“Sono giunta al punto che non posso assolutamente concepire l’eventualità che un qualche essere umano provi amicizia per me. Se credo alla sua, è semplicemente per quel tanto che la ragione mi suggerisce di credervi poiché ho fiducia in lei e da lei ricevo l’assicurazione di questa amicizia.”
Con queste parole, tratte da una lettera di Simone Weil, prende avvio il viaggio psicologico, umano, letterario e spirituale di Eugenio Borgna che nel suo ultimo saggio “Sull’amicizia” vuole rievocare “le immagini di una amicizia che risplenda nelle notti oscure dell’anima, e ci aiuti (anche) a meglio confrontarci con la cura della sofferenza psichica”. “L’amicizia tra chi cura e chi è curato”, sostiene infatti Borgna è “talora la sola zattera sulla quale possa salire una persona sola e disperata“. L’amicizia di cui scrive, con la consueta tenera profondità Borgna, è “un’amicizia come dialogo”, “nel silenzio… e nella parola; e ancora come corrente carsica, che scorre nascosta tra persone vicine e lontane sapendo che in qualsiasi momento ci si può sentire e ci si può incontrare“ poiché “questa (forse) è la qualità essenziale dell’amicizia: sapere di non essere soli, e di potere contare su una vicinanza interiore, nemmeno scalfita dalla assenza e dalla lontananza“. Borgna ritorna d’altro canto innumerevoli volte sulla solitudine come condizione costitutiva dell’amicizia. “Non so se ci possa essere amicizia se non si sia capaci di vivere la solitudine come raccoglimento e come sorgente di meditazione. La solitudine è relazione, ed è una buona compagna nel cammino della nostra vita e delle nostre amicizie, anche se talora dolorosa, perché ci confronta con gli abissi della nostra interiorità”. “La solitudine – prosegue il grande psichiatra e fenomenologo – ci mette in un dialogo senza fine con il passato, con la memoria del cuore, che è l’archivio delle nostre inesauribili esperienze di vita, e dei ricordi che aiutano a ridare un senso alla nostra vita, alle nostre amicizie vicine e lontane, che non si nutrono solo del presente del futuro ma anche del passato”. E cita ancora Simone Weil che in uno dei suoi Quaderni scrive “l’amicizia non deve guarire le pene della solitudine, ma duplicarne le gioie“. Il percorso in cui ci accompagna, con gentilezza, Borgna si muove tra questi due poli, quello della solitudine come dialogo con sé stessi e dell’amicizia come dialogo con l’altro, passando per una “ psichiatria dell’amicizia [che] non può non continuare a essere vicina al dolore e all’angoscia, alla nostalgia e alla disperazione di una persona, ferita dalla malinconia”. Lasciandoci trasportare dalle citazioni di Simone Weil ma anche di Antonia Pozzi, di Friedrich Nitzsche e di Rainer Maria Rilke, di Etty Hillesum e Dietrich Bonhoeffer, del carteggio tra Nelly Sachs e Paul Celan, dalla corrispondenza tra Wanda Póltawska e Karol Wojtyla scopriamo le diverse caratteristiche di un’attitudine dell’animo che varia. A seconda del genere : “ direi che le amicizie tra una donna e un uomo tendono essere più stabili di quelle maschili, e che la presenza femminile generi relazioni di amicizia più dinamiche e meno esposte alle defaillance e alle crisi“ scrive Borgna. Ma l’amicizia muta anche a seconda dell’età, degli stati d’animo interiori, nonché delle condizioni familiari, sociali e storiche. Scrive Etty Hillesum in una lettera dal campo di concentramento olandese ad una persona amica: “ la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, la sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore si innalza una voce – non ci posso fare niente, è così, è di una forza elementare – e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremmo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere“. Anche Wanda Póltawska, entrata giovanissima nella rete della resistenza polacca è stata rinchiusa per quattro anni in un campo di concentramento, quello tedesco di Ravensbrück, riuscendo però ad uscirne e a ritornare a Cracovia, laurearsi in medicina, specializzarsi in psichiatria sposarsi, avere quattro figli e continuare a essere legata da amicizia a Karol Wojtyla. Anche lei è abituata a soffrire. Eppure è solo quando, a quarant’anni, viene ricoverata ed operata per un tumore in Ospedale, senza alcuna amicizia né da parte dei medici né da parte delle infermiere, che comincia per lei “la vera notte! la notte in ospedale” Nel suo Diario di un’amicizia scrive: “Una medicina senza umanità. Eppure diversi gesti spietati me li potevano risparmiare quelle persone senza cuore e senza tatto, e li considerano medici bravi! Ma nessuno di loro dice una parola cordiale o calorosa. Lo stesso le infermiere, imitano un tono stridulo. Vengo vistata come una cosa; il mio corpo – come se mi fosse estraneo! Rovistano, denudano inesorabilmente, toccano brutalmente inutilmente, sempre senza un’ombra di delicatezza. Il mio povero cuore maltrattato soffre. Soffre la mia anima per questa umiliazione del corpo…” Le risponde Karol Wojtyla: “ È un bene che tu mi scriva tutto: ho sempre detto così e anche oggi lo dico, proprio perché so che solo a “Fratello“ puoi scrivere (o dire) tutto questo. Leggendo tutto ciò che mi scrivi, in qualche modo sono con te”. Ecco, il breve saggio di Borgna, che tocca anche il nostro rapporto di amicizia o di inimicizia con il tempo interiore e con le parole (“È spaventoso pensare quante cose si fanno e si disfano con le parole” scrive Rilke), è “ un invito a non stancarci nel guardare alla nostra interiorità e a quella degli altri, e nel considerare la vita con una ricerca senza fine di quello che ci unisce, gli uni agli altri, nell’amicizia, nella gioia e nella letizia, nelle attese nelle speranze, ma anche nell’angoscia e nelle notti oscure dell’anima”.
Immagine: Friedrich Overbeck, Italia e Germania
Suggerimento musicale: Händel, Alessandro, Aria Pregi son d’un alma grande l’amicizia ed il valor