I (portentosi) effetti della musica

Una mia paziente proveniente dalle stesse latitudini del Papa mi raccontava che da quando ha cominciato ad essere depressa ha evitato la musica  – quanto mai nostalgica invero – del suo paese per dedicarsi a ritmi nuovi non collegati con i suoi ricordi. Anche se studi,  sembrano dimostrare – come già scrivevo – che la tristezza evocata dalla musica viene percepita come meno minacciosa di quella non-musicale e suscita anzi stati emotivi positivi che ci aiuterebbero a fronteggiare meglio le emozioni negative nel quotidiano. (La clinica è bella proprio perché è fatta di individui e dunque di – costanti – eccezioni alla regola).
Ma passiamo alla gioia che percepiamo quando ascoltiamo la nostra musica preferita, quando usciamo da un emozionante concerto, classico o rock. Come fa la musica a suscitare stati emotivi di gioia, piacere, euforia, assolutamente identici questi a quelli di situazioni non musicali ? Qui ci aiutano neurofisiologia e neuropsicologia Naturalmente c’entra il (solito) sistema (meso)limbico, quel sistema – situato nel (bel) mezzo del nostro cervello – di velocissima elaborazione delle emozioni che condividiamo con tutti gli altri mammiferi. Strettamente associato a questo agisce il circuito cerebrale della ricompensa che provvede a rinforzare gli stati emotivi piacevoli e/o utili alla sopravvivenza (sesso, cibo, bevande più o meno alcoliche, droga etc.) e che funziona a dopamina. Studi dell’Università McGill di Montreal hanno confermato che anche durante l’ascolto di brani musicali piacevoli viene liberata dopamina nelle strutture mesolimbiche (in particolare nello striato e nel nucleo accumbens). Dunque la musica è, come gli altri stimoli piacevoli citati, una forma di gratificazione che ci portiamo dietro, affinandola, dai tempi di Neandertal, quando aveva prevalentemente funzione rituale di coesione sociale, superamento di fatiche e conflitti.  Ascoltiamo cioè musica (anche) per modularci emotivamente in modo piacevole e gratificatorio, da soli e/o in gruppo. Ma al tempo stesso la musica che ascoltiamo e le emozioni che essa in noi suscita sono anche una ripetizione delle prime fasi della nostra infanzia. Una rimessa in atto di quel piacevole sentimento suscitato dalla voce cullante – meglio ancora dal canto – e dai movimenti ritmici delle nostre madri (o padri?), dal dondolio sulle loro ginocchia (esistono ancora i cavalli a dondolo ?). Alcune regioni cerebrali sensibili alla musica sono infatti già attive a partire dal secondo giorno di vita (altre prob. già in gravidanza) e reagiscono a suoni armonici con la liberazione della solita dopamina, mentre le disarmonie vengono percepite negativamente, che è anche il motivo per cui anche da adulti abbiamo bisogno di ascoltare ripetutamente brani “a primo orecchio” disarmonici, prima di poterli apprezzare. Vale infatti il mere exposure effect: la semplice ripetizione dello stesso brano rende la sua percezione più positiva e piacevole. Di qui anche i tormentoni musicali, i vermi delle orecchie, come li chiamano i tedeschi.
Ma il sistema mesolimbico – dove la musica viene emozionalmente processata – ha correlazioni con molte altre strutture cerebrali  sia “inferiori” che “superiori”. Le prime, alcune delle quali situate nel tronco encefalico, sono quelle che regolano ad esempio il sistema motorio, quello viscerale e importanti funzioni come l’attività cardiaca e la respirazione. Ora, la musica non induce solo l’attivazione muscolare che ci spinge a ballare, o almeno a muoverci ritmicamente, ma può avere un effetto sincronizzante sul battito cardiaco e sulla respirazione e agisce anche sul sistema viscerale. La musica che induce tenerezza/nostalgia prevalentemente sul sistema motorio volontario, quella che evoca  meraviglia sopratutto sul sistema viscerale. Vi sono poi i collegamenti tra sistema mesolimbico e strutture “superiori”, correlazione che  contribuisce a spiegare altri aspetti della percezione/gusto musicale. Innanzitutto il collegamento con il lobo temporale il quale controlla tra l’altro la memoria a lungo termine soprattutto quella di tipo dichiarativo o esplicito. A seconda delle nostre precedenti esperienze non solo musicali ma di carattere generale saremo portati a preferire un certo genere piuttosto che l’altro e a sentirci particolarmente toccati da alcuni accordi (ed in più dalle parole che li accompagnano – ma questo è un discorso a parte). Altre importanti connessioni del sistema mesolimbico sono con il lobo frontale, soprattutto nella sua parte anteriore, prefrontale. Queste strutture sono responsabili delle funzioni cognitive superiori quali funzioni esecutive, controllo degli impulsi, apprendimento. Qui, più esattamente nella corteccia orbito-frontale, avviene il tramite tra le nostre percezioni ed i nostri sistemi di valori, cui viene sottoposta anche la musica. In tal modo impariamo ad attribuire valore a brani e generi, che inevitabilmente altri e soprattutto altre generazioni giudicheranno diversamente 

Ma la musica ha un’attivazione su molti altri centri cerebrali, è anzi il medium che più di qualsiasi altro e di qualsiasi altra arte attiva tutto il nostro cervello, scatenandovi, come riassume questo straordinario TED-video , dei veri e propri fuochi d’artificio. Per chi poi non solo ascolta ma pratica anche la musica i fuochi d’artificio sono ancora più spettacolari con un’attivazione generalizzata del cervello ed in particolare della corteccia (temporale) auditiva, di quella (occipitale) visiva, di quella (frontale) motoria nonché dei collegamenti (corpo calloso) tra i due emisferi cerebrali. Questo determina un miglioramento della memoria, delle funzioni esecutive e della capacità di risoluzione di problemi complessi grazie all’integrazione delle facoltà logiche (emisfero sinistro) e di quelle emotive (emisfero destro). Effetti davvero portentosi
Al di là dei risvolti terapeutici (musicoterapia)  che meriterebbero un lungo approfondimento, mi domando se dalle acquisizioni che ho sommariamente cercato di riassumere non sia possibile trarre qualche implicazione per i social media. Dove, si sa, “viral” possono diventare i video, ma non gli audio. Si potrebbe però vedere (o sentire) il bicchiere mezzo pieno. Gli audio musicali possono rappresentare infatti una salutare e rilassante interruzione in un circuito di SN che può diventare acritico, inconsapevole ed eticamente discutibile – per non dir altro – contagio emotivo (vd. i like all’uxoricida italiano, al carcerato americano etc). Un gioco che sto conducendo con alcuni amici/che su Twitter in questi giorni – #tender  twittare musica di qualsiasi genere corrispondente alle 9 dimensioni emozionali individuate dal GEMS  – per quel poco che vale, sembra confermare che la trasmissione/propagazione di musica (di qualità) sui SN è tutt’altro che esplosiva ma suscita emozioni rilassanti e piacevoli e riscontri molto positivi. Forse varrebbe la pena di approfondire il tema.
Intanto con fuochi d’artificio, ovviamente musicali, -assai più graditi dei botti agli animali – auguro a tutt* Buon Anno
Foto: tratta da http://www.npr.org/blogs/deceptivecadence/2014/11/20/365461587/musicians-brains-really-do-work-differently-in-a-good-way?utm_source=twitter.com&utm_medium=social&utm_campaign=classical&utm_term=music&utm_content=2045