“È una questione culturale” si dice spesso per sottolineare che le leggi da sole non sono in grado di risolvere il tragico problema della violenza sulle donne nel nostro paese. È sicuramente vero ma cosa bisogna concretamente fare per cambiare una cultura ancora profondamente maschilista e patriarcale, che viene teoricamente rigettata ma concretamente vissuta? Il contrasto tra teoria e pratica caratterizza la vita intera ma in questo specifico ambito raggiunge livelli inenarrabili.
Quattro donne
Ho ascoltato ieri con grande piacere le relazioni di quattro donne che raccontavano ciascuna da un diverso punto di vista le enormi difficoltà che le donne hanno avuto in passato e continuano purtroppo ancora ad avere ora per poter gestire autonomamente la loro vita. Nell’ arte le donne hanno trovato modo di dare espressione alle loro sofferenza e ai loro sogni ma ciò è spesso costato loro estrema fatica, grande sofferenza, discredito e poi spesso anche dimenticanza. In Iran le donne hanno preso l’iniziativa della rivolta e continuano a condurla affiancate dagli uomini senza tuttavia che sia chiaro se e quando riusciranno a liberarsi dall’oppressione in cui tuttora sono conculcate. Istituzioni e metodi transculturali aiutano donne straniere in difficoltà a ritrovare le loro radici senza lasciarsi schiacciare dagli uomini e dalla tradizione senza perdere la speranza di un futuro più giusto. La riflessione filosofica femminista mostra come l’ordine simbolico maschile abbia creato una gerarchia di generi e di valori volta al controllo della donna ,del suo corpo dei suoi spazi, del suoi movimenti.
Mancato femminicidio
Nello stesso giorno ascolto la notizia dell’ennesimo femminicidio, peraltro stavolta mancato nel senso che il marito ha cosparso di benzina la moglie, le ha dato fuoco provocandole ustioni su oltre il 70% del corpo e rimanendo lui stesso ferito gli occhi. Di pochi giorni fa è la notizia che il Consiglio d’Europa ha nuovamente sanzionato l’Italia per la “risposta inefficace e tardiva” delle autorità italiane alle denunce di violenza domestica subite dalle donne. In particolare “il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, esprime tra l’altro “preoccupazione” per i dati dell’Italia, che “riflettono una percentuale costantemente elevata di procedimenti relativi alla violenza domestica e sessuale interrotti nella fase istruttoria, un uso limitato di ordinanze cautelari e un tasso significativo di violazione della stessa”.
Cosa fare
Cito questo esempio a dimostrazione del fatto che esistono situazioni e ambiti concreti in cui per cambiare la cultura occorre cambiare anche norme giuridiche, attuare gli strumenti procedurali già esistenti, finanziare sostegni e tutele. È necessario finanziare le case delle donne, i centri antiviolenza e tutto il sistema faticosamente costruito spesso da volontarie per offrire sostegno alle donne in difficoltà. È altrettanto necessario che le donne siano messe nelle condizioni di poter lavorare anche part-time con la stessa retribuzione degli uomini e soprattutto abbiano a disposizione strutture quali asili nido cui poter affidare figli e figlie. È necessario che non solo le donne denuncino e chiedano aiuto ma che gli uomini delle forze dell’ordine delle istituzioni ma anche quelli delle loro famiglie, delle loro parentele e delle loro amicizie ascoltino le loro richieste di aiuto le prendono sul serio si dimostrino interessati e disponibili a dar loro seguito. È necessario, credo, che noi uomini ripensiamo attivamente i nostri ruoli, che ognuno di noi nel suo quotidiano sgretoli almeno un sasso di quel macigno che è l’ordine simbolico maschile, non per un malinteso senso di colpa che non porta a nulla, ma sulla base della consapevolezza che la cultura del potere e del dominio maschile produce sì controllo ed efficienza ma anche sfruttamento e morte. Ce lo racconta tra l’altro la novella di Calvino Un re in ascolto nella quale la testimonianza dell’unicità dell’essere umano e del suo carattere relazionale viene proprio dal canto di una donna, capace di sconfiggere la mortifera cultura del potere.