Se la scienza non è un’opinione

È la scienza che deve adattarsi alla legge o la legge alla scienza? Mi ponevo questo non proprio amletico quesito di fronte ai ripetuti episodi (di Padova, Milano, etc) in cui, in nome di una legge che non c’è e di una pronuncia della Corte Costituzionale che aveva sollecitato il Parlamento a redigerla, i diritti dei/delle bambini/e di coppie LTGB vengono di fatto conculcati e i loro genitori invitati, con l’immancabile scorciatoia italiana della “sanatoria” per casi particolari, ad adottarli, come se mai fossero stati loro. Non mi interessa qui lo spaccato di vita italiana fatto, come al solito, di ritardi della politica nazionale a decidere, di provvedimenti tampone delle amministrazioni locali e di atti giudiziari che, in nome del diritto, perpetrano, retroattivamente per di più, uno scempio.

Il ruolo della scienza 

Mi domando che ruolo abbia in tutto ciò la scienza, la quale ormai da decenni ha constatato che “non esiste alcuna prova scientifica che l’essere dei buoni genitori sia connesso all’orientamento sessuale dei genitori medesimi: genitori dello stesso sesso hanno la stessa probabilità di quelli eterosessuali di fornire ai loro figli un ambiente di crescita sano e favorevole.” (Patterson, 2000, 2004; Perrin, 2002; Tasker, 1999 Resolution on sexual orientation, gender identity (SOGI), parents and their children (PDF, 99KB)opens in new window ) Lo stesso viene ribadito nel pronunciamento dell’ American Psychological Association dell’ 11.6.2012 in cui si aggiungeva “questo corpus di ricerche ha dimostrato che l’adattamento, lo sviluppo e il benessere psicologico dei bambini non sono correlati all’orientamento sessuale dei genitori e che i figli di genitori lesbiche e gay hanno le stesse probabilità di prosperare di quelli di genitori eterosessuali.”
Analogamente l’American Association of Child and Adolescent Psychiatry sostiene che:
“La base su cui devono reggersi tutte le decisioni in tema di custodia dei figli e diritti dei genitori è il migliore interesse del bambino […] Non ci sono prove a sostegno della tesi per cui genitori con orientamento omo o bisessuale siano di per sé diversi o carenti nella capacità di essere genitori, di saper cogliere i problemi dell’infanzia e di sviluppare attaccamenti genitore-figlio, a confronto con orientamento eterosessuale. Da tempo è stato stabilito che l’orientamento omosessuale non è in alcun modo correlato a una patologia, e non ci sono basi su cui presumere che l’orientamento omosessuale di un genitore possa aumentare le probabilità o indurre un orientamento omosessuale nel figlio. Studi sugli esiti educativi di figli cresciuti da genitori omo o bisessuali, messi a confronto con genitori eterosessuali, non depongono per un maggior grado di instabilità nella relazione genitori-figli o disturbi evolutivi nei figli“. 
L’American Psychoanalytic Association dal canto suo ribadisce
«È nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, capaci di cure e di responsabilità educative. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale».

Studi e meta analisi 

Risparmio al lettore l’elenco di tutte le pubblicazioni scientifiche che ribadiscono quest’evidenza. Qui per chi fosse interessato, riporto qui un paio di studi olandesi (essendo stata l’Olanda la prima nazione in Europa a introdurre il matrimonio dello stesso sesso) e un paio di studi italiani nonché una meta analisi dell’Università del Colorado grazie anche alla quale il 26 giugno del 2015 la Corte Suprema americana legalizzò i matrimoni tra persone dello stesso sesso in tutti i 50 stati. 
Concludo la breve rassegna con una recente ricerca, del 6 marzo 2023, che analizza i risultati dei 34 studi sul tema condotti tra il 1989 e il 2022, dalla quale emerge che “ i bambini con genitori gay, lesbiche, transgender o appartenenti ad altre minoranze sessuali se la cavano altrettanto bene o meglio dei bambini con genitori di sesso opposto”
In particolare “L’analisi ha mostrato che i bambini delle famiglie con genitori appartenenti a minoranze sessuali o di genere – un termine che racchiude coloro la cui identità sessuale o di genere è considerata al di fuori delle norme sociali e culturali – hanno ottenuto gli stessi risultati dei bambini delle famiglie “tradizionali” con genitori di sesso opposto su una serie di parametri, tra cui la salute fisica e i risultati scolastici. Per alcuni parametri, i figli di genitori appartenenti a minoranze sessuali hanno addirittura superato i loro coetanei provenienti da famiglie tradizionali, in particolare per quanto riguarda l’adattamento psicologico e le relazioni figlio-genitore.”

L’attaccamento 

Spero che da queste fin troppo ridondanti citazioni una cosa risulti evidente e cioè che il benessere fisico e psichico del/la bambino/a deriva unicamente dall’attaccamento, cioè dal legame di affetto, accudimento, stimolazione e contenimento (holding) emotivo che i genitori fin dalla nascita e per tutta la crescita riescono a creare con lui/lei. È d’altro canto un’esperienza che ciascuno di noi, sia nelle vesti di genitore o di figlio/a ben conosce. Il sesso dei genitori non conta.
È troppo chiedere che anche l’Italia, gloriosa patria del diritto (del più forte?), prenda finalmente atto del dato scientifico e, da buona ultima nel novero delle nazioni civili, modifichi di conseguenza la sua legislazione in materia? (Riservando tutt’al più le sanatorie ai ministri e alle ministre colpevoli di non essersi ancora adeguati/e alla scienza?)

Immagine: LGBTQ+ Pride Flag