Psicoanalisi, omeopatia, pseudoscienze. Questi gli accostamenti che si trovano nell‘articolo pubblicato il 12 novembre sull’Espresso dal titolo „Ma davvero la psicoanalisi è inutile come l‘omepatia?“
Il punto di domanda sparisce già dal sottotitolo che recita „Inaffidabile. Illusoria. Piena di ombre fin dalla sua fondazione. Corbellini, colonna della battaglia contro le “pseudoscienze”, spiega perché la terapia ideata da Freud merita la stessa diffidenza delle altre terapie antiscientifiche. E va quindi bandita dalle aule universitarie“
A dire il vero, più che di un articolo, si tratta di un’intervista al Prof Corbellini, autore del recente “Nel paese della pseudoscienza. Perché i pregiudizi minacciano la nostra libertà” oltreché di una denuncia, dalle colonne della Stampa, contro un bersaglio piuttosto eterogeneo „corsi di omeopatia, biodinamica, agopuntura, medicina tradizionale cinese e psicoanalisi“
Cerco di mettermi nei panni dello (sfortunato) lettore, digiuno di psicoterapia e psicoanalisi, che confida di essere illuminato dal grande maestro, „professore di bioetica all’università La Sapienza di Roma e dirigente CNR“.
L’artificio retorico per catturare l’interlocutore e dimostrare la propria imparzialità è più o meno lo stesso del tale che dice di avere amici omosessuali, neri, zingari, ma. Anche il Prof. Corbellini ci rassicura „Non voglio essere frainteso: quando studiavo filosofia all’università, ho letto parecchia psicoanalisi.“. Facendo due conti, essendo il Prof Corbellini nato nel 1958, la sua „parecchia psicoanalisi“ (quale? si misura a chili?) risale agli anni 70- 80, giusto una cinquantina d‘anni fa. Il libro citato da Corbellini che avrebbe „demolito“ (?) Freud, “Freud, biologo della psiche” di Frank Sulloway, risale al 1982. Sarebbe come se io per la cura dei miei attuali pazienti mi basassi sui testi di psichiatria d‘allora.
Fatta comunque questa premessa, Corbellini parte all‘attacco
„Non esiste un solo trial clinico che provi l’efficacia della psicoanalisi: peraltro sarebbe impossibile farlo.“
Ora, la psicoanalisi è dalle sue origini contestata, c‘ha messo del suo per farsi osteggiare, rifiutando a lungo il confronto con la psicologia e la biologia, ma sostenere che non esistano evidenze sperimentali a favore della psicoanalisi è disinformazione. Si può disquisire se sia „‘disinformation’ (informazione falsa creata con l’obiettivo causare un danno), ‘misinformation’ (informazione falsa diffusa inconsapevolmente) o ‘malinformation’ (informazione che pur essendo vera è diffusa con l’obiettivo di causare un danno)“ https://www.valigiablu.it/disinformazione-fake-news-propaganda/ ma è certo informazione scorretta.
In „An open door review of outcome studies in psychoanalysis“ (374 pagine, bibliografia inclusa) pubblicato già nel 2001 da prestigiosi docenti universitari e psicoanalisti e a tutti accessibile in rete, si trovano tutti i trial clinici, descritti in abstract e in esteso, in cui il trattamento psicoanalitico è stato sottoposto a osservazione scientifica e/o comparato con quello di altre terapie. Non posso naturalmente qui soffermarmi sui singoli studi: molto interessante ad esempio quello londinese di Fonagy che ha messo a confronto pazienti con gravi disturbi borderline di personalità e, in aggiunta, altri disturbi psichici, seguiti in regime di day Hospital: gli uni con le terapie abituali, gli altri che oltre a queste beneficiavano di una terapia psicoanalitica intensiva controllata e supervisionata. Il tasso di suicidio di questi ultimi si è drasticamente ridotto dopo sei mesi di trattamento ed è rimasto tale per tutti i 18 mesi dello studio. Analoga anche se più lenta la riduzione dei comportamenti autolesivi.
I risultati riassuntivi di tutti gli studi dimostrano che il trattamento analitico, anche se in misura diversa a seconda dei disturbi e dei contesti, porta indubbi benefici, nettamente superiori al placebo, con miglioramento non solo dei sintomi ma anche della capacità lavorativa, dell’empatia, della resilienza, e con sorprendenti aspetti positivi anche finanziari. In particolare
1.2 Completed analyses invariably associated with greater benefits (CURP, BIIIA, BPIS)
1.3 Longer treatment has better outcome (NYPIS, CURP, HSB, BPIS, BJS)
1.4 Psychoanalysis can bring the functioning of a clinical group to the level of the normal population (TSS, SKIS, BJS)
1.5 Intensive psychoanalytic treatment is generally more effective than psychoanalytic psychotherapy (CURP, BIIIB, AFC4, LAS)
1.6 Superiority of psychoanalysis over psychotherapy sometimes only becomes apparent some years after the treatment has ended (SKIS, AFC3)
1.7 Superiority of psychoanalysis over psychotherapy sometimes not maintained at long term follow up (HAS, BPIS)
1.8 There are suggestive findings that psychoanalysis and psychoanalytic therapy are cost beneficial and perhaps even cost effective (NPS, TSFC, BJS, TKS) but in some studies group therapy is shown to be even more cost beneficial (TKS)
1.9 Psychoanalysis can lead to a reduction in health care related use and expenditure (BII, BJS) and this is maintained for a number of years after therapy ends (TKS)
1.10 Psychoanalysis can also lead to increases in health care use (SKIS)
1.11 Psychoanalytic treatment can lead to a reduction in the use of psychotropic medication amongst inpatients (BIIIA)
1.12 Psychoanalysis has been shown to be associated with an improvement in the capacity for work (BII, BIIIA, BJS, TSS)
1.13 Long term effects of successful psychoanalysis may include resilience in relation to the expected sequelae of early disturbance (AFCIII)
1.14 Long term psychoanalytic therapy can reduce borderline symptomatology in the long run (NPS, MCFO, NSW, LPHS) and these improvements are maintained (NPS, NSW)
1.15 Psychoanalysis may be an effective treatment for severe psychosomatic disorders (AFC1, BIIIA)
Analoghi risultati molto positivi sono stati dimostrati anche per le psicoterapie psicoanalitiche cioè per quelle tecniche di psicoterapia che si basano sul modello teorico analitico ma che hanno modificato modalità e frequenza della psicoanalisi adeguandole ai disturbi, alle condizioni attuali e alle nuove conoscenze. Le ricerche più recenti, anche se rese difficili dalle particolarità della terapia psicoanalitica, hanno dimostrato che quest’ultima ha un efficacia uguale a quella della terapia cognitivo-comportamentale a lungo considerata la terapia standard di riferimento.
In aggiunta la terapia psicoanalitica ha dimostrato di manifestare i suoi effetti positivi in svariati disturbi (depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi somatoformi, della condotta alimentare, disturbi di personalità) per un periodo di tempo più lungo, migliorando sempre più nel tempo la vita soprattutto emozionale di pazienti anche gravi. In particolare Jonathan Shedler
„reported that RCT studies supported the efficacy of PDT for depression, anxiety, panic, somatoform disorders, eating disorders, substance related disorders, and personality disorders. He compared the meta-analytic studies of PDT with the meta-analytic studies of CBT and related therapies. The psychodynamic outcome studies tended to have similar or larger effect sizes as the “empirically supported” non-psychodynamic treatments. […]
Further, while the benefits of the non-psychodynamic empirically supported therapies tend to decay over time (Westen, Novotny, & Thompson-Brenner, 2004), PDT has enduring benefits. For example, Bateman & Fonagy, (2008) found that five years after treatment completion (and eight years after treatment initiation), 87% of patients who received “treatment as usual” continued to meet diagnostic criteria for borderline personality disorder, compared to 13% of patients who received PDT. No other treatment for personality pathology has shown such enduring benefits.
Shedler presented five independent meta-analyses showing that the benefits of PDT not only endure but also increased with time.
Corbellini, bontà sua, precisa „Io non sto dicendo che le psicoterapie psicodinamiche non funzionano, in assoluto, ma che se qualcosa fanno non è in ragione delle spiegazioni psicoanalitiche.“ E con equilibrio e sobrietà, aggiunge „Non c’è niente, davvero niente, che vada oltre le chiacchiere, nella psicoanalisi.“ […]„È pseudoscienza“ Peccato che proprio le neuroscienze, dunque le scienze attuali più „scientifiche“ ed innovative confermino le geniali intuizioni freudiane sulla psiche in fatto di inconscio, pulsioni, attaccamento, Transfert e controtransfert, al punto che dall’incontro tra Neuroscienze e psicoanalisi è nata una nuova disciplina la neuro-psicoanalisi. I grandi meriti di Freud non consistono certo nella sua terminologia ormai superata (fase orale, anale genitale, nelle sue stereotipate interpretazioni sessuali) ma nell’aver intuito un modello di psiche in cui la parte inconscia la fa da padrona sul conscio, come ci dimostrano oggi le neuroscienze. Freud ha avuto il coraggio di individuare nella pulsione sessuale e aggressiva le forze motrici del nostro sentire ed agire ma ha avuto anche l’intuizione di comprendere che è il legame tra madre/padre e bambino nelle primissime fasi della vita quello che plasma le modalità di sviluppo di quest’ ultimo . Così come il legame tra paziente e terapeuta, che ne è la rimessa in atto, è la principale leva per cambiare in profondità disturbi di relazione e di comportamento. Fortunatamente, come in ogni disciplina scientifica, concetti e tecniche antiquate sono state modificate, il focus si è spostato dall’interpretazione dei contenuti all’osservazione delle relazioni fino alla scoperta delle diverse modalità di attaccamento (Bowlby) e ora dei momenti significativi (prevalentemente inconsci) tra paziente e terapeuta. La teoria psicoanalitica attuale è, per fortuna, molto diversa da quella di 50 anni fa, e si è necessariamente aperta alla biologia, alla psicologia, alle neuroscienze come testimonia, tra gli altri Neuroscienze e teoria psicoanalitica
Kandel, premio Nobel per la medicina, psichiatra con formazione sia psicoanalitica che comportamentale, tutt‘altro che tenero con la psicoanalisi e soprattutto con gli psicoanalisti, riconosce però, nel suo “Biology and the future of psychoanalysis: a new intellectual framework for psychiatry revisited” del 1999, che „la psicoanalisi rappresenta ancora la visione della mente più coerente e soddisfacente dal punto di vista intellettuale“. Kandel rimpiange che „ la psicoanalisi non si è evoluta scientificamente. Specificamente, non ha sviluppato metodi oggettivi per dimostrare le eccellenti idee formulate all’inizio“. Egli la invita a sviluppare „una più stretta relazione con la biologia in generale e con le neuroscienze cognitive in particolare“ cosa che, per fortuna, nonostante molte resistenze, sta finalmente avvenendo. Kandel è affascinato nel „pensare al successo della psicoanalisi nel produrre modificazioni persistenti delle attitudini, abitudini, e comportamenti consci e inconsci, producendo alterazioni nell’espressione genica che portano a modificazioni strutturali nel cervello“. Ritiene perciò “..che una disciplina unificata di neurobiologia, psicologia cognitiva e psicoanalisi dovrebbe creare una nuova e più profonda comprensione della mente“. Di multidisciplinarità e di integrazione tra scienze umane e naturali, non di anacronistiche crociate, abbiamo bisogno nel 21 secolo.
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