Non c’è niente di più profondo di ciò che appare in superficie Georg Wilhelm Hegel
La superficialità viene generalmente ritenuta il male del nostro tempo, la malattia del secolo (scorso, Solzhenitsyn), il tarlo di un‘epoca contraddistinta dalla frettolosità e dalla scintillante quanto vana apparenza dei mass e social media, che vengono spesso – con altrettanta superficialità – considerati causa stessa del male, come se da loro si diffondesse un pericoloso contagio destinato a travolgere le nuove generazioni e con loro le fondamenta stesse del vivere civile. Nella profondità sarebbero invece radicati i valori perenni della serietà, della costanza e del disinteressato impegno che hanno contraddistinto i nostri padri: „Oh gran bontà dei cavalieri antiqui!“ direbbe l‘Ariosto, la cui ironia manca purtroppo nel pensiero Mainstream attuale.
Paura della superficialità
Ci si potrebbe anzi chiedere se i denigratori del superficiale tempo presente nonché lodatori del profondo tempo passato, che solo loro sembrano aver conosciuto nel suo intatto splendore, non si prendano un po‘ troppo sul serio e non combattano la superficialità perché la temono, come il monaco Jorge dell‘abbazia del Nome della rosa temeva il riso.
Cosa si intende per superficialità
Certo, bisogna accordarsi su cosa si intenda per superficialità. Etimologicamente è qualcosa che sta sopra la faccia (super facies) e che ha dunque originariamente una connotazione essenzialmente topografica, che ancora mantiene in fisica e in chimica. Ma, come si sa, da quell‘accezione si è passati presto a quella morale se non moralistica di apparenza contrapposta alla serietà della profondità. Perché però qualcosa che sta in superficie dovrebbe avere meno valore di qualcosa che si cela in profondità? La pelle non è certo meno importante dell‘intestino o la superficie di una cellula meno determinante, ai fini dei processi vitali, dei suoi mitocondri. Perché allora il nostro aspetto esteriore, la nostra superficie fisica o psicologica dovrebbe avere meno valore di quella interiore? La risposta sembra superficialmente chiara. L’aspetto è caduco e fatuo, la profondità è pensata legata all‘essere e dunque duratura.
Apparenza ed essenza
Ma è davvero così? Non è proprio grazie all’apparenza che ci incontriamo o meno, ci innamoriamo o ci detestiamo, ci arrabbiamo, ci seguiamo o ci ignoriamo online? L’apparenza è una parte di noi che non possiamo ignorare, così come non possiamo ignorare le banalità superficiali di ogni giorno che ci portano o meno a concludere una giornata in serenità o „inviperità“. Ma soprattutto è nella superficialità del qui e ora che avviene la vita. Senza questa superficialità non vi può essere profondità, se non astratta e solitaria. Non a caso è con l’incedere dell’età che impariamo ad apprezzare, o almeno diciamo di aver imparato ad apprezzare, il momento, quell’istante sfuggente e fuggevole in cui un incontro, qualunque esso sia, con il sorriso di un’altra persona, lo sguardo di una bambina, la tranquillità di un bosco, il fascino di un panorama.
L’attimo del qui e ora
Se in gioventù sono i grandi sogni, le grandi utopie personali, sociali, ambientali e politiche ad animarci (ammesso sia ancora così), strada facendo, dopo aver constatato il crollo, non solo delle utopie, ma di tanti nostri progetti di vita e di tante speranze, siamo grati, o almeno diciamo di esserlo, per le piccole cose che succedono nel qui e ora, che sentiamo più vere e vicine a noi di tante teorie ed astrazioni. A maggior ragione quando anche la salute sembra volerci abbandonare e viviamo più che mai nell‘attimo presente, che sembra però fuggire quanto più vogliamo faustianamente fermarlo. Ma non è forse così con tutto ciò che è prezioso? L’amore si spezza se vogliamo trattenerlo a ogni costo nelle nostre mani, la bellezza ci sfugge, nonostante la chirurgia plastica, non solo il sapere accumulato a fatica ma anche la memoria ci abbandonano progressivamente lasciandoci sempre più in balia di bisogni elementari che siamo sempre meno in grado di soddisfare da soli, divenendo sempre più dipendenti dagli altri (per fortuna le macchine potranno darci qualche comodità in più).
Caducità
La caducità è la legge della nostra vita e la superficialità la capacità di godere della vita senza scoraggiarci per la sua precarietà. “Nel corso della nostra esistenza, – scrive Freud durante la prima guerra mondiale, in “Caducità” – vediamo svanire per sempre la bellezza del corpo e del volto umano, ma questa breve durata aggiunge a tali attrattive un nuovo incanto. Se un fiore fiorisce una sola notte, non perciò la sua fioritura ci appare meno splendida”