Se un’opera d’arte dev’essere, come scriveva Kafka del libro ideale, “un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi”, certamente il pluripremiato film Gli spiriti dell’isola è un’opera d’arte, brutale e poetica insieme.
La storia
Siamo nel 1923 su un’isoletta appartata, Inisherin, a poca distanza da un’altra isola, ben più grande, l’Irlanda, dalla quale giungono le tragiche esplosioni della guerra civile. L’apparente idillio di Inisherin viene ben presto turbato dalla rottura di un’amicizia, che sembrava imperitura. Colm decide infarti improvvisamente di porre fine all’amicizia con Padraic, con il quale ogni giorno alle 14 si recava al Pub. Padraic, devastato, non se ne capacita e reagisce come un innamorato respinto. Prova dapprima a capire ma soprattutto cerca il sostegno della molto più capace sorella Siobhan e dell’intransigente prete cattolico Kerry, per convincere Colm a riprendere l’amicizia. Colm però non si piega alle suppliche e ai buoni consigli, ha piene le tasche della noia di Padraic. Alle sue chiacchiere preferisce la composizione della musica irlandese, grazie alla quale spera di essere ricordato. Quando Padraic torna alla carica, Colm per convincerlo a lasciarlo in pace, pone all’ex-amico un inquietante ultimatum.
Dall’amicizia all’odio
Se siamo generalmente abituati a vedere un amore trasformarsi in odio, qui la metamorfosi in odio accade all’amicizia, in un contesto che è quotidiano ed epico insieme. In un estremo lembo di terra, circondato dal mare, in cui sfuggire all’amicizia sembra altrettanto difficile che sfuggire alla solitudine, tutto è ridotto all’essenziale. Qualche casa, un pub, con birra e un po’ di musica, una chiesa, un poliziotto come arbitrario segno del potere, i campi e per fortuna gli animali, mucche, cavalli e soprattutto un asinello e un cane, la parte migliore degli uomini e certo gli amici più sinceri. Non a caso, Padraic, fa entrare in casa l’asino, con gran dispetto della sorella Siobhan, e Colm balla con il proprio cane. La cultura è al di là dell’isola, in Irlanda e l’unica ad averne familiarità è Siobhan, che della lettura fa la sua attività principale. A un’altra donna spetta il ruolo di infausta veggente.
Solitudine
Ognuno, animali a parte, è radicalmente solo, nessuna tecnologia, nessun social cui dare la colpa della propria infelicità. Padraic si rende conto, nel mezzo del cammin della sua vita che essere un “buon uomo” non basta, o almeno non basta più a mantenere l’amicizia con Colm, amicizia che sembrava proteggerlo dalla propria insignificanza. Colm rimprovera a Padraic di sottrargli tempo ed energie privandolo dei risultati di un talento, che lui stesso sembra voler mutilare. Dominic, lo sciocco del villaggio, figlio abusato del violento poliziotto locale, non sopravviverà alla delusione del suo irrealizzabile sogno d’amore. Siobhan, abituata a fuggire nei libri, fuggirà dall’isola e sarà anche l’unica a salvarsi (magistrale la sua tirata sulle noiosissime lamentazioni di noi maschi).
Il circuito dell’odio
La rottura dell’amicizia e dei suoi rituali rivela i lati peggiori dei due amici e svela i drammatici meccanismi del circuito dell’odio che opera in noi. Un circuito che, una volta attivato, risulta estremamente difficile disattivare. Perché il pungiglione nascosto dell’odio, la sua straordinaria, quasi virale forza di propagazione è proprio il contagio, che affligge persone e istituzioni, spiriti semplici e intellettuali. Solo gli animali non ne vengono per fortuna contagiati e sembrano anzi, se ciò può consolare, mitigarlo.