Spesso i pazienti soprattutto quelli che hanno meno dimestichezza con la psicoterapia mi chiedono come io e più generale il terapeuta faccia a sopportare lo stress derivante dall’essere direttamente a contatto per tutto il giorno, tutti i giorni della settimana, con quel particolare tipo di malessere, che è la sofferenza psichica. Si attribuisce infatti tradizionalmente a quest’ultima la caratteristica di essere difficilmente elaborabile e dunque a fatica „eliminabile“. „Ma come fa a non portarsela a casa la sera?“ è la domanda che viene spesso formulata. Aldilà dell’obiettivo stress che può derivare da ritmi lavorativi troppo elevati,l’esponenziale incremento della domanda di psicoterapia negli ultimi cinque anni, frequenti turni di guardie eccetera, la principale difficoltà del lavoro psicoterapeutico rimane a mio avviso quella di trovare la giusta sintonia con il paziente.
Giusto equilibrio
Ciò vuol dire non solo farsi carico della richiesta di aiuto del paziente e mettere a sua disposizione tutte le conoscenze e pratiche cliniche utili e necessarie per risolvere o almeno attenuare il suo malessere, ma anche riuscire a trovare il giusto equilibrio tra empatia e distanza, tra emozione e riflessione tra partecipazione umana e osservazione distaccata e critica.
La teoria dell’attaccamento
La teoria dell’attaccamento ha da tempo dimostrato quanto i nostri rapporti interpersonali e dunque anche quelli terapeutici dipendano dal tipo di attaccamento che ciascuno di noi ha sviluppato nella relazione con le sue persone di riferimento della sua prima infanzia. È stato ampiamente verificato che legami affettivi stabili e adeguati con il care giver consentono lo sviluppo di un attaccamento sicuro, mentre legami affettivi instabili in condizioni precarie di sviluppo determinano l’instaurarsi di un attaccamento insicuro, di tipo ansioso (alla costante ricerca cioè di un rapporto vissuto come unica fonte di sicurezza e dunque con l’altrettanto persistente paura di perderlo) o di tipo evitante (teso cioè ad evitare la vicinanza percepita come duratura fonte di pericolo), mentre traumi infantili precoci portano a un attaccamento di tipo disorganizzato. Gli stili di attaccamento insicuro e a maggior ragione quello disorganizzato comportano non solo gravi limitazioni nei rapporti interpersonali, ma anche diverse forme di disagio psichico che che possono sfociare in veri e propri disturbi psichici.
Attaccamento sicuro acquisito
Inizialmente si riteneva che tali stili di attaccamento fossero sostanzialmente destinati a rimanere immutati per il resto della nostra esistenza. Negli ultimi anni, tuttavia, una serie sempre più corposa di ricerche ha dimostrato la possibilità che stili di attaccamento insicuro possano trasformarsi positivamente in stili di attaccamento sicuro. Il termine chiave emerso in letteratura è “attaccamento sicuro acquisito” (in inglese earned secure attachment), che descrive appunto il processo attraverso cui una persona con esperienze di attaccamento infantile insicure consegue uno stile di attaccamento sicuro in età adulta . Questo consolidamento si basa su esperienze relazionali correttive e sulla capacità di riflettere in modo coerente sulla propria storia di attaccamento, trasformando modelli insicuri in una rappresentazione interna più sicura.
L’evoluzione dei terapeuti
Tale possibilità di trasformazione di un attaccamento insicuro iniziale in un atteggiamento sicuro acquisito vale naturalmente non solo per i pazienti ma anche per i terapeuti, che non nascono naturalmente sicuri per scienza infusa, ma, se tutto va bene, possono diventarlo.
Così come il paziente tende ad attivare con il terapeuta il proprio stile relazionale, analogamente, anche la storia di attaccamento del terapeuta influenza la relazione terapeutica. La disponibilità emozionale del terapeuta come “base sicura” (Bowlby) per il paziente dipende dal suo attaccamento personale . Lo stile di attaccamento del terapeuta – che sia sicuro o insicuro (evitante, ansioso o disorganizzato) – può incidere cioè su alleanza e processi terapeutici. Migliorare la consapevolezza del proprio stile di attaccamento è quindi cruciale per i terapeuti, soprattutto per gestire le proprie reazioni (controtransferali) verso il paziente e offrire al paziente una base sicura affidabile .
Formazione e supervisione
Si potrebbe dire che la formazione clinica e la supervisione mirano proprio a questo: aiutare il futuro terapeuta a consolidare un assetto di attaccamento ottimale per la pratica clinica.
Negli ultimi anni, l’attenzione della ricerca si è rivolta a come lo stile di attaccamento dei terapeuti possa evolvere e stabilizzarsi durante il training professionale.
Studi longitudinali hanno confermato che circa il 25-30% degli adulti modifica il proprio stile di attaccamento nel corso della vita, spesso verso una maggiore sicurezza. Dunque, una psicoterapia personale profonda – specialmente di orientamento psicoanalitico – può agire come esperienza relazionale trasformativa in grado di riorganizzare gli schemi interni di attaccamento di persone inizialmente insicure. In particolare é stata dimostrata “l’importanza di figure di attaccamento alternative e della funzione riflessiva come fattori che possono contribuire all’earned security” .
Caratteristiche dell’attaccamento sicuro acquisito
I soggetti “sicuri acquisiti” presentano una migliore regolazione emotiva e capacità di riflettere su sé stessi. Utilizzando il concetto di Fonagy di mentalizzazione – ossia la capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui – si potrebbe dire che tali soggetti hanno sviluppato una migliore capacità di mentalizzazione. Fonagy ha d’altro canto dimostrato che la mentalizzazione è strettamente legata all’attaccamento. Un buon livello di funzione riflessiva nel terapeuta è associato a modelli di attaccamento sicuri o sicuri acquisiti .
Attaccamento insicuro nei terapeuti
Al contrario, uno stile di attaccamento insicuro nel clinico può ostacolare la mentalizzazione: ad esempio, terapeuti con attaccamento insicuro tendono ad avere scarsa capacità di mentalizzare le emozioni in seduta e minore funzione riflessiva. I terapeuti evitanti possono ignorare o minimizzare le proprie ed altrui reazioni emotive. Sono i terapeuti che sono così distanti dai pazienti e da loro stessi da apparire indifferenti se non addirittura cinici. I terapeuti ansioso-preoccupati rischiano di essere ipersensibili ai propri stati d’animo e/o a quelli del paziente e sono proprio per questo meno capaci di gestire con efficacia il disagio del paziente. Sono i terapeuti che appaiono talmente coinvolti con il paziente o talmente presi dalle loro emozioni da non essere in grado di osservare e valutare obiettivamente il disturbo del paziente. Il rischio è che ne siano talmente travolti da non consentire nemmeno al paziente di distanziarsene.
Terapeuti sicuri
Al contrario, un terapeuta con attaccamento sicuro riesce tipicamente a integrare pensiero ed emozione, mostrando elevata empatia e capacità mentalizzante nella relazione clinica . In pratica, la sicurezza interna del terapeuta funge da base per regolare le proprie emozioni e rimanere ricettivo verso il mondo interno del paziente. Non a caso, studi indicano che terapeuti con stile di attaccamento sicuro (incluso il sicuro acquisito) mostrano capacità di mentalizzazione significativamente più elevate rispetto a colleghi con attaccamento insicuro . In altre parole, aver consolidato un attaccamento sicuro fornisce al clinico quella “coerenza mentale” necessaria per pensare in modo flessibile alle proprie e altrui esperienze interne. Solo un terapeuta che ha mentalizzato le proprie vicende di attaccamento (sviluppando una narrazione autobiografica coerente nonostante eventuali esperienze negative precoci) può offrire al paziente un’esperienza relazionale affidabile e che favorisce la crescita. La mentalizzazione funge quindi sia da mezzo sia da indicatore del consolidamento dello stile di attaccamento nel terapeuta.
Formazione e analisi
Nel contesto della formazione dei terapeuti, l’analisi personale riveste un ruolo centrale e obbligatorio in molti approcci (soprattutto quelli psicodinamici). L’idea di fondo è che il futuro terapeuta, esplorando il proprio mondo interno e le proprie relazioni passate in terapia, possa sviluppare maggiore consapevolezza di sé, risolvere eventuali insicurezze di attaccamento e diventare in grado di offrire ai pazienti una base sicura. Diverse ricerche suggeriscono che il beneficio della terapia personale per i terapeuti sta proprio nel promuovere una maggiore sicurezza e stabilità emotiva in chi la intraprende.
Non solo. Negli ultimi anni sono emersi studi che esplorano empiricamente il legame tra stile di attaccamento del supervisando e qualità della relazione di supervisione. Il filone di ricerca recente conferma l’idea teorica che la qualità della relazione di supervisione funge da fattore di sviluppo per il terapeuta in formazione – al punto che alcuni autori propongono esplicitamente che una solida relazione di attaccamento in supervisione possa facilitare l’emergere di un attaccamento sicuro “acquisito” nel supervisando.
Formazione adeguata e supervisione permanente sono dunque gli strumenti necessari allo psicoterapeuta non solo per non „portarsi a casa“ la sofferenza dei pazienti, ma anche per migliorare la propria capacità di elaborazione e gestione delle emozioni e di riflessione su sé stesso in modo da costituire una base sicura per il paziente, sufficientemente stabile da consentire al paziente di potercisi aggrappare ma anche talmente sicura e coerente da permettere l’evoluzione del rapporto terapeutico e in definitiva il distacco.