Sono stato recentemente chiamato a valutare alcuni pazienti affetti da disturbi psichici acuti trattenuti in clinica. Più che in altre occasioni mi ha colpito il tentativo dei pazienti, ciascuno nella sua diversa patologia, di dare un senso al proprio comportamento apparentemente strano, irrazionale, in alcuni casi violento e comunque difficilmente comprensibile. A torto o a ragione essi ritenevano infatti che proprio dal senso che sarebbero riusciti a comunicarmi sarebbe dipesa la loro possibilità di essere rilasciati. Il filo conduttore rintracciabile in tutte le storie era sostanzialmente basato sull’attribuzione ad altri della colpa iniziale, sul conseguente senso di impotenza di fronte all’ingiustizia e all’incomprensione e sul tentativo di liberarsene attraverso comportamenti forse discutibili ma a loro avviso inevitabili e dunque giustificabili.
Poco dopo mi sono casualmente trovato a leggere due articoli scientifici che promettevano di essere molto interessanti uno sulla possibilità almeno teorica di far tornare indietro il tempo e l’altro sulla possibilità dei computer quantici di apprendere dai dati mappandoli in uno spazio in cui esistono solo stati quantici. Mi sono arreso già all’abstract. Non c’ho capito nulla, meno di niente. Ho avvertito un senso di frustrazione, di impotenza che, nonostante tutti i tentativi di bagatellizzarlo, è rimasto a lungo in me congiunto alla rabbia e a una certa irritabilità. Mi sono venuti in mente i pazienti anche loro annientati dal senso di impotenza e incapaci, a causa dei loro disturbi psichici, di reagire in modo “logico”.
Poi ho pensato agli avvenimenti di questi giorni che Fabio Chiusi ha mirabilmente riassunto in questo Tweet
“I ragazzi protestano contro le non-politiche sul cambiamento climatico, e il problema sono i ragazzi.
Terroristi suprematisti bianchi usano i social media per diffondere le loro gesta, e il problema sono i social media.
Non è che avete un problema di logica elementare?”
Temo però che il problema di logica non l’ “abbiate voi” ma, anche se in forme e modi diversi, l’abbiamo tutti noi.
Tutti sappiamo che la temperatura del pianeta andando avanti di questo passo si alzerà provocando conseguenze drammatiche potenzialmente fino alla distruzione del nostro pianeta e della nostra specie Salvo encomiabili esempi nessuno di noi sottrae però un’ora al lavoro o ad altre più piacevoli attività per tentare di salvare la vita dei nostri figli e nipoti. Molti anche illustri personaggi continuano a pensare che il surriscaldamento atmosferico sia una frottola e che comunque non valga la pena di pensarci troppo e se la prendono addirittura con chi si prende la briga di pensarci e di fare qualcosa. Il razzismo è tra i fenomeni che maggior danno hanno fatto all’umanità eppure di fronte alle sue manifestazioni attuali, salvo le condanne di rito, non si può certo dire che lo combattiamo efficacemente. Anzi molti di noi lo scusano, lo giustificano o addirittura lo stimolano e lo propagano. Non credo siamo tutti così cattivi da voler investire Greta, da voler far soffrire, torturare, uccidere uomini e donne che appartengono ad una etnia, religione, partito politico diverso dal nostro. Credo piuttosto che nel momento in cui avremmo a disposizione un futuro radioso, molto meno faticoso del presente, reso possibile da quel digitale che noi stessi abbiamo inventato, ci sentiamo una tale paura della complessità addosso da aver paura di andare avanti. Potrà sembrare assurdo, ma mi domando talvolta se la nostra incoscienza riguardo all’inquinamento ambientale non sia una forma di freudiana “destrudo” una sorta di desiderio di autodistruzione di fronte ad un futuro che ci appare troppo complesso per viverci. Come spesso accade nelle situazioni di impotenza di fronte ad una complessità che non riusciamo a comprendere e tantomeno a gestire, riemergono i riflessi condizionati della paranoia – per cui distinguiamo solo tra amici e nemici – e il cupio dissolvi dell’autodistruzione.
È capitato credo a ciascuno di noi di trovarsi in una situazione in cui la meta a lungo agognata, sospirata e ricercata con implacabile determinazione sembra finalmente realizzarsi, il sogno prendere fattezze concrete. Proprio un momento prima ci lasciamo però travolgere da un impulso che siamo riusciti a fatica a trattenere più o meno sotto controllo fino a quel momento e che improvvisamente prende il sopravvento in forma di errore, fatalità, desiderio irresistibile, fino a portarci alla rovina quando già siamo con un piede al traguardo. Ecco, talvolta mi domando se il sovranismo, il populismo il rinnovato razzismo, la totale incoscienza nei confronti dell’incipiente sconvolgimento climatico siano una sorta di riflesso automatico, inconscio di fronte alla complessità di un futuro che ci spaventa a morte. Per fortuna non siamo tutti spaventati allo stesso modo. Per fortuna! i nostri figli marciano per salvare la terra, le organizzazioni non governative per salvare i migranti, aiutare i poveri, gli ultimi.
In tutti noi alberga qualche sprazzo di umanità come nella vecchietta di Dostojevski che si era conquistata la possibilità di risalire dall’inferno al paradiso per aver offerto una sola volta nella sua vita una rapa a un mendicante. Si sa purtroppo come è andata a finire. Proprio nel momento in cui stava per essere sollevata in paradiso con quella stessa rapa che lei aveva donato, gli altri dannati cercano di attaccarsi anche loro alla rapa. Per paura che la rapa non li sostenga tutti, lei si mette a scalciare per mandarli via tutti e, naturalmente, in quel momento la rapa precipita.
Mi sembra che presi dalla paura di non venir salvati scalciamo in ogni direzione perché nessuno si attacchi alla nostra rapa, sia essa la nazione, il lavoro, la famiglia, la religione, la nostra teoria… Forse utilizzando i social come specchio – che tanto come mezzi di comunicazione non funzionano un granché – ci potremmo vedere riflessi mentre scalciamo contro il prossimo di turno (il migrante che non vuol morire a casa sua lasciandoci in pace, il buoninsta che vuole salvare i naufraghi, la ragazzina sedicenne che si preoccupa del clima al posto nostro, quello che protesta e quello che non protesta, il razzista e l’ antirazzista) e forse capiremmo che la rapa sta per cadere a meno che…