ormai, caro Professore, una concreta prospettiva.