“Sto perdendo le mie foglie” constata disperato Anthony e scoppia a piangere invocando la mamma di fronte all’infermiera che si occupa di lui. È l’ultima scena di The Father, (Nulla è come sembra), adattamento cinematografico interpretato da Anthony Hopkins ed Olivia Colman della pièce teatrale dello stesso Zeller, Il padre.
Si potrebbe dire che questo film-capolavoro è il racconto di un autunno di vita, della perdita della capacità di orientarsi nello spazio, nel tempo, sugli altri e su di sé di Anthony. Da persona matura e indipendente quale ci appare essere stato, cade sempre più in balia di processi psichici che accadono in lui senza che lui li comprenda, fingendo anzi inizialmente di dominarli. Gli episodi sono quelli che tutte/i coloro che hanno fatto esperienza di un processo di demenza ma anche di invecchiamento nei loro cari conoscono. Anthony non trova più il suo orologio e si convince che glielo abbia rubato l’infermiera che si occupa di lui, salvo poi ritrovarlo e cambiare versione affermando di averlo nascosto tanto bene da aver impedito all’infermiera di trovarlo. Ma quando lo perde un’altra volta è il genero ad essere sospettato di indossarlo. Anthony ha la sensazione che accadano strane cose nel suo appartamento, che altri vi entrino, vi si muovano come se fossero loro i padroni di casa ed in effetti lo sono perché la figlia ha portato Anthony, che ormai non riusciva più a gestirsi da solo, a casa propria. Percepiamo tutto ciò dalla prospettiva di Anthony e anche in questo, oltre che nella magistrale interpretazione di Anthony Hopkins, sta la genialità del film. La percezione di noi spettatori muta con il mutare della percezione di Anthony per cui noi vediamo con i suoi occhi, sentiamo con la sua mente, sempre più scomposta e lacerata. Non ci sono patetiche consolazioni affettive né ingenue speranze scientifiche. È lo scarno e per questo possente resoconto di una disperata lotta contro una malattia che ci priva progressivamente di ogni controllo. Anche la figlia deve arrendersi e accettare per il padre l’aiuto delle istituzioni. Possiamo però riconoscere ed accettare la nostra fragilità, la mano tesa di chi ci aiuta, i raggi di sole che illuminano ancora per un momento le nostre foglie.