La notizia è chiara e distinta. Secondo un recente studio olandese l’assunzione di antidepressivi aumenterebbe il rischio di micro-sanguinamenti cerebrali, sanguinamenti tali cioè da non provocare sintomi clinicamente rilevanti ma visibili alla risonanza magnetica nucleare. Come in ogni ricerca, ci sono anche i se e i ma. E le comprensibili preoccupazioni di tanti, visto che il consumo di antidepressivi, anche in Italia, continua ad aumentare.
Innanzitutto però lo studio, pubblicato nel dicembre scorso sulla nota rivista Stroke Si tratta di una ricerca longitudinale condotta su ca. 2500 individui della popolazione di Rotterdam di età superiore ai 45 anni all’incirca metà uomini e metà donne, senza pregressi micro-sanguinamenti cerebrali. Sottoponendo tali soggetti a una risonanza magnetica nucleare all’inizio dello studio e poi a una distanza di quasi 4 anni si è riscontrata un’ incidenza media di microsanguinamenti cerebrali del 3,7%.
Lo studio dimostra che l’impiego di antidepressivi sarebbe associato ad un aumento del rischio, Odd Ratio (2,2 %) di micro-sanguinamenti cerebrali rispetto al non uso. Tale incremento di rischio sarebbe uguale sia per gli antidepressivi selettivi per la serotonina (che inibiscono cioè la ricaptazione della serotonina, i cosiddetti SSRI) che per gli altri, che agiscono cioè su altri neurotrasmettitori quali la noradrenalina. All’interno poi dei farmaci selettivi per la serotonina il rischio maggiore (OR 3,3) sarebbe determinato dai farmaci che hanno un’affinità media per la serotonina mentre quelli che hanno un’affinità più spiccata non comporterebbero un rischio significativo. Dose e durata dell’antidepressivo non hanno invece influenza sul rischio.
Gli autori dello studio suppongono che l’aumento di micro emorragie cerebrali avvenga con un meccanismo simile a quello dei farmaci che bloccano le piastrine: gli SSRI bloccherebbero cioè la ricaptazione della serotonina nelle piastrine, provocando una ridotta concentrazione di serotonina all’interno delle piastrine stesse e in definitiva una ridotta capacità della loro aggregazione con conseguente aumento dei tempi di sanguinamento. Ma è anche possibile – aggiungono gli autori – un meccanismo di causalità inversa tale per cui sarebbero i microsanguinamenti cerebrali a provocare la depressione e dunque l’utilizzo di antidepressivi.
I se e ma
In un precedente studio gli stessi autori non hanno riscontrato una correlazione significativa tra microsanguinamenti e antidepressivi selettivi per la serotonina, ma ciò sarebbe dovuto al “cross-sectional design” della precedente ricerca.
Dal momento poi che l’aumento del rischio è uguale per antidepressivi selettivi per la serotonina e per antidepressivi che non lo sono, non si capisce come l’aumentato rischio di microsanguinamenti possa essere spiegato con un meccanismo concernente la serotonina.
The fact that both SSRIs and non-SSRI antidepressants were associated with bleeding suggests that we either have the mechanism wrong or there is confounding at play
commenta per medscape il Dr Hackam MD, Division of Clinical Pharmacology, Department of Medicine, Western University, London, Ontario, Canada, autore di predenti meta-analysis sul ruolo dei farmaci SSRI nelle emorragie cerebrali.
Anche Richard Morriss, MD, professor of psychiatry and community mental health at the University of Nottingham, United Kingdom, che ha pure pubblicato numerosi studi sul ruolo degli antidepressivi nel sanguinamento cerebrale, esprime qualche perplessità e nel suo commento per medscape si domanda se non sia piuttosto la depressione ad aumentare il rischio di microsanguinamenti
the new study leaves open the question of whether the increased risk for microbleeds is linked to the antidepressant use or the depression itself, as has been suggested in some studies
D’altro canto invita ad un uso prudente degli antidepressivi ad azione serotonergica nei pazienti anziani che presentino già diversi fattori di rischio per emorragie cerebrali.
In such patients, the additional risk of cerebral bleeding with antidepressants with serotonergic activity may precipitate symptomatic cerebral bleeding, such as transient ischemic attacks or strokes
Ma queste sono precauzioni note ed applicate in tutti i reparti di neurologia.
Se già nei laboratori e nelle aule universitarie non è sempre facile distinguere tra causa ed effetto, nel passaggio agli studi medici e alle case dei pazienti attraverso mass e social media l’informazione scientifica si carica di altre valenze, sempre più complesse, acquista volto e colori. Diviene notizia, caso, rapporto, storia personale, vissuto condiviso di incertezza, paura, speranza. Le tappe di questo percorso sono molteplici e in costante trasformazione e l’accesso diretto del paziente all’informazione è un passo straordinario per costruire una cultura scientifica. Lo studio medico rimane, almeno ad oggi, una tappa importante, e dovrebbe rappresentare il luogo per antonomasia dell’incontro tra due persone nonché tra gli aspetti scientifici, sociali, umani. L’ ambulatorio poi, nella nostra epoca digitale, come ci racconta Cristina Cenci nel suo Digital Health si è per fortuna aperto al mondo. Ed è anche in uno studio di questo genere, aperto al confronto, all’incontro – magari dopo lo scontro – allo scambio di emozioni oltre che di informazioni, che la notizia dell’aumentato rischio di micro-sanguinamenti sotto antidepressivi, magari già acquisita da un blog, può forse meglio essere “digerita”, assumere contorni personali, da informazione scientifica diventare o meno storia personale.
Suggerimento musicale: Eccovi il medico, Mozart, Così fan tutte.