Quando vedo Thierry, il mio cane, dormire sbattendo le palpebre e muovendo ritmicamente le zampe mi chiedo cosa stia sognando. Peccato non mi possa rispondere. A che cosa serve il sonno e a cosa serve il sogno all’interno del sonno? Se lo sono domandati scienziati, scrittori, poeti, artisti e, credo, tutti gli uomini e le donne fin dall’antichità quando al sonno, e al sogno in particolare, venivano attribuite caratteristiche quasi divine. Ora un nuovo articolato studio della prestigiosa Università di California, UCLA non ci dice cosa sogniamo e perché sogniamo quello che sogniamo ma elabora un’interessante teoria sulla funzione del sonno e in particolare del sonno R.E.M. quella fase cioè del sonno in cui sogniamo. La tesi principale è che il sonno svolga, a seconda dell’età, funzioni diverse, fino ai due anni e mezzo di vita nella specie umana la funzione principale sarebbe di costruire e connettere le principali strutture del cervello. Successivamente, dai 2 anni e mezzo in poi avrebbe prevalentemente una funzione di riparazione dei danni neurologici che incorrono nel corso della fase di veglia e di mantenere un corretto funzionamento metabolico del cervello. Andiamo per gradi.
I ricercatori della UCLA partono dalla constatazione dell’importanza del sonno e in esso della fase R.E.M., quella appunto dei sogni, in tutti gli animali, mammiferi in particolare, al punto che, in caso di mancanza di sonno, sono documentati gravi danni neurologici e metabolici fino alla morte di animali e uomini. Precedenti studi avevano già dimostrato che tali alterazioni neurologiche e/o metaboliche si riscontrano prevalentemente nello stato di veglia mentre allungandosi il periodo di sonno tali alterazioni cessano o comunque diminuiscono significativamente. I ricercatori dell’UCLA hanno dunque sviluppato l’ipotesi che il sonno serva sostanzialmente ad una attività di riparazione di danni neurologici e correzione del processi metabolici alterati che insorgono durante la fase di veglia. Un altro interessante aspetto dello studio in questione è che sono stati coinvolti ricercatori di diverse discipline dai neurofisiologi, ai biologi, ai matematici e che sono stati presi in considerazione più di 60 studi compiuti sul sonno non solo dell’uomo ma anche degli altri mammiferi. Dall’analisi di tali dati è inequivocabilmente risultato che l’evoluzione del sonno nel corso dello sviluppo non è lineare ma presenta una significativa modifica intorno ai due anni e mezzo, epoca in cui la fase del sonno R.E.M. si riduce significativamente rispetto al 50% dei neonati, arrivando poi al 25% a 10 anni e solo al 15% dopo i 50. Questa modificazione è stata confermata in tutti gli altri mammiferi nei quali, all’età equivalente a quella dei due anni e mezzo per l’uomo, si riscontra un significativo cambiamento dell’architettura del sonno con estrema riduzione della fase R.E.M. Da questi e numerosi altri dati ed elaborazioni matematiche degli stessi – elaborazioni che confesso di non aver potuto neanche lontanamente seguire nello studio originale – gli scienziati dell’UCLA sono appunto giunti alla conclusione che l’attività R.E.M. svolga nei primi due anni e mezzo di vita umana un’azione di formazione e connessione delle strutture cerebrali come dimostrato dal fatto che a quest’età viene raggiunto l’80 – 90% delle dimensioni del cervello adulto (“Overall brain size increases markedly during the first 2 years of life and reaches 80 to 90% of adult size by the age of 2. All of the main fiber tracts are observed by 3 years old (49), and in frontal brain regions, white matter changes most rapidly during the first 2 years”) A partire poi dai due anni e mezzo la fase R.E.M. del sonno presenta una significativa riduzione a conferma che la funzione svolta da questa fase sarebbe non più di costruzione e connessione ma di riparazione di danni neurologici (insorti nello stato di veglia) e di mantenimento di un equilibrato metabolismo cerebrale.
“In our analysis, we divide development into two regimes: an early period of high plasticity accompanied by ongoing synaptogenesis and increasing myelination followed by a later period of declining plasticity, slow synaptic pruning, and increasing white matter integrity and stabilizing connectivity. Our new theory, mathematical models, and data analysis provide compelling evidence that these fundamental differences arise because sleep is used primarily for neural reorganization until about 2 to 3 years of age, at which point, there is a critical transition, and the function shifts sharply toward sleep being for repair and clearance. We identify the specific turning point as occurring at an unexpectedly precise age of around 2.4 years old, reflecting a critical physiological or cerebral developmental change. In all cases, we see a sharp shift in the scaling of sleep during this period of early development that, to our knowledge, has never been conceptually or quantitatively connected to a shift in sleep function.“
Il sonno e in particolare la fase REM sembra dunque inestricabilmente legata con lo sviluppo, il funzionamento e il metabolismo del cervello. Lo studio conferma inoltre quanto si sapeva da tempo e già Freud aveva intuito, che cioè i collegamenti tra le diverse strutture cerebrali così come le stesse sono molto più plastiche e fluide nei primi due-tre anni mentre successivamente vanno incontro a un processo di cristallizzazione che diventa sempre più intenso con il trascorrere dell’età
Non so ancora cosa sta sognando Thierry. Anche la sua fase dei sogni, come la mia, si è da tempo ridotta. La cristallizzazione purtroppo incede. Sognare sembra essere un aiuto prezioso per contrastarla.
Sugggerimento musicale Gabriel Fauré, Après un rêve, Gautier Cappuçon