Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza
…. (W. Szymborska)
Se la calunnia è un venticello, l‘odio è un fuoco che arde perenne e spesso provoca incendi indomabili. Come dice la Szymborska in questa geniale poesia, la cui citazione devo a Ely Siosopulos , l‘odio si autoalimenta ma ciò non vuol dire che sia a costo zero. Comporta invece un enorme e costante dispendio di energia e di forze che con il tempo ci svuota e ci trasforma in braci fumanti.
Capita anche a Jess, la protagonista del romanzo di Sam Byers, Perfidious Albion (tradotto in tedesco con Bella, nuova Inghilterra – a dimostrazione della fantasia dei titolisti) ambientato in un‘Inghilterra post-Brexit e post-moderna (anzi “post-Techn- Park”) in cui i guidatori fingono di prendere strade diverse per arrivare alla meta, ma seguono tutti la stessa indicazione di Google Map, le persone temono che i loro segreti più intimi riposti negli smartphone e nei computer vengano dati in pasto alla comunità da uomini mascherati (che non si sa se siano ribelli o emissari del potere). È una società in cui non si è nessuno se non si viene odiati in rete, i politici usano e abusano della rete per la loro propaganda populista, la tecnologia è al servizio di un’apparente efficienza che si rivela spietato profitto, le grandi aziende tecnologiche manipolano Internet. Insomma, è un futuro possibile che assomiglia molto ad aspetti inquietanti del presente, osservati con occhi ugualmente attenti all’individuo e alla società.
La satira di Byers si esprime in dialoghi serrati che si avviano ironici e si concludono feroci ma anche in analisi spietate dei meccanismi di potere che attraversano la società senza soluzione di continuità tra off- e online. L’odio attraversa e segna nel romanzo di Byers, come nella vita, il quotidiano, l’intimità come la sfera pubblica, le relazioni affettive e quelle professionali, l’intero onlife, colto nella sua unità e complessità. La relazione di coppia di Jess e Robert, il suo compagno, giornalista in carriera, ne viene dissezionata con la precisione di un bisturi, ma il fuoco dell’odio divampa anche in rete, così come sui media, tra le persone come tra le istituzioni, minando ogni rapporto, insinuando una sfiducia personale e collettiva che rimbalza tra off- e online e diviene cedimento alla disperazione, rassegnazione alla forza bruta come unico indiscutibile ed invincibile potere.
Tutto per Jess ha inizio com un fatto inizialmente di scarsa rilevanza, un articolo scritto da lei, donna giovane e brillante, all’avvio della sua carriera accademica, sul tema dell’identità maschile nella cultura dell’online Gaming. Le risponde uno “pseudo intellettuale populista”, “specializzato nel rivestire con un mantello di Big Data alla moda opinioni anacronistiche in modo da rivendere opinioni non dimostrate come pensiero non intuitivo”. Ne nasce una polemica in rete. Lui “uno sciovinista con un po’ di cifre” sostiene, dietro il paravento della statistica, tesi apertamente ostili alle donne nel pieno disprezzo delle regole di correttezza della comunicazione. Nel giro di 24 ore Jess viene bombardata da più di 500 tweet in cui viene minacciata di tutto, dall’umiliazione professionale allo stupro alla morte. Non basta. Qualcuno riesce a scoprire il suo indirizzo email e poi quello di casa, le minacce divengono sempre più dirette, le foto di uomini mascherati nella sua via compaiono in rete, una corona di fiori viene deposta davanti alla sua porta di casa. Jess non è tanto scandalizzata dalla violenza di questi uomini ma ferita dalla reazione o meglio dalla mancata reazione del suo compagno, che inizialmente non vede nessun sessismo in quelle minacce (“ognuno attrae odio im Internet”). Solo di fronte alle mail più terribili ricevute da Jess (quelle in cui lei viene apostrofata come “ porca femminista”, “grassa, brutta puttana” e minacciata di ogni tipo di violenza fisica, psichica e sessuale), Robert si scusa, esprime la propria rabbia anche nel suo blog al punto che Jess riceve un’ondata di solidarietà e viene aiutata da un’organizzazione per la difesa delle donne. Tutto sembra procedere per il meglio anche nella sua carriera ma il tarlo della rabbia e del risentimento continua a non darle pace. Prima di addormentarsi rivive antiche minacce e paure, rinfocola lei stessa l’astio andando a ricercare siti di hate speech. Fino a che crea, tra sentimenti misti di vergogna, paura, rabbia, un account anonimo per insultare il suo nemico. Ma lui la blocca senza che nulla succeda e lei rimane impotente. Tanto la sua visibilità quanto l’anonimato non l’aiutano. Jess si rende conto sempre più chiaramente che dietro l’ombra del suo rivale, si stende una rete gigantesca di misoginia e sessismo, un’idra dalle nove teste, che rinascono appena tagliate. Jess si costruisce allora una nuova identità, anzi tante nuove identità quante sono le sfaccettature del suo carattere, “ un team di infiltrazione” ma anche di auto- frammentazione per resistere ed esistere a costo però di una progressiva scissione delle sue parti. Progressivamente la rabbia repressa di Jess verso Robert prende piede fino a che diviene Julia Benjamin, un account anonimo che polemizza, sempre più ferocemente, con Robert, il giornalista di sempre maggior successo. Col tempo le parti pubbliche, le maschere di Jess e Robert, occupano sempre più spazio fino ad invadere e a dissolvere il loro privato. Parallela alla loro alienazione procede l’alienazione della società, separata in mille maschere dalle quali si intravede il vuoto sottostante.
Perfidious Albion è (anche) il romanzo, brillante, del lacerante vuoto, che l’odio scava in ciascuno di noi e nella società. L’odio non è mai gratuito, mentre distrugge l’altro, ci consuma.
(continua)
Perfidious Albion by Sam Byers is published by Faber (£15.99).
Wislawa Szymborska – L’odio