„Una relazione è un processo fisiologico, reale e potente quanto qualsiasi pillola o intervento chirurgico“
Stavo leggendo queste parole ieri sera – citate da quell’instancabile fonte di spunti scientifici e letterari che è Maria Popova .Sono tratte dal libro A General Theory of Love di Thomas Lewis, Fari Amini e Richard Lannon, tre psichiatri che illustrano quanto le relazioni influiscano, tramite il sistema limbico, il nostro centro di comando neurofisiologico delle emozioni, non solo sulla nostra mente ma anche sul nostro corpo. Gli autori ricordano tra l’altro quello che tutte/i noi già sappiamo
Separazione
“Se si allontana un cucciolo dalla madre e lo si mette da parte, da solo, si assiste alla reazione universale dei mammiferi alla rottura di un legame di attaccamento, un riflesso dell’architettura limbica che i mammiferi condividono” . Brevi separazioni provocano una risposta acuta di angoscia che prende la forma della protesta e che negli esseri umani può manifestarsi come ansia, lamentela, irritabilità, rabbia, mentre separazioni prolungate producono lo stato fisiologico di disperazione, la quale si può tradurre anche in malattie fisiche.
Non solo, una separazione brusca e prolungata scatena inoltre uno shock fisico di tutto l’organismo. Diversi studi hanno dimostrato che la funzione cardiovascolare, i livelli ormonali e la risposta immunitaria sono tutti alterati La brusca rottura di una relazione è in definitiva, otre che un forte disagio psichico, anche un grave stress fisico.
Attaccamento
Sappiamo poi dalla teoria dell’attaccamento che la nostra modalità di risposta alla separazione (temporanea o definitiva) oltre ad avere questi caratteri comuni a tutti i mammiferi, presenta poi aspetti specifici che dipendono appunto dal tipo di legame che si è sviluppato fin dalla nascita con i nostri caregiver (attaccamento sicuro, insicuro ansioso, insicuro evitante, disorganizzato). Non solo, tale tipo di legame che si costituisce già a partire dal 18 mese di vita, rimane sostanzialmente invariato per tutto il resto della nostra vita traducendosi nel nostro stile relazionale nel modo cioè in cui instauriamo relazioni significative con i nostri simili e reagiamo alla loro interruzione. Noi ripetiamo dunque pur senza rendercene conto, se non a posteriori, le stesse modalità di attaccamento, rottura e separazione che abbiamo vissuto con i nostri caregiver.
Test psicologico
Mentre ieri sera ripetevo dentro di me queste constatazioni tutt’altro che nuove, mi sono accorto ad un tratto che stavo vivendo, con molti/e altri/e in tutto il mondo, una separazione per l’ennesima volta senza rendermene conto. Il caro Elon Musk, con i suoi farneticanti limiti temporanei di lettura dei tweet – che sembravano cambiare al veloce mutare del suo non proprio stabile umore – ci stava offrendo, inconsciamente e credo per l’unica volta gratuitamente in vita sua, l’opportunità di sottoporci ad un test psicologico: come reagiamo di fronte ad una brusca separazione. Per quel poco che ho osservato in me (vd i miei tweet) e negli account dei quali ho potuto leggere i tweet mi sembra non vi siano dubbi: la reazione della grande maggioranza degli account è stata di protesta, che ha assunto peraltro, a seconda del tipo di attaccamento di ciascuno di noi, sfumature diverse : perplessa (fa ancora senso rimanere su Twitter?) ansiosa-angosciata (che cosa vuol dire questo limite? come farò?) irata (superato il limite della pazienza, ma vaffa’, non twitterò più per un po’ se non per casi d’urgenza), scherzosa (mi fai un favore, Elon) rassicurante (sono limiti solo provvisori) etc.
Ambivalenza e impotenza
La rabbia deriva al contempo dalla nostra dipendenza da Twitter e, volenti o nolenti, dal suo non proprio affabile proprietario e dalla nostra incapacità di lasciarlo definitivamente alla sua sorte dopo che ci ha ripetutamente preso a pesci in faccia. In definitiva la nostra rabbia non è solo la protesta dei cuccioli abbandonati da un (non proprio esemplare) caregiver, ma è anche l’espressione della nostra ambivalenza e impotenza per una dipendenza da Twitter (e dal magnate spaccone) di cui ci vergogniamo senza riuscire per il momento a trovare la forza di abbandonarlo. Come Leporello che pur lamentandosi ad ogni piè sospinto delle angherie e delle umiliazioni che gli fa soffrire il suo padrone, non riesce a liberarsi di Don Giovanni, cui in fondo invidia la narcisistica prepotenza priva di scrupoli.
Leporello, Don Giovanni, Elon
Sono incerto e ambivalente a mia volta. Lasciare le ultime parole alla realistica genialità dell’opera mozartiana o alle sagge parole di Maria Popova?
“La soluzione all’eterno enigma della fiducia emerge come banale e profonda allo stesso tempo: semplicemente la pratica di affinare continuamente il nostro discernimento sul carattere e coltivare relazioni …con persone che sono l’equivalente umano non del veleno ma della medicina, e sforzarsi di diventare noi stessi tali persone per gli ecosistemi emotivi di coloro che amiamo.”
Certo Leporello e Don Giovanni sono affascinanti… Elon, mah…
Immagine: Edvard Munch, Separazione, 1896