Non devi comprendere la vita

“Il segno più evidente della saggezza è il buon umore” scriveva oltre mezzo millennio or sono Michel de Montaigne, che saggio si può presumere fosse, ma sul cui buon umore è lecito dubitare. D’altro canto il binomio saggezza e buon umore o almeno serenità d’animo è proprio dell’età e della tradizione classica. Al più tardi a partire dal romanticismo diviene prevalente invece l’associazione inversa tra facoltà di riflessione e tristezza – e il saggio “Perché pensare ci fa tristi” di George Steiner ne è un geniale condensato. In ogni caso la saggezza è stata da sempre associata all’età matura, se non anziana, quando il venir meno delle turbolenti passioni giovanili lascerebbe il posto ad una ponderata serenità di giudizio.
Tutti gli studi psicologici condotti negli ultimi decenni hanno inequivocabilmente dimostrato che la felicità aumenta nella seconda metà della vita. Le persone dai 50 anni in su tendono a provare più emozioni positive e di maggiore intensità e invece meno emozioni negative in un dato giorno rispetto ai giovani adulti, indipendentemente dal reddito o dall’istruzione e ciò in svariati campioni nazionali.
Se pur questo dato sembra mettere d’accordo tutti – il ché in psicologia e psichiatria è una specie di miracolo – la sua interpretazione è tutt’altro che univoca – che “psi” saremmo? La maggior felicità delle persone mature-anziane è semplicemente evitamento dello stress, dei rischi, in definitiva della vita? O deriva davvero dalla migliore capacità di gestione della vita con l’avanzare dell’età, dunque da una sorta di saggezza?
La pandemia, come ben illustrato in un recente articolo del New York Times ha rappresentato, purtroppo, la condizione ideale per mettere alla prova le due ipotesi. In uno studio pubblicato su psychological Science  sono state esaminate frequenza e intensità di emozioni positive e negative in un campione rappresentativo di 1000 americani/e dai 18 ai 76 anni. Ebbene,
l’età matura era associata a un benessere emotivo relativamente maggiore dimostrando che il benessere emotivo relativamente migliore degli anziani persiste anche di fronte a uno stress prolungato. Un’altra analoga ricerca della British Columbia University giunge a conclusioni sovrapponibili: “L’età avanzata è associata a una minore preoccupazione per la minaccia del Covid-19, a un migliore benessere emotivo e a più eventi positivi quotidiani “. Paradossalmente le persone più minacciate dal COVID sono quelle che si lasciano meno rovinare dallo stress.
È lecito dunque dedurne, come scrive l’articolista del NYT che “dopo la mezza età, le persone diventano più consapevoli di un orizzonte temporale che si restringe e, consciamente o meno, iniziano a concentrarsi su attività quotidiane che sono intrinsecamente più piacevoli degli (accaniti sforzi) di miglioramento personale”. Le persone mature anziane sono insomma “arrivate ​​ad accettare se stesse per quello che sono, piuttosto che per quello che ritenevano di dover diventare.”
A cinquantanove anni, con alcuni fallimenti alle spalle, un appassionato e appassionante ma certo non illustre esercizio della mia professione, mi chiedo se questa conclusione valga anche per me. Credo di sì. Senza rassegnarmi, con una passione temprata dalle delusioni innanzitutto mie verso me stesso, mi sembra di aver potuto col tempo prendere meglio le misure ai miei ideali ed anche a me stesso, accettando di vestire vestiti di sartoria, un po’ sgualciti, con qualche rattoppo eppure adatti a me e al mio cammino. Sono meno preoccupato di sporcarli e più aperto a scoprire i mille fiori che ogni giorno si dischiudono davanti a me e vi restano impigliati, come il bambino della poesia di Rilke:
Tu non devi comprendere la vita.
E allora sarà come una festa.
Lascia che ogni giorno ti accada
come a un bimbo in cammino che da ogni brezza
riceve in dono tanti fiori.
A raccoglierli e conservarli
il bimbo non pensa un minuto.
Li scioglie dai capelli
dove felicemente s’imprigionavano
e ai suoi giovani amati anni tende le mani,
che gliene porgano ancora.
(Rainer Maria Rilke, Prime poesie, 1898
Traduzione di Ulderico Pomarici)
Immagine tratta da @IrenaBuzarewicz