„Fino a quando riuscirò a portare avanti questa sofferenza? … Sono talmente invischiata in questo dolore che mi sembra impossibile togliermi questo peso dallo stomaco. Mi sembra impossibile sentirmi dire che guarirò“ Sono le parole di una paziente depressa che Eugenio Borgna, un grande della psichiatria italiana, cita in uno dei suoi libri „Speranza e disperazione“, nelle cui (111) pagine non tace la disperazione che affligge chi è depresso ma descrive e racconta anche la speranza come infinita ricerca di senso.
Per fortuna non tutte le depressioni sono gravi (si distinguono in lievi, medie e gravi, qui in breve i sintomi ) come quella della paziente citata ma molto spesso le persone depresse sono proprio afflitte dalla sensazione di non poter guarire o percepiscono addirittura la loro sofferenza non come una malattia ma come la conseguenza di una ipotetica colpa che avrebbero commesso. È dunque inutile invitarle a reagire, a mettercela tutta o altre amenità. Ciò serve solo a farle sentire in colpa e dunque a stare ancora peggio. È invece fondamentale consigliare alle persone che appaiono e/o si sentono depresse di recarsi quanto prima dal medico innanzitutto per escludere cause fisiche della depressione (quali ad esempio il ridotto funzionamento della tiroide) e poi per avviare una terapia che, a partire almeno dalle depressione di grado medio, è generalmente sia farmacologica (con antidepressivi) che psicologica (diversi tipi di psicoterapia). Altrettanto importante è sapere e ricordare costantemente che dalla depressione si guarisce in più dell‘80% dei casi e anche per i casi più gravi e resistenti ci sono terapie sempre più efficaci: ad es. la ketamina per via endovenosa, che è peraltro risultata in uno studio comparativo recente leggermente meno efficace della terapia elettroconvulsivante (elettroshock) Anche la stimolazione magnetica cerebrale, che è stata recentemente presentata in una nuova metodologia (grazie per la segnalazione a @BersaniLeda) sembra dare buoni risultati nelle forme gravi.
Buone notizie vengono anche dal campo della diagnosi: diverse ricerche stanno individuando dei marker biologici per la depressione, delle sostanze cioè la cui concentrazione può essere misurata nel sangue e la cui riduzione o il cui aumento può confermare e dunque facilitare la diagnosi. Sembra sia il caso ad es della laurylcarnitina la cui concentrazione sarebbe ridotta nelle persone depresse. Non solo, 15 biomarker tra cui citochine e metaboliti del triptofano sarebbe in grado di predire l‘insorgenza di depressione prima o dopo il parto nelle donne incinte.
Interessanti novità giungono anche dall’intelligenza artificiale in particolare da quei programmi indicati come machine learning in cui il computer, nutrito di molti dati ed esempi di best practices, può diventare abbastanza bravo da svolgere autonomamente un’attività e può anche aiutare a identificare schemi significativi, che gli esseri umani potrebbero non essere stati in grado di individuare così rapidamente senza l’aiuto della macchina. Una scienziata del MIT, Rosalind Picard (grazie per la segnalazione a @aldoceccarelli ) collaborando con i medici del Massachusetts General Hospital, ha sviluppato un programma grazie al quale dati derivanti da smartphone e da braccialetti – che possono raccogliere informazioni sui dati biometrici, come l’attività elettrica della pelle – sono in grado di fornire ai clinici dati utili per segnalare e prevenire depressioni e ricadute depressive.
Insomma la depressione è curabile, sempre di più anche nelle suo forme più gravi. Biologia e tecnologia (machine learning) ci aiutano e ci aiuteranno sempre più a fare diagnosi sempre prima e sempre meglio. Ma la speranza va coltivata, come ci insegna Borgna, nel dialogo umano e psicoterapeutico. La psicoterapia in Italia rimane però una Cenerentola, come il recente dibattito sul bonus psicologico mancato ha messo in evidenza. Certo bisogna investire di più in salute mentale in termini di risorse e personale del SSN ma è necessario anche trovare un modo per rendere economicamente accessibile ai pazienti la psicoterapia negli studi privati ad es. con un’assicurazione psicoterapeutica
Coltiviamo dunque concretamente la speranza, individuale e collettiva, come “memoria del futuro” (Gabriel Marcel, cit. da Borgna). Come scrive nel suo Zibaldone Leopardi „la speranza è una passione, un modo di essere, così inerente e inseparabile dal sentimento della vita, cioè dalla vita propriamente detta, come il pensiero e l‘amor di se stesso e il desiderio del proprio bene. Io vivo, dunque io spero è un sillogismo giustissimo…“
Immagine: Angelica Kaufmann, Bildnis der Lady Louisa Leveson-Gower (1749/50-1827), später Baroness Macdonald, als Spes, 1767