Oggi i/le più ritardatari/e staranno forse cercando gli ultimi regali di Natale. Sono ben lontano dall’avere consigli. Mi faccio piuttosto qualche domanda, non richiesta, sul significato che il regalo ha nella relazione tra chi lo dona e chi lo riceve. Nel dono c’è infatti indubitabilmente qualcosa di noi, ma ci deve anche essere spazio per il ricevente, se vogliamo che il regalo riesca. Il dono è dunque non solo, sociologicamente, lo specchio delle relazioni sociali all’interno di una determinata comunità ma anche, psicologicamente, lo specchio della relazione tra chi dona e chi riceve.Â
Elevato livello di mentalizzazione
Il dono è un atto che richiede notevole maturità o per meglio dire un notevole livello di mentalizzazione. Non è un infatti un semplice scambio di merci o di interessi nel quale l‘unico fine è quello di guadagnarci o almeno di non perderci. Il dono, come argomenta anche Adorno, richiede la capacità di cedere gratuitamente qualcosa ma anche di immaginare la felicità dell‘altro quando riceve il nostro dono. Il movente principale del regalo è proprio la presunta felicità dell‘altro. Si tratta dunque di compiere un gesto, che si potrebbe dire di amore, proprio perché, per definizione, gratuito. Qualora infatti ci aspettassimo una qualche forma di ricompensa non si tratterebbe più di un dono, ma appunto di uno scambio sotto mentite spoglie.
L’obbligo del dono
Quando poi ci sentiamo in dovere di fare un regalo, come accade spesso in Italia o in altre culture latine o del sud Europa, ad esempio nei confronti del professionista che ci ha assistito con particolare diligenza, stiamo piuttosto esprimendo la nostra gratitudine all‘altro, più che immaginare la sua felicità . Questa forma di omaggio porta inoltre con sé le tracce di una forma di reverenziale riconoscenza di un lontano periodo storico in cui le prestazioni di una persona appartenente ad una classe superiore, venivano considerate più come una gentile benevolenza che una prestazione dovuta. Non a caso nelle culture mitteleuropee e nordiche in cui l’affrancamento da tale mentalità è avvenuto prima e la dedizione all’assistito viene considerato come uno scontato diritto di quest’ultimo, il regalo di riconoscenza avviene molto più raramente, come ho imparato in Svizzera. Forse proprio per questo i miei colleghi/e svizzeri/e non nascondono una certa invidia per i pacchi di cioccolatini e le bottiglie che in vista del Natale pazienti italiani/e e di altre culture mediterranee mi recapitano in studio. In realtà anche in questo gesto di riconoscenza di per sé formale si può esprimere non solo l’omaggio ormai un po‘ d’antan ma anche un vero gesto d’amore. Uno dei più bei regali ricevuti nella mia vita professionale sono stati dei dolci che un paziente turco mi ha portato caldi dal forno di casa. Accanto al desiderio di volermi ringraziare, avevo percepito in quell’occasione la sensazione volesse davvero farmi una gioia, riuscendoci perfettamente. Talvolta il dono in sé può essere apparentemente impersonale, per timidezza, scarsa conoscenza reciproca, ma è il messaggio che lo accompagna a renderlo quanto mai personale perché racconta qualcosa del rapporto che intercorre tra donatore e ricevente, fa riferimento a un momento particolarmente difficile in cui la vicinanza dell’uno all’altro/a è stata molto intensa e significativa. Le parole ci fanno rivivere quella vicinanza, le difficoltà che l‘hanno preceduta e che hanno contribuito a rendere quell‘incontro così significativo. Il messaggio diviene dunque una breve ma significativa narrazione di un rapporto
Sintonia
Nella scelta del regalo più appropriato si manifesta o meno la sintonia del donatore con il ricevente. Non si tratta solo di indovinare i gusti dell’altro/a ma di mettersi anche nei suoi panni senza peraltro dismettere i nostri. Non solo il regalo siamo noi, come diciamo spesso fin troppo retoricamente ma il regalo esprime, consciamente o inconsciamente, noi stessi o almeno una parte di noi, quella che, nella relazione con il ricevente, è più significativa o riteniamo lo sia, ad esempio l‘ironia, lo scherzo o invece la passione. Si tratta in fin dei conti di sintonizzarci su una delle diverse lunghezze d‘onda che, a seconda del grado di conoscenza, amicizia o intimità , abbiamo in comune con il ricevente. Più scarse sono più facile ma anche più scontata è la scelta, più numerose e complesse, più difficile è la decisione ma anche più intenso e profondo il risultato che possiamo suscitare. Non a caso per sottolineare la nostra felicità per il regalo ricevuto, diciamo spesso che il donatore/trice ci ha letto nel pensiero. Gli riconosciamo cioè la capacità non solo di aver riconosciuto i nostri desideri, ma di averli anzi anticipati o addirittura preceduti. Siamo infatti talvolta grati al donatore/trice che ha saputo cogliere una nostra potenzialità ancora prima di noi e ci anima a percorrere quella traccia, non ancora divenuta sentiero abituale. Cosa c’è di più bello che regalare la fiducia ad una persona cara, che possa vincere una nuova sfida con sé stessa?
Pericoli
Se però la nostra lunghezza d‘onda si sovrappone a quella del ricevente, rischiamo davvero non di donare noi stessi, un’immagine del nostro rapporto con il ricevente, ma di regalare all‘altro/a quello che noi vorremmo essere o avere, o addirittura quello che vorremmo che l’altro/a regalasse a noi. Sono i regali „ingombranti“ non tanto per per il loro volume, ma per la concentrazione di narcisismo che contengono. Così pure, quando non ci sforziamo di metterci sulla lunghezza d‘onda altrui, né ce la sentiamo di lasciarci guidare dalle nostre emozioni, tendiamo ad essere schiavi dell’obbligo e a scegliere qualcosa di assolutamente impersonale, che è la negazione del rapporto
Il regalo è la bellezza del rapporto, o almeno di un momento di quel rapporto, che vogliamo in qualche modo ritrarre in un’immagine, capace di suscitare una gioia nell‘altro/a talmente grande da farci dimenticare di avere perso qualcosa (tempo, impegno, soldi). Il dono è la più riuscita delle perdite proprio perché voluta e gratuita
suggerimento musicale a cura di Marco Ganassin Bach Transcriptions Mario BrunelloÂ