Un tenero ricordo del Professor Eugenio Borgna


“Solo dal cuore, dall’infinito arcipelago delle emozioni troppo spesso considerate subalterne agli astratti cieli della ragione calcolante, rinascono le voci della nostra anima con il loro timbro udibile o inudibile e il silenzio colmo di parole inespresse” scriveva Eugenio Borgna nel suo “L’indicibile tenerezza”  E aggiungeva: “la tenerezza ci apre al mondo… Nella tenerezza si incrinano le barriere che separano le persone le une dalle altre e si rigenerano slanci del cuore”.
Vorrei muovere da queste parole, ad un tempo semplici e profonde, per ricordare il Prof. Eugenio Borgna, un grande della psichiatria italiana, scomparso pochi giorni fa. 

Una grandezza stupefacente 

La sua grandezza, che ha molteplici aspetti e molte radici, non si manifestava nel potere delle istituzioni che presiedeva (pur essendo stato a lungo direttore del manicomio femminile di Novara), né nella potenza dei suoi incarichi professionali o universitari (aveva avuto la libera docenza alla Clinica psichiatrica Universitaria del Prof Cazzullo, incarico che aveva presto lasciato per andare appunto a dirigere l’Ospedale Maggiore di Novara) e nemmeno nella sua retorica (il suo eloquio non era fluente né a prima vista trascinante). Era la sua una grandezza del cuore, che si abbinava ad una incredibile profondità di pensiero e ad una straordinaria sensibilità umana. La sua figura mi ha accompagnato lungo tutta la mia carriera professionale e se mi permetto qui qualche annotazione personale è solo per sottolineare quale fosse nel Prof Borgna lo straordinario connubio tra l’uomo e lo psichiatra. 

Tenerezza e fenomenologia 

Quando avevo iniziato a leggere i suoi testi fenomenologici I conflitti del conoscere. Strutture del sapere ed esperienza della follia (1988), Malinconia (1992), mi stavo ancora specializzando in psichiatria e i suoi saggi mi hanno guidato nella mia tesi sugli esordi schizofrenici, suggerendomi nuovi modi di avvicinarmi alla schizofrenia e soprattutto di incontrare i/le malati/e, i loro vissuti, le loro dimensioni esistenziali e i loro mondi.
Poi ho avuto il piacere, con l’associazione  uma.na.mente, di accoglierlo, nel 2015, già restio a parlare in pubblico, a Lograto, dove ha tenuto una splendida relazione sugli abissi dell’interiorità
In quell’occasione ho conosciuto l’uomo che si è rivelato come lo psichiatra dei suoi saggi. Non succede molto frequentemente nel mio campo – ma forse un po’ in tutti.

La vita interiore 

Il più grande fenomenologo italiano, colui che ha contribuito a portare in Italia e a sviluppare l’approccio fenomenologico proveniente dalla Mitteleuropa si è fermato a rispondere con commovente gentilezza e ammirevole semplicità a tutte le persone che, a convegno finito, si sono avvicinate a lui per chiedere anche consigli personali. Il ponte tra la complessità della fenomenologia e il malessere di chi gli stava davanti era la sua tenerezza, la stessa che lo portava a sostenere “L’oggetto della psichiatria è la vita interiore di chi è curato e di chi cura, e non il loro modo esteriore di vita”. In una successiva intervista, che ho pubblicato proprio su questo blog qualche anno fa, spiegava con queste semplici parole la fenomenologia: “ L’indirizzo fenomenologico in psichiatria è scaturito all’inizio del secolo scorso dal magistero di uno psichiatra tedesco, Karl Jaspers, che diveniva poi filosofo insigne, e che, cosa apparentemente banale, e invece rivoluzionaria, ha trasformato la psichiatria da scienza naturale, di matrice cerebrale, a scienza umana, considerando la follia come espressione di una condizione umana di sofferenza con la sua dignità, e con la sua libertà ferita. La conoscenza e la cura in psichiatria sono possibili solo nella misura in cui fra chi cura e chi è curato non ci sia distanza fredda e scientifica, ma dialogo e ascolto, vicinanza e rispetto. Sto semplificando cose molto complesse da ogni punto di vista, sia clinico sia filosofico, l’essenza della fenomenologia è stata nondimeno questa”


Un incontro gentile 


Ero stato a trovarlo quando abitava ancora a Novara e, ancora una volta, mi avevano commosso al mio arrivo le sue parole di elogio per il portinaio, un extracomunitario che doveva aver avuto una non facile infanzia alle sue spalle. Ci eravamo messi a parlare naturalmente di fenomenologia e psicoanalisi nel suo bell’appartamento che temevo venisse messo a soqquadro dal mio cane. Incurante di ogni pericolo di danni e con uno sguardo mite rivolto a Thierry, e uno interessato rivolto a me, il Prof Borgna continuava a pormi domande sulla psichiatria, fenomenologia e psicoanalisi svizzera, come se potesse apprendere qualcosa da me, lui che conosceva tutte le opere sull’argomento. Insistette per invitarmi a pranzo e io, sempre più imbarazzato, cercai dí tergiversare o almeno dí poterlo invitare io dopo il disturbo che gli avevo arrecato. A quel punto aveva replicato con un “allora mi vuole offendere” che non accettava repliche.

 

Un pranzo frugale 

 

Mi aveva condotto in un ristorante, di per sé chiuso, ma in cui era evidentemente abituato a pranzare. Il menù, invariato verosimilmente da tempo immemorabile prevedeva riso in bianco e robiola, cui mi sono volentieri assoggettato. Il contorno, assai più ricco, erano le parole del Professore su Leopardi, Rilke, Etty Hillesum, madre Teresa di Calcutta, Nietzsche e molti altri scrittori e filosofi ancora. È un altro merito del Prof Borgna aver intessuto le sue parole sui disturbi psichici e sulle persone che ne soffrono con brani di scrittori e poeti, di cui era grande cultore, perché il “linguaggio apparentemente solo poetico… ci offre istantaneamente la dimensione psicologica e anche clinica (sì anche clinica) della follia”. Solo così, sosteneva il Prof. Borgna, la psichiatria non rimane solo astratta conoscenza teorica ma divenga anche, “scienza umana, psichiatria dell’interiorità, psichiatria che si confronta con l’angoscia e la tristezza, con la disperazione e con il dolore indicibile dell’anima in un atteggiamento di condivisione intensa ed umanissima”. Perché, come amava ripetere, “Noi siamo un colloquio” che è anche il titolo di un altro suo fortunato saggio. Ho avuto la fortuna di rimanere in colloquio con lui. Lettere e mail le sue di una gentilezza e sensibilità straordinarie ma che testimoniavano anche un interesse ed una curiosità intellettuale altrettanto straordinarie, tanto da interessarsi anche a temi quali quelli del digitale e dei social.

Fragilità 


Ma forse la grandezza maggiore del Prof Borgna risiede proprio nella fragilità, quella fragilità che è in noi e che lui stesso ha conosciuto e non ha avuto paura a riconoscere come parte di sé stesso.
Nella psichiatria italiana, per lo più organicista e comunque segnata dalle cifre della potenza e dell‘asservimento al potere, il suo insistere su quelle che Bobbio chiamava le virtù deboli quali la fragilità, la nostalgia, la tenerezza, la gentilezza dell’ascolto del paziente ha segnato una svolta memorabile nella lotta contro un’antiquata cultura scientifica di illusoria forza e obiettivante freddezza, anche perché le parole del Professore erano coerenti con le sue azioni. Già quando era stato direttore del manicomio femminile di Novara aveva provveduto a togliere le contenzioni per le ammalate e in uno dei suoi ultimi saggi L’agonia della psichiatria non si dava pace del fatto che oggi le misure di contenzione vengano ancora largamente impiegate.

Un altrove intravisto 


Il suo è stato al contrario un ascolto gentile, segnato dalla tenerezza “questa emozione fragile e umbratile…dimenticata nella sua grazia e nella sua fragilità, la tenerezza desiderata e sognata, la tenerezza dello sguardo e delle mani, la tenerezza che si incarna nella carezza”.
Con queste virtù di tenerezza, gentilezza e mitezza il Prof Borgna era “alla ricerca di un altrove intravisto e mai raggiunto, di una stella del mattino che non si spenga troppo rapidamente, e sopravviva nel cuore, e alla ricerca ancora di una salvatrice comunità di destino”.
Con la gentilezza di sempre, pochi giorni fa mi aveva fatto giungere la sua ultima opera, “L’ora che non ha più sorelle. Sul suicidio femminile”. Con il mio perenne ritardo, non sono nemmeno riuscito a ringraziarlo. Spero che possa ascoltare in un altrove ora raggiunto il mio commosso grazie.