Come nasce un delirio? Aveva cercato di comprenderlo, tra gli altri, il compianto Remo Bodei nel suo „Le logiche del delirio“ prendendo spunto da un‘intuizione di Freud – confermata dagli attuali studi neuroscientifici – secondo la quale avverrebbe una sorta di costante traduzione, trascrizione dei nostri ricordi.
Scrive Freud in una lettera a Fliess: „ il materiale presente in forma di tracce mnemoniche è di tanto in tanto sottoposto a un riordinamento in accordo con gli avvenimenti presenti, a una trascrizione” […] le successive stesure rappresentano la realizzazione psichica di successive epoche della vita. Al limite di ognuna di queste epoche si deve verificare una traduzione del materiale psichico” Se però tale traduzione non avviene “ci troviamo … di fronte ad un anacronismo: in una particolare provincia vigono ancora fueros. Sopravvivono cioè relitti del passato.”
Questi relitti sono dunque formulati in una lingua arcaica, infantile, e sono soggetti a principi altrettanto infantili in base ai quali il desiderio è impellente e deve essere immediatamente esaudito senza tener conto alcuno del principio di realtà. Se cioè la traduzione di una parte del nostro passato in una forma più evoluta non riesce, quel passato continua a parlare una lingua infantile e soprattutto ad agire secondo logiche infantili in cui emozioni ed affetti hanno la meglio su pensieri e riflessioni critiche. È quello che Bodei chiama il Regime I, per lui paragonabile a una sorta di ruminazione di questioni irrisolte “che non si lasciano comprendere e mettere da parte una volta per tutte”. “ “Nel sogno o nel delirio – scrive ancora Bodei – si ritorna così ossessivamente su alcuni pensieri, fantasie o ricordi, nel tentativo di far parlare pulsioni mute, affetti contorti e idee cifrate”, tentativo che ha evidentemente esito fallimentare. Nell’età adulta tali relitti infantili del passato incontrano le parti del passato cui è riuscita la trasformazione in “idee sufficientemente univoche, coerenti e all’occorrenza corroborate da prove empiriche” (Regime II). Da questo incontro o meglio scontro possono nascere agglomerati rivestiti da argomentazioni che appaiono lucidamente ed implacabilmente logiche ma che nascondono al loro interno un nucleo fatto di pulsioni e ricordi infantili, dominato da emozioni ed affetti arcaici. È il classico caso del paranoico che elenca in modo lucido una lunga serie di indizi che egli assume come prove, dalle quali trae la convinzione incorreggibile di essere vittima di una congiura o di venir tradito dal/la partner. Controbattere logicamente alle sue “prove” non serve a nulla, lo induce anzi a sospettare che il suo interlocutore faccia parte del complotto o voglia coprire la tresca del/della partner. Il tarlo non sta nelle argomentazioni (pseudo-)logiche con cui ammanta la propria diffidenza ma nel nucleo affettivo ferito di bambino/a che non è mai riuscito ad acquisire fiducia nel rapporto con le persone più care e se ne è invece sentito tradito e sfruttato. Qualcosa di assai simile accade con le persone che, onlife, sostengono teorie cospiratorie, che si tratti di extraterrestri, vaccini o altro. Combattere razionalmente le loro argomentazioni, blastandoli o meno, non conduce a nulla perché l’origine delle loro convinzioni pseudo-scientifiche risiede nel loro sentimento di sentirsi vittima e nel loro desiderio megalomanico di poter svelare la congiura a beneficio proprio e altrui. Ma non illudiamoci, i paranoici non sono solo gli altri. Tutti noi incorriamo quotidianamente onlife in illusioni che non sono poi così lontane da sogni e deliri. Come è noto, Freud interpreta la religione come un’illusione, una sorta di nevrosi collettiva nella quale il desiderio di protezione (paterna) che consegue al nostro senso di impotenza viene immaginato essere miracolosamente esaudito da un Dio onnipotente e misericordioso che ci salva. Le illusioni possono però essere assai più banali. Il nostro senso di impotenza e il conseguente desiderio di rivalsa possono trovare espressione nella più secolare fede calcistica, politica, mass- o social-mediatica. Trascinati dall’illusione, in uno o più di questi ambiti, temporaneamente, senza averne coscienza, regrediamo al Regime I di Bodei (processo primario di Freud o come lo si voglia chiamare). Siamo dunque mossi anzi agiti da affetti arcaici, in cui esistono solo amici e nemici, patti all’ultimo sangue o tradimenti, la vergogna della sconfitta o l’onnipotenza della vittoria. Le nostre affermazioni, i nostri post, tweet rimangono apparentemente razionali ma la nostra logica non è quella della riflessione e della critica ma quella impulsiva e irrefrenabile degli affetti. Non serve a nulla che qualcuno, per compito istituzionale, sociale o per amicizia, smonti brillantemente davanti ai nostri occhi le fake news e le bufale. Continueremo a crederci perché in quei frangenti non siamo accessibili, onlife, alla razionalità critica. Allo stesso modo continueremo, in quei momenti, a odiare, con o senza documento, dentro o fuori la rete, onlife, vedendo nell’interlocutore, in quelle circostanze, l’avversario.
Smontare Fake News, promuovere la comunicazione non ostile è certo doveroso e lodevole ma la capacità critica possiamo coltivarla solo noi, certo stimolati in ciò da un’educazione alla critica e al digitale. Soprattutto consapevoli del nostro senso d’impotenza e del desiderio d’onnipotenza che vecchie o nuove illusioni possono blandire in noi, onlife.
Qualche speranza però rimane, se anche Freud scrive:
“La voce dell’intelletto è fioca ma non ha pace finché non trova udienza. Più e più volte pervicacemente respinta, riesce alla fine a farsi ascoltare. Questo è uno dei pochi punti che consentono un certo ottimismo per l’avvenire dell’umanità e di per sé non è di scarsa importanza. Ad esso possono essere ricondotte anche altre speranze. il primato dell’intelletto va collocato senz’altro in un futuro molto, molto lontano ma probabilmente non infinitamente lontano. E poiché esso presumibilmente si proporrà le stesse mete la cui attuazione Lei si attende dal suo Dio (naturalmente entro limiti umani nella misura in cui la realtà esterna, l’Ananke lo consenta) e cioè l’amore tra gli uomini e la diminuzione della sofferenza, possiamo dire che il nostro antagonismo è solo temporaneo e non è irriconciliabile. Di questi desideri il nostro dio Logos renderà realizzabile il tanto che la natura a noi esterna consentirà, ma molto gradualmente in un futuro imprevedibile e per nuove generazioni di uomini.”
Immagine: Gelosia di Munch