Freud e i fiumi carsici dentro di noi

Due giorni fa, il 6 maggio, è stato il compleanno di Freud. Non gli sono mancati gli auguri, tra gli altri di alcuni psicoanalisti dell’IPA Il Freud Museum di Vienna ha inaugurato una mostra, visitabile anche online sul rapporto tra Surrealismo e Psicoanalisi, SURREAL!
Imagining New Realities Il Freud Museum di Londra ha dedicato una mostra al rapporto di Freud con la Cina e la sua cultura ma ha anche organizzato l’appuntamento online ‘Turning Within: Psychoanalysis and Buddhism for Times of Turmoil’ E chissà quali altre associazioni e parallelismi più o meno improbabili e inconsci con altre culture e personaggi verranno celebrati quest’anno. Insomma, la fama di Freud gode di buona salute e quella della psicoanalisi pure, come testimoniano tra l’altro sempre nuovi saggi dedicati al padre della psicoanalisi e alla continua evoluzione della sua opera. Anche in Italia esce una nuova monumentale biografia di Freud, Sigmund Freud, Il medico dell’inconscio.
Lascio ad altrə molto più competenti di me illustrare la sua immensa eredità, culturale, teorica, clinica. Posso solo tentare qui di riassumere qual è il suo significato per me nel mio quotidiano lavoro con le/i pazienti a 166 anni dalla sua nascita in un mondo onlife che è anni luce lontano dal suo.
Freud, con il suo razionalismo e la sua tendenza a ridurre tutto agli istinti aggressivi e soprattutto sessuali, mi stava estremamente sulle scatole quando ho cominciato ad occuparmene durante il mio studio di medicina e psichiatria. Indeterminato, vago e desideroso d’armonia qual ero (e sono), aborrivo la sua (elegante) chiarezza e la sua capacità di scoprire conflitti sotto la le più candide ed innocenti apparenze. Appassionato di Hoffmann e della sua perturbante novella L’uomo della sabbia, non potei però non leggere il saggio “Il perturbante” che Freud vi aveva dedicato. E, pur con tutti i miei se e ma, non potei non trovarlo geniale. Per riuscire a scorgere, dietro l’apparente angosciante irrazionalità di un giovane che si innamora di un automa e cerca di gettare dalla torre la propria ragazza, la logica del delirio e soprattutto la correlazione del delirio con le nostre quotidiane irrazionalità, ci vuole del genio, mi dissi. Mi degnai di leggere un paio d’altri saggi, altrettanto geniali, del caro Sigmund ma, testardo come ero (e sono), cercai a lungo di mediare tra fenomenologia e psicoanalisi pur di non dover ammettere l’inconscio, il fatto che non siamo padroni a casa nostra, nella stessa nostra psiche per non parlare poi del nostro corpo. Poi arrivò il momento di saltare e (finalmente) saltai o meglio mi sdraiai sul lettino. Naturalmente portai con me in analisi tutte le mie rigide corazze teoriche, le mie resistenze, che mi sembravano indispensabili per vivere, come l’aria per respirare. Pian piano, poco a poco cominciai a levarmele e a farmele levare, mi sentii nudo e col tempo non mi vergognai più di esserlo. Le parole mie e del mio analista erano i fili per tessere nuovi e più comodi vestiti con i quali, dopo non poche battute d’arresto e timide scaramucce con lui, cominciai a sentirmi (più) a mio agio. Finalmente capii che la fragilità non è una colpa e neanche una vergogna, ma una condizione d’essere che permette, ma non garantisce, l’incontro con l’altro. Cominciai a comprendere che tutte quelle parole così razionali e apparentemente così fredde di Freud, sull’analista impenetrabile come uno specchio e freddo come un chirurgo bla bla bla, altro non sono che il tentativo di un uomo, sia pur geniale, del suo tempo per mettere argini, confini, appunto un Setting a quell’impetuoso fiume, se non mare, di sentimenti e impulsi che rischiano di travolgere analista e analizzando, portandosi dietro anche il lettino e tutto l’arredamento dello studio. Feci l’esperienza di bagnarmi nel fiume, nuotarvi ed annasparvi, cercare il salvagente che non arrivava dall’analista, il quale mi aspettava però, partecipe, sull’altra riva. Ancora le parole – ma anche i silenzi, i rumori, i profumi – come una fune invisibile sul fiume per non farsi travolgere dalla corrente, per capire, sé stessi e gli altri. E dopo aver compreso le regole per guadare il mio fiume, cominciai a pensare e poi a sentire che potevo aiutare anche gli altri a guadare il loro. Ogni fiume è però diverso dall’altro e ognuno può guadare solo il proprio. Nessuno ha peraltro la garanzia di raggiungere la meta perché, appunto, non siamo padroni in casa nostra, piuttosto ospiti. E sarebbe già tanto se capissimo almeno questo anziché beccarci tra noi come i polli di Renzo. Ma tant’è, come appunto diceva Freud: “I cani amano i loro amici e mordono i loro nemici a differenza delle persone, che sono incapaci di puro amore e devono sempre mescolare amore e odio nelle loro relazioni”. Per fortuna abbiamo, grazie a Freud, l’analisi e tutte le altre forme di psicoterapia che ne sono derivate. Non solo ci consentono di vedere le cose come stanno dentro e fuori di noi, senza fuorvianti illusioni, ma ci aiutano anche a guadare i nostri fiumi di amore ed odio.