Intervista al Professor Eugenio Borgna

Ho letto i primi libri del Prof. Borgna quando ho cominciato a frequentare il Servizio di Diagnosi e Cura di Brescia e a incontrare persone che sembravano scomparire ingioiate dalla schizofrenia, dalla depressione, da un’angoscia che i farmaci riuscivano a malapena ad attenuare. Le parole del Prof. Borgna, sia quelle rigorosamente fenomenologiche che quelle dolcemente poetiche e letterarie, aprivano in me e nel mio rapporto con i/le pazienti varchi di comprensione e di speranza. I suoi saggi mi hanno accompagnato nella mia tesi sugli esordi schizofrenici suggerendomi nuovi modi di avvicinarmi alla malattia e di incontrare i/le malati/e, i loro vissuti, le loro dimensioni esistenziali e i loro mondi. Con l’associazione  uma.na.mente, ho avuto il piacere di accogliere, il Prof. Borgna nel 2015 a Lograto, dove ha tenuto una splendida relazione sugli abissi dell’interiorità Ora ho il piacere di intervistarlo in occasione dell’uscita del suo ultimo saggio sulla mitezza.

La mitezza


Gentile Professor Borgna, è appena uscito l’ultimo suo saggio, Mitezza, dedicato ad una virtù certo non molto in voga attualmente, ma che, come lei scrive, ha la forza di farci uscire dall’egoismo e dall’individualismo spalancando le porte alla saggezza. Da dove è nata l’idea di dedicare oggi un libro alla mitezza e ai miti che erediteranno la terra?

La mitezza mi è sempre sembrata una virtù, così la definiva Norberto Bobbio, il grande giurista italiano, di una importanza essenziale nel contraddistinguere una persona nella sua umanità. Si vive in un mondo nel quale sono frequenti, molto frequenti, la indifferenza e la freddezza emozionali, e quale indicibile stupore quando si intravedano le stigmate della mitezza in una persona. La mitezza sconfina nella tenerezza, e in psichiatria quanta mitezza nelle pazienti che seguivo nel manicomio di Novara. La mitezza è fragile e ignorata, e questa mia vela einaudiana ha voluto farla rinascere.

Virtù deboli

Lei aveva già precedentemente dedicato diversi saggi a quelle che Norberto Bobbio ha chiamato le virtù deboli, quali la fragilità, la nostalgia, la tenerezza, la gentilezza dell’ascolto, che lei aveva poi integrato con la speranza (e la disperazione), la follia, il dialogo e la salvezza attraverso le parole. Quale fascino suscitano in lei questi fragili territori dell’animo umano, che vengono spesso, più o meno correttamente, associati alla sensibilità femminile?


Le emozioni, che lei definisce femminili, le ho sempre incontrate nella mia vita, e poi in Clinica universitaria, e in manicomio, e mi sono subito apparse come emozioni ideali, che valeva la pena analizzare e approfondire, fare conoscere meglio sia alle donne sia agli uomini, che così di frequente le ignorano, o le sottovalutano. La follia femminile in ogni caso, senza generalizzare ovviamente le cose, ha connotazioni tematiche più orientate alla fragilità, e alla gentilezza, che non quella maschile.

 

Declinazioni di genere della follia 


Lei è stato direttore della sezione femminile dell’allora manicomio di Novara e tiene a sottolineare in molti suoi scritti le diverse declinazioni che la follia assume a seconda del genere. Quali sono a suo avviso le peculiarità di genere della follia? Le sembra che abbiano subito con il tempo una trasformazione?

 

Sì, sono stato direttore del manicomio femminile di Novara, e, come dicevo, l’atmosfera psicologica era plasmata da una minore tensione, e da una accoglienza più ampia e dialogica, che non erano presenti in quella maschile. Sono connotazioni che fanno parte della vita, e non sono cambiate, direi, nel corso del tempo. Se fossi stato il direttore del manicomio maschile, non so se avrei potuto sopravvivere, anche perché in questo era molto alta la presenza di pazienti in tossicodipendenza in particolare alcoolica.

La fenomenologia 

A lei la psichiatria italiana deve molto, tra l’altro la prosecuzione e lo sviluppo dell‘approccio fenomenologico, originario della Mitteleuropa. Vorrebbe illustrare ai lettori del mio blog, magari un po’ impauriti dai complessi termini della fenomenologia, quali sono i concetti fondamentali di questo indirizzo che ha posto l‘esistenza umana al centro dell‘analisi psichiatrica e psicologica?

L’indirizzo fenomenologico in psichiatria è scaturito all’inizio del secolo scorso dal magistero di uno psichiatra tedesco, Karl Jaspers, che diveniva poi filosofo insigne, e che, cosa apparentemente banale, e invece rivoluzionaria, ha trasformato la psichiatria da scienza naturale, di matrice cerebrale, a scienza umana, considerando la follia come espressione di una condizione umana di sofferenza con la sua dignità, e con la sua libertà ferita. La conoscenza e la cura in psichiatria sono possibili solo nella misura in cui fra chi cura e chi è curato non ci sia distanza fredda e scientifica, ma dialogo e ascolto, vicinanza e rispetto. Sto semplificando cose molto complesse da ogni punto di vista, sia clinico sia filosofico, l’essenza della fenomenologia è stata nondimeno questa, consentendo a Franco Basaglia la rivoluzione pratica e teorica, che ha mutato radicalmente il modo di fare psichiatria in Italia. L’oggetto della psichiatria è la vita interiore di chi è curato e di chi cura, e non il loro modo esteriore di vita. Il dialogo è tematizzato ovviamente dalle parole, ma anche dagli sguardi e dal sorriso. La psichiatria ha bisogno di farmaci, certo, ma questi sono terapeutici solo nella misura in cui siano accompagnati da quello che potremmo chiamare un atteggiamento psicoterapeutico.

La gentilezza 

Un altro grande suo merito è l‘ascolto gentile e più in generale, in una psichiatria organicista, segnata dalle cifre della potenza e dell‘asservimento al potere, il suo approccio gentile al/alla paziente. Vorrebbe raccontare come è riuscito a farsi strada nel suo percorso professionale con la sua gentilezza, facendola divenire strumento e metodo di lavoro in psichiatria?


Il mio percorso professionale è stato molto semplice, direi, nel senso che nei primi anni di vita professionale sono stato in una Clinica universitaria, quella di Milano, nella quale sono stato libero docente, e a poco più di trent’’anni ho lasciato la carriera universitaria, e sono divenuto direttore di uno dei due manicomi di Novara, quello femminile. Il direttore di un manicomio aveva poteri assoluti, la legge gli consentiva completa autonomia nei confronti degli amministratori. Così, grazie alla collaborazione di infermiere e di sorelle religiose, ho potuto senza grande fatica riorganizzare la cura secondo i modelli, che si ispiravano ad una psichiatria fenomenologica fondata sulla interiorità. Ridando ad ogni paziente un suo spazio, interiore, consentendo di uscire nei giardini dell’ospedale, e anche in quelli pubblici attigui.

La letteratura 


Un’altra sua straordinaria dote è quella di far ricorso alla poesia ed alla letteratura, di cui è appassionato cultore, per farci meglio comprendere quanto i processi mentali che si sviluppano nei disturbi psichici siano affini a quelli che oprano in ciascuno di noi, non avendo paura di evidenziare la follia che è in noi. Da dove derivano il suo interesse per la letteratura e la sua idea di intessere, con il delicato cesello della sua parola, letteratura e casi clinici?

La psichiatria tedesca e anche svizzera si sono da sempre orientate ad una psichiatria immersa nella letteratura con testi straordinari, che non sempre si accompagnavano a realizzazioni pratiche, come quelle che ha saputo fare Franco Basaglia. Fra questi testi vorrei citare quelli di Ludwig Binswanger, di V. E. von Gebsattel, di Eugène Minkowski, e di Kurt Schneider. Una cosa ancora: il direttore del manicomio di Novara, Enrico Morselli, aveva scritto lavori bellissimi, di matrice fenomenologica, celebri in tutta Europa, e gli devo molto.

Per chi studia la psiche umana


Se la sente infine di dire qualche parola a chi si avvia ora allo studio della psiche umana? Quali sono le sfide che aspettano i giovani e le giovani psichiatri/e psicologi/ghe? E quali le speranze per chi soffre di disturbi psichici?


Avviarsi allo studio della psiche umana, che riemerga da una psichiatria che sia cura delle sofferenze psichiche, non è forse possibile senza attitudini ad ascoltare, a tenere presente la importanza del dialogo, della gentilezza, della ricerca delle proprie emozioni, e di quelle dei pazienti.
                                                                             Eugenio Borgna

Immagine: Fotografia del Prof. Borgna a Lograto, (BS), in occasione del Convegno 2015 di uma.na.mente „Sorie che curano: tra narrazione e social“