Fragilità del presente, paura del futuro

La tecnologia ci sospinge verso il futuro, l’ideologia verso il passato. La tecnologia suscita però in noi paure, per lo più irrazionali, l’ideologia ci offre invece un senso di protezione, che si rivela poi illusorio.
È teoricamente alla portata di tutti constatare che senza la tecnologia questi due anni di pandemia sarebbero stati un inferno (ancora più) insopportabile e senza la scienza le conseguenze della catastrofe sarebbero state di gran lunga più drammatiche. Eppure non perdiamo occasione di lamentarci delle limitazioni derivanti dagli incontri online e di criticare l’incapacità della scienza di offrirci previsioni certe, dimenticandoci però quanto sia complesso il sistema in cui viviamo e e quante e quali siano le variabili che possono influenzarlo, a partire dal nostro comportamento. Alcuni giungono ad una critica tanto radicale della scienza da non accettarla o da immaginarla asservita a non meglio definiti poteri occulti mondiali. Ha destato scalpore in questi giorni il risultato dell’analisi del Censis su “gli italiani e l’irrazionale” secondo il quale il 5,6 % dei laureati è convinto che la terra sia piatta. Anche se personalmente mi preoccupa di più che il 31.5 % dei laureati ritenga che “cultura e identità italiane spariranno, rimpiazziate da quelle degli immigrati fatti arrivare dalle élite globaliste”, non molto lontano dal 44,2 % dei non laureati, non sono affatto stupito da tali risultati e guardo con maggior apprensione al fatto che circa un terzo di tutta la popolazione (italiana, europea e occidentale) soffre di un qualche disturbo psichico. (Fatico sinceramente a capire cosa c’azzecchi con l’irrazionalità la convinzione che “le multinazionali sono responsabili di quello che ci succede” vista l’innegabile influenza delle big Tech su di noi e le ultime rivelazioni sul finanziamento della disinformazione globale da parte di Facebook o perché sia irrazionale pensare che “il potere in Italia è concentrato nelle mani di un gruppo di potenti” dato che “il patrimonio del 5% più ricco degli italiani … è superiore a tutta la ricchezza detenuta dall’’80% più povero” ma questo è un altro discorso). Un altro esempio di “irrazionalità” per certi versi paradossale. Il fatto che più dell’85% della popolazione in Italia si sia, lodevolmente, fatta vaccinare contro il 67,2% della Svizzera – che vanta un invidiabile percentuale di dottori di ricerca (quasi il 30 per mille contro il 4 per mille italiano ) non è verosimilmente da attribuire alla maggiore razionalità degli italiani rispetto agli svizzeri ma piuttosto a fattori emozionali e storici, in particolare alla drammatica esperienza della prima e seconda ondata di pandemia in Italia e al carattere più criticamente autonomo degli svizzeri che hanno scritto nella loro storia nazionale e dunque nella loro epigenetica il consapevole rifiuto di assoggettamento ad ogni autorità (non a caso il mito fondante della Svizzera è Guglielmo Tell). Il campo dell’ irrazionalità umana o meglio del prevalere delle passioni sulla razionalità è antico, ampio e variegato e vanta al suo seguito anche illustri filosofi contemporanei. Giunti a un passo dal disastro climatico, dobbiamo, con buona pace di Aristotele, ammettere di essere degli animali per lo più irrazionali, che prendono le decisioni più importanti della loro vita sulla base dell’istinto, dell’intuito, dei sentimenti, delle emozioni, salvo poi giustificarle razionalmente a posteriori a noi stessi e agli altri. Non è proprio una novità. La filosofia ci ha ammonito a lungo sulla potenza e sui pericoli delle passioni. Freud, con la sua terza umiliazione dell’umanità, ci aveva già avvertito che l’io non è padrone in casa propria, soppiantato dall‘inconscio e che la coscienza è solo la punta di un iceberg inconscio. Le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato questi assunti.
La mia non è affatto un esaltazione dell’ irrazionalismo ma la doverosa quanto dolorosa e banale constatazione del potere dell’inconscio , delle emozioni e delle passioni che inconsciamente agiscono in noi. La razionalità è l’unico strumento a nostra disposizione per migliorare la nostra condizione e lenire il dolore nostro e dei nostri simili ma sarebbe una stolta quanto pericolosa illusione intendere la scienza, che della razionalità è l’espressione più matura, come una salvifica magia, alla quale basta credere per essere protetti da ogni male. La consapevolezza di quanto potente sia l’inconscio è necessaria quanto la scienza. La psicoanalisi e tutti gli aggiornamenti che ne sono derivati (teoria dell’attaccamento, neuropsicoanalisi, MBT etc.) ci hanno insegnato a comprendere sempre meglio come funziona l’inconscio proprio per non venirne travolti e agiti. Naturalmente è legittimo e doveroso imporre a tutti in tempi di pandemia misure di protezione della collettività (restrizioni, GP, obbligo vaccinale etc) ma esigere di essere razionali e di conformarsi alla scienza da chi la rifiuta ha lo stesso effetto che avrebbe il mio consiglio ad un paziente con la fobia per i cani di non aver paura perché la sua paura è irrazionale. Nullo. E a nulla vale il grado di istruzione di una persona, perché nessuna istruzione protegge dall’angoscia – anche se l’istruzione è sempre utile! Sono io a dover comprendere, con il paziente, cosa nasconde ovvero manifesta quell’angoscia così reale per lui.
Proprio di angoscia stiamo parlando nella pandemia. È da due anni che un virus ci ha dimostrato che non siamo padroni nei nostri corpi, nelle nostre case, nelle nostre comunità. La pandemia ha determinato oltre che drammatici danni alla salute fisica delle persone e all‘equilibrio sociale ed economico della collettività, gravi ripercussioni sulla salute mentale #psicodemia individuale e collettiva, comportando un significativo aumento (+ 25-27%) dei disturbi ansiosi e depressivi. Le conseguenze mediche, psicologiche, sociali ed economiche e il carattere globale della pandemia comportano la perdita della «normalità» cui eravamo precedentemente abituati, così come del senso di sicurezza e di prevedibilità che di quella normalità facevano parte.
Parallelamente all’accentuata precarietà socio-economica degli ultimi anni e al peggioramento della salute mentale dovuto alla pandemia assistiamo a un preoccupante fenomeno di espansione delle autocrazie e di indebolimento delle democrazie, minate, come ammoniva ieri anche il Papa dalla Grecia, da un «autoritarismo sbrigativo», dalle «facili rassicurazioni proposte dai populismi», da «società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo». All’interno stesso delle democrazie la preoccupazione per la sicurezza personale sembra aver preso il posto della lotta per la giustizia sociale tanto che i muri, siano di terra o di mare, sono ormai visti come necessità politiche. Ma paure e chiusure non hanno mai creato il nuovo, né sono generalmente riuscite a salvare il vecchio.
La paura, l’angoscia, la rabbia e il risentimento per la perdita di una sicura e prevedibile normalità sembrano dunque segnare non solo la psiche individuale ma anche quella collettiva, alla disperata ricerca di una sicurezza totale che la scienza non può offrire. La negazione del pericolo pandemico, l’adesione a complottismi e credenze irrazionali, l’angoscia altrettanto irrazionale del vaccino, la protesta che si trasforma in violenza, l’ostilità che si insinua nel tessuto sociale e familiare provocando lacerazioni difficili da sanare ne sono le manifestazioni. Accanto alla ripartenza economica, credo sia importante intercettare il disagio psicologico che, in forme e con intensità diverse, alberga in ciascuno di noi, avere il coraggio di esprimerlo, di dar voce alla nostra fragilità, scambiarla, condividerla. Non sono i migranti alle nostre frontiere a minacciarci ma le nostre paure e la nostra incapacità di gestirle.
Immagine tratta da @IrenaBuzarewicz