Innovativo, ma non troppo

Più d’uno ricorderà lo straordinario breve saggio di Carlo Maria Cipolla “Le leggi fondamentali della stupidità umana” in cui il grande storico dell’economia, suddividendo gli individui sulla base della dannosità verso gli altri e verso sé stessi, concludeva che gli stupidi sono i più dannosi, ancora più dannosi dei banditi, poiché arrecano danno non solo agli altri ma anche a loro stessi.
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Mi è venuto in mente questa geniale quadripartizione leggendo il post di Luca De Biase: Quattro scenari sul mercato e là società dopo il COVID19  e la sua continuazione Quattro scenari sul futuro:un ragionamento intermedio In sintesi, Luca De Biase prospetta appunto quattro scenari alternativi di futuro “in funzione di due variabili:
1. Quanto è forte la capacità di una società di fare innovazione
2. Quanto è forte la capacità di una società di darsi una direzione” laddove “l’innovazione è la capacità di inventare, esplorare, testare, applicare, adottare possibili soluzioni alternative a problemi emersi e immaginati in grado di migliorare la situazione in modo stabile“ mentre „la direzione è la capacità di decidere gli obiettivi della società in termini di sviluppo umano, nella consapevolezza delle sfide importanti che occorre vincere per ottenere una vita migliore per la maggior parte della popolazione.”
I quattro scenari che ne derivano vengono così indicati da De Biase
a. Tecno-finanza capitalista (molta innovazione e poca direzione)
b. Progresso umano (molta innovazione e molta direzione)
c. Tecnocrazia burocratica (poca innovazione e molta direzione)
d. Nuovo fascismo (poca innovazione e poca direzione)
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Non ho alcuna competenza economica, finanziaria né tantomeno politica per commentare. Cerco allora di tradurre questi quattro scenari in termini psicoanalitici per rendere a me stesso e a chi mi volesse leggere più chiare le forze psicologiche individuali e collettive in gioco.
Semplificando si potrebbe sostenere che lo scenario a. Tecno-finanza capitalista (molta innovazione e poca direzione) corrisponde sostanzialmente ad uno sviluppo segnato dall’Es freudiano, dunque dagli istinti, siano questi intesi come libero mercato, principio di piacere, di profitto. Di tale evoluzione in termini macro economici (?) e delle conseguenze che ne deriverebbero ha dato una splendida illustrazione Carlo Alberto Carnevale Maffè in un suo recente articolo che si chiude peraltro in forma aperta, “Le global communities professionali, organizzate sempre meno per nazione e per impresa, e sempre più per legami urbani e digitali, si candidano a essere gli attori della nuova fase geopolitica dei prossimi decenni. Vedremo se la loro ritrovata leadership saprà tradursi, socialmente ed economicamente, in un nuovo equilibrio sostenibile.”
Il modello c. Tecnocrazia burocratica (poca innovazione e molta direzione) sembra corrispondere alle ragioni del super Io freudiano dunque alle norme o meglio alla Norma che si pone come unica entità ordinativa e interpretativa del caos della vita.
Nella mia visione, forse poco fantasiosa, tale scenario ha stretti legami di parentela con l’Italia della fase uno e due in cui abbiamo assistito sgomenti ed impotenti alla proliferazione parallela di virus e decreti di dimensioni tali da invadere persino la sfera affettiva e sessuale di noi cittadini (ricordo solo la definizione statale di congiunti e di affetti stabili). Se è vero che uno sviluppo in senso rigidamente normativo e persecutorio di tipo kafkaesco è angosciante, non lo è di meno una evoluzione burocratico-farsesca nella quale la direzione è sempre data, salvo il fatto che cambia orientamento di settimana in settimana. Il nuovo è il pericolo e l’innovazione viene domata e dominata dalla legge, garante dell’ordine costituito – fondato purtroppo sulla disuguaglianza- o ostacolata dalla burocrazia che della legge è la parodia. Nella versione italiana tale scenario assume le caratteristiche  dell‘attesa passiva, inconcludente ma legislativamente regolata, in vista di una non meglio indicata liberazione che verrà dall‘alto, dall‘esterno, dall‘altro ma mai da noi stessi.
Lo scenario d. Nuovo fascismo (poca innovazione e poca direzione), indubbiamente il più inquietante dei 4, è identificabile con il concetto freudiano di regressione a stadi evolutivi precedenti in cui il desiderio non viene sottoposto né alla legge né al controllo della maturità personale. Esso non ha dunque limite alcuno che il proprio arbitrio e diviene così perversione, fino al punto di non tener conto della realtà nel soddisfacimento dei propri (perversi) fini.
Lo scenario b. Progresso umano (molta innovazione e molta direzione) rappresenta naturalmente il migliore dei mondi possibili essendo basato su un Io maturo che riesce a trasformare il desiderio in creatività a vantaggio personale e collettivo all’interno di regole certe ma non soffocanti.
Nello scenario a. la massimizzazione del profitto (del desiderio) va di pari passo con la massimizzazione dell’efficienza – termine che ricorre spesso nell’articolo di @carloalberto – cui si contrappone l’incompetenza inefficace, alla quale viene non a caso attribuita la colpa dell’attuale crisi “non è il virus a essere stato la causa della crisi. Sono la stupidità, l’incompetenza e l’irresponsabilità dei politici, nonché degli elettori che li hanno scelti, ad aver seminato morte e devastazione economica.”
Nello scenario b. il concetto al centro del sistema è quello di giustizia, una giustizia distributiva equa che, secondo le riflessioni di Rawls, tenga conto delle disuguaglianze immeritate e sia tale da creare un ambiente dove i meno avvantaggiati possano ottenere il massimo possibile. Anziché una massimizzazione del profitto si aspira qui alla minimizzazione delle ineguaglianze.
Non vi è dubbio che in tutti i sistemi la forza propulsiva, la benzina, o forse meglio ora l’elettricità, scaturisca dal desiderio (di piacere, profitto, progresso etc), ciò che cambia Nei diversi scenari è la volontà e o la capacità di porvi argine. I risultati che ci troviamo davanti oggi non appaiono proprio incoraggianti. Concordo pienamente con il giudizio estremamente critico sull‘incompetenza della classe politica dirigente ad ogni livello (regionale lombardo, nazionale, internazionale), sono (divenuto) assai più cauto sulla possibilità di orientare l‘intero sviluppo di una società grazie alla competenza dei leader, alla tecnica o alle strategie di politica sanitaria o altro. Quello che fa saltare le previsioni, i conti, i progetti così promettenti a tavolino, è proprio l‘inconscio, quel qualcosa che sembra andare contro ogni principio di ragionevolezza e tuttavia fa la storia inducendo i lombardi a scegliere Fontana e Gallera , gli americani Trump, i brasiliani Bolsonaro. Esattamente per lo stesso motivo ci saremmo aspettati che fossero gli Stati occidentali economicamente più sviluppati e più attrezzati dal punto di vista sanitario a fronteggiare meglio la pandemia. Invece Taiwan, la Corea del Sud, Singapore ma anche Tailandia, Grecia, Albania, Romania, Bulgaria  hanno fatto straordinariamente meglio di noi. Li ha aiutati la consapevolezza della loro fragilità? È quantomeno lecito domandarselo e rifletterci.