A psichiatrə e psicoterapeutə viene spesso rimproverato di sputar sentenze solo con il senno di poi – anche se, peraltro, tutte le scienze applicate, dalla medicina all’economia, con le previsioni non si può dire c’azzecchino proprio sempre.
Bowlby e la teoria dell’attaccamento
A Bowlby va l’indubbio merito di aver cambiato parecchio le cose e di aver introdotto, con la sua collega Mary Ainswort, criteri scientifici e dunque verificabili e riproducibili in un campo estremamente complesso e variabile come quello dei rapporti umani. Basandosi sull’osservazione dei rapporti tra madri e bambinə, Bowlby e la Ainswort sono riusciti a individuare stili di attaccamento, cioè di legame, che si instaurano fin dalla prima infanzia (entro i 18 mesi) e rimangono sostanzialmente costanti per tutto il resto della nostra vita, influenzando tutto il nostro comportamento relazionale (scelta del partner, comportamento nel corso del nostro rapporto con il/la partner, con figure significative della nostra vita, con figli/e, etc.). E ciò grazie all‘’osservazione del comportamento dei bambinə di 18 mesi in una sequenza di situazioni che prevede l’interazione con la mamma, l’uscita dalla stanza della stessa, l’entrata di una persona estranea, l’uscita di quest’ultima e infine il ritorno della madre. (Come spesso avviene agli innovatori/trici , fu ripagato per le sue scoperte con l’ingratitudine della comunità psicoanalitica, ma questa è un’altra storia). Sulla base di tali osservazioni è stato possibile dunque distinguere quattro tipi di attaccamento: sicuro (F, free), insicuro-ansioso, detto anche insicuro-preoccupato o insicuro-ambivalente (E, entangled), insicuro-evitante (A avoidant) – a sua volta scomponibile nelle due sotto-categorie: insicuro pauroso (fearful) e insicuro distanziato (dismissing) – e disorganizzato (U, unresolved) che rimangono appunto tali, nella maggior parte dei casi, per tutta la vita.
Correlazioni tra stili di attaccamento ed emozioni
Basandosi proprio sulla teoria dell’attaccamento e poi sul concetto di mentalizzazione sono stati compiuti innumerevoli studi per valutare le conseguenze di tali stili di attaccamento sui diversi ambiti della vita quotidiana nonché sulle correlazioni tra diversi stili di attaccamento e emozioni, sentimenti, affetti. Tra i tanti studi uno compiuto in Libano su 1810 ragazzi/e tra i 12 e i 18 anni provenienti da 16 diversi istituti delle scuole medie superiori e recentemente pubblicato su BMC Psychology ha analizzato la correlazione tra stili di attaccamento e la rabbia. Ricerche precedenti avevano già suggerito che l’attaccamento insicuro è legato a livelli più elevati di aggressività e ostilità. Questo studio si era proposto di individuare se diversi tipi di attaccamento fossero correlati a diverse forme di aggressività, distinte in a) tendenza a sviluppare sentimenti di rabbia, b) ostilità a livello cognitivo c) comportamento verbalmente o fisicamente aggressivo. Ciò nel tentativo di giungere ad approcci terapeutici diversi a seconda dei casi e quindi ad una migliore gestione della rabbia,
I risultati dello studio hanno mostrato che i partecipanti con uno stile di attaccamento sicuro hanno ottenuto punteggi più bassi nell’espressione della rabbia. Ciò è coerente con ricerche precedenti che mostrano che i/le giovani che possono comunicare efficacemente con i genitori hanno meno probabilità di mostrare comportamenti aggressivi. I partecipanti con attaccamento insicuro mostravano invece livelli più elevati di aggressività sia fisica che verbale.
In particolare l’attaccamento evitante-pauroso si è rivelato essere nello studio un predittore significativo della rabbia. In effetti, l’attaccamento evitante-pauroso è costruito su un’immagine di sé percepita come indegna dell’affetto altrui e su un’immagine del caregiver come inaffidabile e addirittura minaccioso. Ricerche precedenti dimostrano che gli individui con attaccamento evitante-pauroso hanno alle loro spalle una storia di rifiuto persistente da parte dei caregiver, a causa del quale tendono ad esagerare le conseguenze negative del conflitto e a reagire con rabbia e dolore esagerati.
L’attaccamento insicuro-ansioso è risultato invece nello studio correlato con alti livelli di ostilità coerentemente con precedenti studi che indicavano una correlazione tra attaccamento insicuro-ansioso irritabilità e rabbia. A loro volta i soggetti con alto tasso di ostilità risultano avere maggiori conflitti interpersonali e interazioni interpersonali più negative, essendo meno in grado di riconoscere le risposte positive degli altri. L’ostilità è risultata inoltre essere legata all’età in una una relazione inversa nel senso che l’ostilità diminuisce man mano che i soggetti crescono.
Infine i partecipanti con livelli più elevati di attività fisica hanno mostrato livelli più elevati di espressione di rabbia, nonostante la credenza popolare ritenga che l’esercizio fisico aiuti l’umore e favorisca l’elaborazione della rabbia.
I risultati dimostrano ancora una volta che il primo attaccamento influenza non solo l’immagine nascente dell’individuo e la sua visione del mondo sociale, ma anche le sue capacità sociali, il senso di benessere e le successive relazioni. I ricercatori sottolineano pertanto che gli interventi di elaborazione e controllo della rabbia debbano concentrarsi sulla creazione di modelli di attaccamento costruttivi piuttosto che fare affidamento esclusivamente su tecniche comportamentali di controllo della rabbia.
Correlazioni tra stili di attaccamento e comportamenti
Un altro interessante studio ha analizzato invece la correlazione tra stili di attaccamento e reazione di fronte a dilemmi morali giungendo alla conclusione che le persone con un attaccamento insicuro (ansioso o evitante) tendono a essere meno preoccupate di causare danni nei dilemmi morali indipendentemente dai risultati delle loro scelte. I ricercatori hanno condotto tre studi su 518 partecipanti in totale, che dovevano rispondere a quesiti concernenti dilemmi morali tali per cui una persona poteva essere danneggiata per ottenere determinati risultati. In alcuni casi, il danno provocato consentiva di ottenere risultati complessivi molto positivi (torturare un uomo per disinnescare una bomba che ne avrebbe uccisi molti altri), ma in altri l’entità del danno era assolutamente sproporzionato rispetto al risultato (torturare un uomo per disinnescare una bomba di vernice che avrebbe fatto disordine).
I risultati dimostrano che l’attaccamento insicuro (sia esso ansioso o evitante) è correlato a ridotti livelli di preoccupazione empatica, a un carente atteggiamento deontologico (consistente appunto nel rifiuto di causare danni ad altri indipendentemente dai risultati. Infine, l’attaccamento insicuro (ansioso o evitante) è associato ad un carente atteggiamento utilitaristico inteso come un comportamento che cerca di massimizzare i risultati per gli altri, ovverosia per la comunità.
I risultati sono coerenti con l’idea che le persone con attaccamento insicuro-evitante sono emotivamente distanti il ché influirebbe negativamente sul loro atteggiamento morale, mentre le persone con attaccamento insicuro-ansioso tendono a riservare l’empatia per i loro cari, come suggerito anche da altre ricerche.
Gli stili di attaccamento insicuro (evitante o ansioso) sono dunque caratterizzati da una minore preoccupazione empatica, un minor desiderio di aiutare gli altri favorendone il benessere e un maggiore bisogno di appartenenza.
Pur se non è scientificamente né deontologicamente corretto inferire da studi psicologici specifici considerazioni sociologiche generali, nel rileggere le conclusioni di questi studi – gli stili di attaccamento insicuri sono caratterizzati da maggiore rabbia ed ostilità, minore preoccupazione empatica, minor desiderio di aiutare gli altri e di favorirne il benessere – mi è sembrato di descrivere la situazione politica italiana di questi giorni, simile a quella di mille altre occasioni.
Politici e partiti ansiosamente e ambivalentemente preoccupati di rimanere attaccati alla “grandiosa” tradizione valoriate italica, come se fosse la mamma da cui si ha paura di distaccarsi per non doversi assumere lo spiacevole compito di affrontare la vita pensando e agendo in autonomia, riservano l’empatia per i loro sodali, l’ostilità per i loro avversari (cioè tutti gli altri) e si disinteressano completamente del benessere collettivo, come fosse un non-luogo.
Politici e partiti che hanno fatto della rabbia il loro motto e dell’evitamento del sistema la loro modalità comportamentale – salvo allearsi poi con gli uni e con gli altri, all’insegna del “questo o quello per me pari son” – mostrano un’empatia per il benessere collettivo pari a quella per la spazzatura romana.
Qualcosa sembra peraltro accomunarli, il bisogno di appartenenza al gruppo del potere.
Le mie considerazioni, certo, più che politiche sono polemiche, tuttavia la correlazione tra insicurezza, aggressività e scarsa empatia, è un tema sociologico tutt’altro che peregrino nella situazione politica attuale, internazionale oltre che italiana, in un tempo in cui i politici speculano sull’insicurezza e fomentano l’aggressività e il cinismo a scapito del benessere collettivo. Visto che anche la persona più sicura può essere vilmente messa alla porta da quelle più insicure, conviene più che mai investiamo sulla sicurezza dei legami personali, sociali e istituzionali.
Immagine: Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Cattivo Governo, Affresco, Palazzo Pubblico, Siena