“Per non arrossire davanti alla propria vittima, colui che ha cominciato a ferirla la uccide.” Honoré de Balzac (citazione tratta da @tizianacampodon)
Sprofondare dalla vergogna è un’espressione radicale per esprimere il sentimento di profondo malessere da cui si viene invasi quando ci si vergogna o si viene messi alla gogna, al punto da preferire di farsi inghiottire dalla terra piuttosto che vivere con tale insostenibile sentimento. Anche perché la vergogna è strettamente associata al fatto di essere posti sotto l’occhio indagatore altrui che non ci lascia scampo e per fuggire dal quale siamo disposti appunto a farci ricoprire dalla terra.
Vergogna e svergognatezza
In quest’epoca in cui Narciso ha sostituito Edipo, e la svergognatezza il senso di colpa, si potrebbe forse pensare che la vergogna non giochi più alcun ruolo nelle dinamiche psicologiche e sociali. Grattando sotto la superficie, è facile però scoprire che la vergogna continua ad esercitare un ruolo di fondamentale importanza nelle relazioni sociali. Lo fa tuttavia, come le si conviene, in modo pudico, velato, assumendo la maschera di altri sentimenti, come rivelano le riflessioni di un grande psicoanalista svizzero americano Wurmser, la cui opera principale, che si intitola appunto La maschera della vergogna, non è ancora stata tradotta in italiano.
La maschera della vergogna
Wurmser dimostra che nel complesso sentimento della vergogna sono in realtà presenti almeno tre componenti: una depressiva, il fatto cioè di non riuscire a sopportare il ludibrio cui si è stati esposti, una seconda di colpa ed espiazione consistente appunto nel voler scomparire per essere stati svergognati ed infine una di paura della gogna e dunque di protezione dallo stessa prima che questa avvenga. Wurmser inoltre osserva che vi sono due aspetti della vergogna: uno oggettivo, la persona/le persone cioè di fronte alle quali ci vergogniamo, spesso simboleggiate dall’occhio dell’osservatore, dal suo sguardo punitivo, dalla sua espressione di disapprovazione. Ma c’è anche un aspetto soggettivo, la cosa di cui io mi vergogno davanti a me stesso, costituita, nella sua essenza, dalla macchia della debolezza, del difetto e dell’immoralità. Questa costellazione della vergogna si inscrive a sua volta nell’ambito di un conflitto più ampio, tra potenza e impotenza, tale per cui il provar vergogna è strettamente correlato all’impotenza e lo svergognare l’altro/a ad una sensazione di potere.
L’impotenza della vergogna e la potenza della gogna
Se un(‘)atleta gareggia sotto lo sguardo di migliaia di spettatori/spettatrici e milioni di telespettatori/spettatrici, si trova a fronteggiare un’enorme pressione psicologica, tale per cui la vergogna può rendere insopportabile tanto la gara (percepita magari, a torto, come impari) quanto la paura della sconfitta.
Anziché farsi inghiottire dalla terra, sottraendo sé stesso/a all’occhio giudicante altrui, l(‘) atleta, qualsiasi persona, ha un’altra possibilità, che la fa passare immediatamente dall’impotenza alla potenza: svergognare la/il rivale. E cosa c’è di più umiliante se non attribuire al/alla rivale un altro genere, o addirittura ridurla/lo a “cosa”, privandola/lo di ogni umanità?
Contagio emotivo, digitale
Ma le emozioni, anche quelle complesse come la vergogna, hanno pure il potere di trasmettersi in un immediato contagio emotivo agli altri/alle altre. Tutte e tutti noi ci siamo almeno una volta trovati in una situazione nella quale abbiamo intuitivamente avvertito la vergogna altrui e noi stessi ci siamo vergognati (in tedesco si parla al riguardo di vergogna per l’altro/a) o siamo comunque stati presi da una sensazione di imbarazzo dal quale abbiamo voluto rapidamente liberarci. Anche sui social le emozioni si trasmettono inconsapevolmente attraverso un contagio emotivo digitale, da tempo dimostrato, che contagia a cascata tutti coloro che vengono toccati e si lasciano toccare dalla situazione emotiva in questione. Anche noi allora, da semplici spettatori/spettatrici, veniamo posti nel dilemma di condividere la vergogna e dunque l’impotenza oppure di mettere alla gogna l’altro/l’altra sottraendoci all’impotenza ma gettandovi il nostro rivale/la nostra rivale. A questo punto risulta evidente quanto afferma Wurmser, che cioè la vergogna viene mascherata da altri emozioni e sentimenti quali appunto la rabbia, la svalutazione, il disprezzo fino all’odio. Non a caso nella mitologia greca la vergogna, aidòs, era strettamente legata alla vendetta, nemesis.
Panem et circenses
Naturalmente questa dinamica, in gran parte inconscia, può essere consciamente utilizzata a fini sociali, politici, partitici, nazionalistici etc. gettando di volta in volta nell’impotenza della vergogna l’avversario, il partito politico avverso, l’altra associazione, l’atra nazione, etc. È un meccanismo a catena che viene amplificato dalla logica algoritmica dei social e che dà luogo, come tutte/tutti abbiamo tutto potuto constatare, ad un effetto valanga che può a sua volta essere utilizzato dal potere come strumento di propagandistica distrazione di massa (Panem et circenses docet).
Il potere dell’astinenza
Abbiamo però il potere di astenerci, dal commento specifico su questa o quella persona, dal commento astratto sull’utilità o meno di questo o quella disciplina, dai social stessi ovvero dai mass-media che in un circolo vizioso amplificano i social che amplificano i mass-media. Soprattutto abbiamo il potere di interrompere il contagio emotivo della vergogna provando a metterci consapevolmente nella prospettiva altrui. Porci, emotivamente e razionalmente, nella prospettiva dell’altro/altra è la pudicizia, il velo di rispettosa riservatezza che ci protegge dal circolo vizioso e perverso della vergogna e della gogna. Non sono i social a creare mostri. Sono i nostri mostri che si rivelano come non mai sui social. Abbiamo il potere di proteggere noi stessi e gli altri dalla caccia alle streghe solo se, mettendoci nella prospettiva altrui, abbiamo il coraggio di arrossire guardando il mostro che è in noi.
Immagine creata da DALL E 3
Suggerimento musicale: G. F. Händel, Aria Oh! come chiare e belle, HWV 143: Aria: Oh! Come chiare e belle · Roberta Invernizzi, Handel: Italian Cantatas