“È proprio della natura umana odiare colui che tu hai offeso” scrive Tacito (“Proprium humani ingenii est odisse quem laeseris” (Agricola, 42, 3)) Confesso di essere rimasto per un attimo perplesso di fronte al passo latino. Pensavo di sbagliare a tradurre: odiare colui che tu hai offeso? Non sarebbe più logico odiare colui che ti ha offeso? Un mio amico, latinista e grecista mi ha rassicurato. Tacito intende proprio che odiamo chi offendiamo, riferendosi in particolare all’odio dell’imperatore Domiziano nei confronti del virtuoso Agricola al quale l’imperatore aveva appena fatto un grave torto. Anticipando Freud, Tacito capisce che odiare è naturale, umano, non abbiamo bisogno di un torto subito per farlo. L’odio, nel caso di Domiziano, rinfocola e giustifica, per così dire, l’offesa stessa. L’odio si coltiva e si auto perpetua nella fantasia del danno da infliggere all’oggetto odiato, sia a livello individuale che collettivo. Anche se è molto spiacevole doverlo ammettere l’aggressività non è caratteristica esclusiva di Domiziano, dei tiranni, degli uomini di potere, dei tempi passati, si trova invece in ognuno di noi, è parte di noi. Nel disagio della civiltà (pag 936-938 ed. dig.Boringhieri) Freud, compiendo un’analisi spietata delle nostre tendenze aggressive, scrive:
L’uomo non è una creatura mansueta , bisognosa d’amore, capace al massimo di difendersi quando è attaccata; È vero invece che bisogna attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue che gli vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e oggetto sessuale, ma anche un oggetto su cui può sfogare la propria aggressività, sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, abusarne sessualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, umiliarlo, farlo soffrire, torturarlo, ucciderlo homo homini lupus. ….
In circostanze che le sono propizie, quando le forze psichiche contrarie che ordinariamente la inibiscono cessano di operare, essa si manifesta anche spontaneamente e rivela nell’uomo una bestia selvaggia alla quale è estraneo rispetto per la propria specie.
Pensando alla nostra esperienza individuale o alla storia della nostra specie temo sia difficile contestare queste considerazioni. Un recente esempio, se ce ne fosse bisogno, viene dal tragico caso di rapimento, violenza e uccisione di una giovane donna in India seguito da inenarrabili scie d’odio e di perversione.
Le considerazioni di Freud sull’aggressività valgono, a maggior ragione, a livello collettivo, ove l’odio si manifesta in forma di dichiarata ostilità tra le nazioni fino alle guerre vere e proprie, che stanno anche ora davanti ai nostri occhi bendati. A livello collettivo gli istinti aggressivi vengono convogliati verso un’altra nazione/popolo consentendo in tal modo di distogliere l’odio dai connazionali rivolgendoli verso chi di tale comunità non fa parte. Pur senza arrivare alla guerra il fenomeno è fin troppo noto. È lo stesso che alimenta il razzismo di ogni genere. In questi giorni in cui la paura/panico del coronavirus ci spoglia delle nostre civili buone maniere, noi italiani, subito dopo averlo agito, facciamo esperienza di quanto il razzismo faccia male quando siamo noi a doverne subire le conseguenze. Eppure il razzismo continua a dilagare , il sovranismo a prosperare.
Freud scriveva, calzante come sempre al riguardo:
È sempre possibile riunire un numero anche rilevante di uomini che si amino l’un l’altro fintanto che ne restino altri per le manifestazioni di aggressività
In questo senso l’odio svolge anche una funzione di allontanamento, distanziamento tra popoli anche vicini. Scriveva il Giusti ai tempi dell’occupazione austriaca in Italia
E quest’odio, che mai non avvicina
il popolo lombardo all’alemanno,
giova a chi regna dividendo e teme
popoli avversi affratellati insieme
Freud conclude realisticamente che è solo la civiltà a poter mettere freno a tali pulsioni aggressive che minacciano costantemente la distruzione del vivere civile. Ciò può avvenire però solo a costo di un grande dispendio di energia, con grandi sacrifici per la nostra sessualità e l’aggressività, e dunque con la conseguenza di una perenne insoddisfazione degli stessi uomini che a tale civiltà hanno dato origine, il disagio appunto della civiltà.
“L’uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza.” (Freud)
Tendenze irrazionali, di volta in volta fasciste, (secondo Freud anche comuniste) ora sovraniste, insinuano in noi la lusinga che sia possibile far a meno dei meccanismi di repressione dei nostri istinti su cui, secondo Freud, si basa appunto la civiltà. È la tentazione della legge naturale del più forte spacciata per libertà, dell’ignoranza venduta come partecipazione, della sovranità nazionale come feticcio che tutto risolve in un mondo in cui ogni processo è complesso e interconnesso.