I numeri della notte dei migranti

Con i numeri facciamo i duri, ma quando sentiamo che una pagella, che potrebbe essere quella di nostro figlio, sta cucita nella giacca di un ragazzo annegato, in fondo al mare, il nostro mare, allora ci commuoviamo. Salvo poi riprendere ad accusare questi o quelli e poi tornare a commuoverci. Eppure i numeri, quando vengono raccolti, interpretati e spiegati con la cura che si deve loro così come alle persone, ci raccontano mille storie, passioni, desideri, ostacoli, paure, sfide. Potrebbero pure aiutarci a capire come vincerle. (Lo dico da combattente spesso sconfitto dai numeri, una faticosa sufficienza in matematica, decisamente più a mio agio con le parole e forse ancor più con le mezze parole e i silenzi che non con le cifre).
I numeri di cui parlo sono quelli contenuti nel rapporto della commissione The UCL–Lancet Commission on Migration and Health:
the health of a world on the move pubblicato online il 5 dicembre 2018 sulla prestigiosa rivista Lancet ma, per quel che mi consta, passato sotto silenzio nel pur rumoroso dibattito pubblico sul tema. Un lavoro paziente di ricerca, analisi e discussione scientifica durato oltre due anni quello di Lancet, multidisciplinare, evidence-based volto a informare e animare l’opinione pubblica e la politica sulle migrazioni, i migranti e le loro condizioni di salute, il tutto in 49 pagine, bibliografia compresa.
The Commission undertook analyses and consulted widely, with diverse international evidence and expertise spanning sociology, politics, public health science, law, humanitarianism, and anthropology. The result of this work is a report that aims to be a call to action for civil society, health leaders, academics, and policy makers to maximise the benefits and reduce the costs of migration on health locally and globally.
Il punto di partenza è un dato di fatto indubitabile: un bilione di persone sta è migrata nel corso del 2018.
Non è dunque azzardato dire che “migration is a global reality, which has also become a political lightning rod.”
Cosa sappiamo allora sulle migrazioni e sui migranti in base a questo aggiornatissimo report?
Qualche breve premessa. Innanzitutto sulla terminologia e la categorizzazione, che non sono necessariamente obiettive o neutrali, ma riflettono le convinzioni, i valori, gli scopi e gli interessi di coloro che tali etichette assegnano
Regardless of migration motives, economic contributions, or people’s rights, populist rhetoric has morphed all people who move as migrants, condemning them, irrespective of whether they are refugees, asylum seekers, undocumented migrants, or low wage workers. The catch-all term of migrant obscures the net social, political, and economic benefits of migration for destination communities and obscures a migrant’s contribution to their place of origin, supporting families and supplementing development aid, which, in turn results in greater global health.
Allo stesso modo è difficile tracciare confini netti tra le motivazioni che spingono le persone a migrare visto che nel lungo processo che precede e costituisce la migrazione i motivi e le esigenze possono cambiare e trasformarsi. Chi scappa dalla guerra, può essere costretto nel corso del cammino di migrazione a cercare lavoro per sostentarsi. Può facilmente ammalarsi ed avere bisogno di fermarsi per ricevere assistenza sanitaria, che purtroppo spesso non riceve non potendo così ripartire e così via. Senza dimenticare poi che la migrazione è, indipendentemente dai fattori di rischio supplementari che spesso vi si sovrappongono, di per sé stressante.
Before and during transit, especially in protracted conflicts where aid resources are insufficient, migration decisions can also relate to livelihoods and employment.
Ma arriviamo ai miti della migrazione che questo report consente di sfatare
Siamo invasi dai migranti
No. Dal 1990 al 2017 globalmente si è passati da una percentuale di migranti del 2,9 al 3,4 % mentre considerando i soli paesi ad alto reddito l’incremento è stato maggiore cioè dal 7,6 al 13,4 % . In ogni caso nessuna invasione. La maggioranza dei migranti risiede comunque nei paesi a reddito medio, dunque non Europa né USA.
This rhetoric tends to ignore findings that there has been little change in the percentage of the world’s international migrants, which has only risen from 2∙9% to 3∙4% from 1990 to 2017 globally, with diversity in geographical location of migrants.
Although HICs have seen a greater rise in the percentage of migrants arriving from 7∙6% to 13∙4% (1990 to 2017), it is important to note that the percentage of the total population that were individuals who have been displaced and are currently living in HICs is considerably smaller than in LMICs.
I migranti sono un peso economico e sociale
No. Sono un vantaggio.
Essi infatti contribuiscono positivamente alle economie dei paesi ospiti e rappresentano una parte importante dei sistemi sanitari e assistenziali dei paesi in cui vanno a risiedere.
Macroeconomic analysis on the effect of asylum seekers in Europe concluded that they have a positive effect on host countries’ economies.
Nowadays, rather than burdening systems, migrants in HICs are more likely to bolster services by providing medical care, teaching children, caring for older people, and supporting understaffed services. Migrants constitute a considerable portion of the health-care workforce in many HICs and contribute to a substantial so-called brain gain in net- migrant receiving countries. For example, 37% of doctors in the UK gained their medical qualification in another country.
I migranti fanno un sacco di figli e ci soppianteranno.
Il tasso di fertilità dei migranti è semplicemente al livello di ricambio della popolazione (2,1 nascite per donna) e il tasso di concepimento del primo figlio è (ad eccezione delle donne turche) più basso che tra i non migranti
migrants have lower first-birth rates than non-migrants with the exception of migrant Turkish women. Moreover, birth rates among migrants were barely at the level of population replacement (a total fertility rate below 2∙1 births per woman) and often falling.
I migranti distruggono le nostre economie
No. I migranti portano benefici economici ai paesi ospiti. Nelle economie avanzate ad ogni incremento dell’1% dei migranti corrisponde un aumento per persona del prodotto interno lordo fino al 2,42 % e in alcuni contesti come quello europeo i migranti fungono da equilibratori del mercato
An overwhelming consensus exists on the positive economic benefits of migration, which is insufficiently acknowledged.
Migrants make greater overall contributions, except in countries with a high proportion of older migrants. In advanced economies, each 1% increase of migrants in the adult population increases the gross domestic product (GDP) per person by up to 2%.42
Furthermore, in the EU and some other European countries, free movement has been shown to address imbalances in the labour market by serving as an equilibrating force through the provision of labour where and when needed.
I migranti ci infettano e ci fanno ammalare.
No Il rischio di trasmissione di malattie (tubercolosi compresa) tra la popolazione ospite è generalmente basso mentre elevato è il rischio di contagio all’interno delle comunità di migranti.
the risk of transmission from migrating populations to host populations is generally low. For example, studies on tuberculosis suggest that the risk of transmission is elevated within migrant households and migrant communities, but not in host populations.
Ancora qualche numero
Si calcola che nel 2017 il numero di migranti internazionali sia stato di 258 milioni cioè 3,4 della popolazione mondiale. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 30-34 anni, il 48% donne, dei migranti che lavorano il 54% sono uomini, il 44% donne. I rifugiati sono 25,4 milioni e di questi 19,9 milioni sotto l’alto commissariato dell’ONU. Nonostante sotto i riflettori sia sempre la migrazione internazionale, il numero maggiore di migranti è quello dei migranti nazionali, che si spostano cioè all’interno dei confini nazionali, pari a 740 milioni.
La commissione Lancet non prende però in considerazione solo i numeri ma analizza quali dati fondamentali ai fini della propria analisi anche le leggi, le normative e le dichiarazioni degli organismi internazionali relative ai diritti dei migranti e al loro accesso alla salute nonché l’applicazione delle stesse. La commissione deve purtroppo rilevare che nonostante siano stati ufficialmente sanciti principi di tutela e di accesso pieno e incondizionato dei migranti alla salute al pari dei cittadini degli stati ospitanti, la realtà è caratterizzata da ingiustizie e discriminazioni che sono divenute sempre più accentuate negli ultimi anni a seguito del prevalere delle concezioni sovraniste e populiste. I migranti vengono attaccati proprio dalle istituzioni che dovrebbero proteggerli, vengono utilizzati nei processi lavorativi e di consumo ma esclusi dalla partecipazione ai processi democratici, ostacolati se non completamente impediti nel loro accesso all’educazione, alla giustizia, alla sanità. Tale discriminazione non viene solo tacitamente praticata ma anche trionfalmente giustificata e teorizzata fomentando divisione anziché integrazione, odio anziché rispetto, paura e ignoranza anziché apertura e informazione fino a sfociare in un vero e proprio razzismo
Crucially, discrimination against migrants is usually racism; that is, it is directed towards people who appear physically or culturally different. This racism can occur not only between the migrant and host community but also between one migrant group and another. Why is this distinction important? In political discourse, racism is usually socially prohibited and sometimes illegal. Discrimination against migrants, however, is considered acceptable for many and is commonly used in populist rhetoric. Anti-migrant language is a tool that provides the opportunity to divide populations on ethnic grounds to advance the majority view and to mobilise fear and hatred.
Gli atteggiamenti discriminatori e razzisti congiunti alle mancate tutele e alle esclusioni già accennate hanno effetti estremamente negativi sulla salute psichica dei migranti esposti ad un arbitrio che ricorda loro quello da cui sono fuggiti. Ciò vale in particolare per sottogruppi di migranti più a rischio, quelli irregolari, sfruttati, le donne, i minori non accompagnati, minoranze di ogni tipo.
Migrant related discrimination is a profound determinant of health, especially mental health and social wellbeing. Studies have shown the substantial mental health implications of living in a state of persistent unpredictability and uncontrollability over one’s future. Fear of deportation, discrimination, and targeted condemnation can influence a migrant’s willingness to seek care and maintain follow-up appointments, including to receive medical test results and follow treatment regimen
It is estimated that Australia lost 3∙02% of GDP (AUS$37∙9 billion) over the period 2001–11 as a result of individuals experiencing some form of racial discrimination.
Il report, che fornisce moltissimi altri dati e spunti che qui non riesco compiutamente ad esporre, invita all’azione governi e opinione pubblica, sollecita la promozione e la rivendicazione del diritto alla salute (grazie anche al UN Global Compacts che guarda caso viene rifiutato dai governi sovranisti) da parte dei migranti anche quale mezzo per conquistare autonomia e dignità.
Può sembrare un’esortazione ingenua o addirittura macabra in un momento in cui l’unico diritto che i migranti paiono avere è quello a morire, senza neppure un nome  o una tomba.
Non mi illudo che i numeri e i fatti di questo fondamentale report facciano cambiare opinione a chi cerca nei migranti i nuovi nemici. La paura di perdere il poco o tanto che abbiamo, il dolore, la rabbia, la necessità di trovare colpevoli per la condizione di impotenza da cui ci sentiamo attanagliati sono sentimenti forti, molto più forti di quanto siamo disposti ad ammettere. Chi non è stato, almeno una volta, razzista? I numeri, forse, servono anche a questo. A farci riflettere, prima di parlare e schierarci. A farci capire che può essere utile stare un momento in silenzio, guardare in faccia la notte e capire che non vola via da sola.
Immagine: Figure 2: International migration globally, (A) Global map of the total number of international migrants in 2015. (B) Percentage of population that were refugees by the World Bank Income group (1960–2017) da www.thelancet.com Vol 392 December 15, 2018
Suggerimento musicale: Cat Stevens, Numbers