Nel bene e nel male tutte/i abbiamo bisogno di un Natale. Di una nascita che dia inizio, anzi un nuovo inizio a ciò che, come la vita, si consuma, divenendo insignificante routine, si sfalda progressivamente tra le nostre mani senza che ce ne accorgiamo, talvolta si lacera tragicamente, lasciandoci solo cocci.
Riti e calendari
I cristiani festeggiano il 25 dicembre la nascita di Gesù, il Dio fatto uomo, concepito da una donna, partorito in una stalla e morto poi sulla croce per salvare uomini e donne. In Iran, ma anche in Afghanistan, Azerbaigian e Tajikistan il 21 dicembre, la notte più lunga dell’anno, si celebra la notte di Yalda (la Notte della Nascita), una festa che ha antichissime origini zoroastriane, era originariamente chiamata Shab-e Chelleh e fu inserita nel calendario ufficiale iranico già nel 502 a.C.. Shab-e Chelleh, – apprendo – significa «La notte dei quaranta», perché apriva le porte ai primi 40 giorni dell’inverno. Quando, nei primi secoli dopo Cristo, numerose comunità di cristiani orientali emigrarono in Persia portandovi le loro tradizioni religiose, tra cui il Natale – indicato dalla parola siriaca Yalda, che significa Nascita – la vicinanza della ricorrenza cristiana con il solstizio invernale portò a un sovrapporsi con la Shab-e Chelleh per cui anche gli zoroastriani cominciarono a chiamare la loro festa Yalda (la Notte della Nascita), nome che ha poi prevalso su quello originario. La nascita giunge però solo alla conclusione di una notte drammatica nella quale per difendersi dagli attacchi demoniaci, le persone si devono radunare insieme, vegliare e non addormentarsi, perché altrimenti le forze del male avrebbero la meglio.
I cristiani ortodossi festeggiano il Natale il 7 gennaio perché “utilizzano il calendario giuliano, creato sotto il regno di Giulio Cesare nel 45 a.C., e non hanno adottato il calendario gregoriano, proposto dal latino papa Gregorio di Roma nel 1582” Anche per gli ortodossi il Natale è correlato con un periodo di quaranta giorni, ma sono quaranta giorni di digiuno che precedono il Natale, la cui celebrazione coincide cronologicamente con la nostra Epifania.
Avvenimenti e significati
Differenti culture hanno dato dunque origine a differenti tradizioni, religioni, riti e calendari. A loro volta avvenimenti storici imprimono significati di volta in volta diversi a quegli stessi rituali. Quest’anno in Iran la Yalda ha assunto anche il carattere di ritorno alle antiche tradizioni identitarie zoroastriane e di rivolta contro la crudele dittatura islamica, che sta brutalmente reprimendo la protesta delle donne e degli uomini dell’Iran con incarcerazioni, pestaggi, rapimenti, torture, stupri e condanne a morte. In Ucraina c’è chi ha proposto di anticipare la celebrazione del Natale dal 7 gennaio al 25 dicembre per non trovarsi nella situazione di festeggiare il Natale lo stesso giorno in cui lo festeggiano gli aggressori russi. In Europa le tradizioni religiose cristiane del Natale vengono messe in discussione per evitare discriminazioni verso altre religioni. La ricercata tolleranza rischia però di divenire talvolta indifferenza come ci viene giustamente rimproverato ad esempio proprio dalle donne iraniane offese dal fatto che, per quieto vivere e soprattutto per interessi economici, accettiamo anche istituzionalmente, tradizioni – quali ad es il velo per le donne – profondamente ingiuste e discriminatorie nei confronti delle stesse donne.
Un nuovo inizio
Tutte e tutti, stanchi di lottare, abbiamo bisogno del Natale e vorremmo che fosse un nuovo facile inizio, che tutto risana, un fanciullesco e regressivo rito che ci restituisce un’innocenza perduta, un desiderio infantile che d’incanto diviene realtà.
La realtà ci mette sotto gli occhi, e ad alcuni/e di noi sotto la pelle, guerre, torture, soprusi, carestie, povertà, naufragi ma noi vorremmo continuare ad essere o, almeno per un giorno, tornare ad essere bambini. I cristiani sanno che Gesù non è stato solo un sorridente bambino ma che è stato sconfessato dai suoi stessi discepoli, umiliato e crocefisso. Sanno che, come ha scritto T.S. Eliot in Assassinio nella Cattedrale, la pace che egli ha dato ai suoi discepoli è una pace diversa da quella del mondo, tale per cui loro “uscirono a fare un lungo viaggio,
a soffrire per terra e per mare, a incontrar la tortura, la prigione, la delusione, a soffrir la morte col martirio.” Gli zoroastriani sanno che devono vegliare tutta la notte di Yalda se non vogliono che la forza distruttrice incarnata da Ahriman e dai suoi demoni, che si scatenano nella lunga oscurità, abbia la meglio. Gli ortodossi devono digiunare quaranta giorni prima di poter celebrare la nascita di Gesù.
Eppure, nel bene e nel male, tutte e tutti abbiamo bisogno di un nuovo Natale, di una luce, una nuova nascita, una stella che ci guidi dove tutto fa un po’ meno male. Lo aspettiamo dal nostro dio, lo aspettiamo dagli altri/altre, lo aspettiamo forse da chi non ce lo può dare, ma tutte/i meritiamo un Natale. Tutte/i abbiamo bisogno di sentirci per un giorno ancora bambine/i e che qualcuno ci dica che ci ama per come siamo.
Buon Natale!
Immagine di Joseph Hattenberger tratta da @madrugada_m