“Penso che l’errore sia di credere che prima venga l’eresia, poi i semplici che vi si danno (e vi si dannano). In verità prima viene la condizione dei semplici poi l’eresia” spiega nel Nome della rosa il monaco francescano Guglielmo da Baskerville al suo aiutante, il novizio Adso. Guglielmo ritiene cioè che il punto di partenza nello sviluppo dell’eresia siano gli esclusi, che ai suoi tempi erano i lebbrosi. “I lebbrosi – afferma Guglielmo – sono per il popolo cristiano gli altri, quelli che stanno ai margini del gregge. Il gregge li odia, essi odiano il gregge” e prosegue “i lebbrosi sono la figura disposta da Dio perché… dicendo lebbrosi noi capissimo esclusi, poveri, semplici, diseredati, sradicati dalle campagne, isolati nelle città”. “Esclusi com’erano dal gregge, – argomenta ancora Guglielmo – tutti costoro sono stati pronti ad ascoltare ogni predicazione, che, […], mettesse sotto accusa il comportamento dei cani [i nobili] e dei pastori [i chierici] e promettesse che un giorno essi sarebbero stati puniti”. La logica conclusione è che i potenti, consapevoli che gli esclusi avrebbero voluto togliere loro i privilegi di cui godevano, li hanno combattuti bollandoli come eretici. E gli esclusi, “inviperiti dalla loro esclusione”, hanno abbracciato la prima eresia che incontravano, non essendo interessati ai sofismi della dottrina, ma al cambiamento della società. “Non conta la fede che un movimento propone – conclude Guglielmo – Eco – conta la speranza che offre. Gratta l’eresia, troverai il lebbroso”.
Cosa c’azzeccano i lebbrosi e gli eretici con i novax? mi chiederà il povero lettore che abbia avuto la pazienza di sorbirsi questa lunga introduzione. C’azzeccano molto a mio avviso, perché i no-, boh-, forse-, dopo- vax sono gli auto-esclusi di oggi nel mondo occidentale. Certo, i veri esclusi del mondo continuano ad essere i poveri, i diseredati, gli emarginati, i migranti che non hanno un tetto sulla testa, il 98% degli africani che non hanno accesso al vaccino, i non vaccinati tailandesi che protestano per essere vaccinati, gli umiliati e offesi del passato e del presente. Ma nella complessa stratificazione della moderna società occidentale esiste anche la variegata galassia degli auto esclusi. Da cosa? Non più naturalmente dall’ortodossia religiosa e dalla società che la Chiesa, d’intesa con il potere temporale, aveva creato. Dai tempi medievali del Nome della rosa ad oggi la società occidentale si è radicalmente trasformata. I suoi valori sono diventati, o almeno avrebbero dovuto diventare, la democrazia, la razionalità, la conoscenza, la scienza. Anche nell’attuale società si continuano tuttavia a scorgere gli stessi cerchi concentrici che si allontanano dal centro del potere di cui parlava Guglielmo, ma l’esclusione si è manifestata nel tempo in forme diverse, corrispondenti e antitetiche al tipo di potere di volta in volta vigente. Nell’epoca della razionalità rinascimentale vennero internati negli “asili” i folli (Foucault), nell’età scientista di fine ottocento vennero esclusi i malati che non rispondevano ai criteri della scienza di allora. Innanzitutto le isteriche, considerate non malate ma bugiarde dai neurologi del tempo, Charcot in testa. Fino a quando un nuovo neurologo, Freud, le incluse nuovamente nelle cure della medicina e con la straordinaria innovazione della psicoanalisi trovò una nuova terapia per loro e per la “tribù degli psicosomatici”. Ma la psicoanalisi è divenuta nel tempo essa stessa dogmatica ortodossia e centro di potere fino al nuovo scossone delle neuroscienze.
La nuova tutt’altro che omogenea tribù con cui siamo confrontati e di cui Goffredo Buccini offriva ieri uno spaccato sul Corriere è appunto quella dei novax. In essa si mescolano fanatici, narcisisti e paranoici, persone insicure e provate dalla vita, uomini e donne incapaci di prendere decisioni autonome e che si fidano più volentieri di eloquenti saltimbanchi che della propria capacità critica. Già nel 2016 in una sua pubblicazione l’OMS individuava nella galassia contraria ai vaccini almeno tre categorie, ribadite anche in un recente articolo del BMJ
I vocal vaccine deniers, la cui probabilità di cambiar idea è pressoché zero. Sono fanatici, in definitiva paranoici, il cui castello di argomentazioni pseudo logiche è talmente chiuso in sé stesso da essere impenetrabile ad ogni critica e ad ogni dialogo, indipendentemente dalla tesi sostenuta (che i vaccini sono il male, che la terra è piatta o che Bill Gate vuole installare microchip nelle nostre teste). Sono persone che che si sentono estremamente minacciate dagli altri e percepiscono la penetrazione di qualsiasi sostanza nel loro corpo come uno straordinario pericolo, mettendo in atto una spropositata contro reazione che diventa una vera e propria offensiva propagandistica. Con loro è impossibile discutere. Si perde solo tempo e ci si rode inutilmente il fegato. Illustri colleghi fan parte della categoria.
I vaccine refuser sono persone che pur rifiutando la vaccinazione accettano di prendere in considerazione altre ipotesi ed altri argomenti. Sono talora uomini e donne la cui vita è stata segnata da gravi dolori che non sono pienamente riusciti ad elaborare e che hanno vissuto come una colpa. Si sono assoggettati a una rigida disciplina che garantisce loro un’apparente serenità e non vogliono né riescono a distaccarsene. Ne ho incontrati diversi nel mio lavoro clinico. Suscitano più commozione che irritazione. Al di fuori del tema del vaccino sono raggiungibili, la loro sofferenza è palpabile anche se loro stessi faticano ad esprimerla e ancor più a metterla in relazione con il loro atteggiamento di chiusura nei confronti del vaccino. Sono persone ferite, con le quali vale la pena parlare, anche se non sempre si riesce ad aiutarle.
Vi sono poi gli hesitant individual, coloro che hanno paura del vaccino così di ogni significativa cosa nuova che accade nella loro vita è che percepiscono come un grave pericolo. Spesso sono insicuri, esitanti appunto, talvolta vivono nell’ombra di persone che le rassicurano e senza le quali ritengono di non poter vivere. Hanno bisogno di tempo per adattarsi alle nuove situazioni e di rassicurazioni che sollecitino in loro la sensazione di potercela fare. Sono persone che hanno estremamente bisogno di parlare, di venire informate su ogni dettaglio, di essere rassicurate. Sono molto spesso consapevoli dello propria insicurezza e grate per il tempo e la gentilezza che si dedica loro.
Naturalmente anche questa tripartizione, pur se con l’ufficiale avvallo dell’OMS, è una semplificazione, vi sono mille sfumature intermedie, tante quante sono le persone che compongono la galassia no-, boh-, forse-, dopo- vax.
Né immagino che le mie personali considerazioni, derivanti dalla pratica clinica, aggiungano qualcosa di così rilevante da poter risolvere il problema, evitando il discorso con i primi, convincendo i secondi e rassicurando i terzi. È il dialogo personale, ovviamente possibile solo se ispirato al rispetto reciproco, che fa la differenza. Le considerazioni di Eco sulle eresie mi sembrano però quanto mai azzeccate anche per la galassia novax proprio perché, pur con tutte le differenze storiche e socio-culturali del caso, individuano il disagio individuale e collettivo come punto di partenza della dinamica protestataria di gruppo (sia essa ereticale, novax, Brexit, etc). Quello che sul disagio si costruisce, ovvero le varie eresie un tempo e le svariate teorie complottiste ora è , paradossalmente, poco importante , tant’è che teorie antiscientifiche simili si ripetono pressoché invariate per argomenti diversi (vaccino, 5 G, élite, migranti etc). È invece il disagio sottostante, “la lebbra” il punto decisivo. Tale disagio è dunque anche l’unico punto di possibile incontro nel dialogo con l’interlocutore novax proprio perché ne costituisce il punto debole. Se è certo corretto contestare, nel rispetto reciproco, le tesi antiscientifiche novax, è controproducente brandire la scienza o anche solo la razionalità come una frusta. Non si tratta di stabilire un’ortodossia ora scientifica (anziché religiosa) e di bollare come eretiche le tesi antiscientifiche, ma di incontrare l’altro. Senza alcun intento né illusione ecumenica, se ricerchiamo l’incontro con l’interlocutore/trice, dobbiamo tener presente che esso può avvenire solo sul piano umano. Le diatribe sulla carica virale possiamo lasciarle ai virologi, così come “le distinzioni tra due definizioni della trinità o dell’eucarestia” erano “giochi per … uomini di dottrina”. Naturalmente l’incontro può avvenire solo se viene ricercato da entrambe le parti. Se una vuole auto escludersi, accusando al contempo l’altra di escluderla, si può solo prendere atto del fallito dialogo.
Immagine: Pedro Berreguete. San Domenico e gli Albigesi. tratta da liber liber
Suggerimento musicale: M. Musorgskij Una notte sul Monte Calvo