Ero da poco salito sul treno con Thierry. Sabato sera, di ritorno da un una giornata di formazione e di ritiro, spesa ad analizzare ogni emozione che intercorre nel gruppo e in me. Grandi progetti e piccole gelosie, approfondite analisi e banali invidie, modeste soddisfazioni. La banalità del quotidiano che è in noi. Ora siedo comodo, contento di tornare a casa, nessuno sul sedile di fronte al mio, Thierry, un imponente meticcio bulgaro, pauroso come una lepre e buono come il pane (si direbbe in dialetto bresciano per dar conto della sua innocenza) ha tutto lo spazio che vuole a terra. Una ragazza vede i posti davanti a me e senza accorgersi di Thierry mi chiede se siano liberi. „Certo“ le dico invitandola a sedersi. Lei nota Thierry e io che lei ha una trisomia 21. Si rivolge a Thierry e gli fa un complimento. Le dico che è un fifone per presentarglielo ma anche per paura che gli si avvicini troppo e Thierry reagisca bruscamente. Sorride. La mia stupida delusione per avere meno spazio del previsto per me e per Thierry svanisce. La ragazza, (una giovane donna?) intanto guarda i suoi genitori fuori dal treno sul binario. Parla con loro al telefono. Il suo tono di voce è piuttosto alto, l‘articolazione delle parole non perfetta. Intanto il treno è partito. Noto che io, nevroticamente ipersensibile si rumori ancora più di Thierry, ascolto la sua voce con gioia e anche con una certa curiosità. Lei parla prevalentemente con la mamma ma si fa passare anche il padre, cui chiede consigli pratici. Descrive poi cosa si sta accingendo a mangiare. Toglie quindi con grande attenzione dal suo zaino un contenitore di plastica. Lo apre quasi con rispetto. Ne estrae un panino e qualche fetta di prosciutto (credo) che depone con accuratezza su un tovagliolo. Sorride ancora. Mangia con piacere. Telefona ancora ai genitori. Ripone con cura il contenitore, ascolta la musica. Thierry sta un po‘ troppo vicino ai suoi piedi. Mi scuso. Lei dice che non fa nulla. Le chiedo di dirmi se le dovesse darle fastidio. Ascolta ancora la musica con le cuffie, telefona, estrae altri oggetti dallo zaino sempre con la stessa attenzione. Come se si trattasse di un’operazione delicata, da pianificare e condurre con la dovuta cautela. Alla conclusione di ogni azione sembra sorridere felice che tutto sia andato per il meglio. A un certo punto mi dice che il mio cane non le lascia spazio. Mi scuso e lo faccio spostare. Sorride ancora. Continua ad ascoltare musica e a guardare il suo cellulare. Siamo arrivati. Mi alzo. La saluto, ma non mi sente, avendo le cuffie sulle orecchie. La saluto ancora, aggiungendo un gesto della mano. È troppo presa dalla sua musica. Non voglio disturbarla. Mi piacerebbe tanto rivederla e ringraziarla.
Suggerimento musicale: Mozart, 12 Variazioni su Ah, vous dirai-je maman