Il salto dell’esperienza

Se aveste la possibilità di diventare un vampiro – senza per questo provare dolore e senza infliggerne ad altri, ottenendo incredibili superpoteri in cambio della rinuncia alla vostra esistenza umana, con tutti i vostri amici che hanno fatto il salto e ve lo consigliano – lo fareste?
Questa curiosa domanda sta alla base del saggio Transformative Experience della filosofa L.A. Paul, di cui ignoravo l’esistenza prima di aver letto l’ennesimo illuminante post di Maria Popova sulla sua rubrica The Marginalian 
Indipendentemente dalla scelta che ognuno di noi vorrebbe compiere a riguardo del diventar vampiro, è abbastanza facile immaginare che si tratterebbe comunque di una decisione per la quale non abbiamo sufficienti informazioni non avendo mai sperimentato in precedenza la condizione di vampiro ed essendo i nostri amici che ce lo consigliano in una condizione irrimediabilmente lontana dalla nostra, ancora umana. Ma non è in fin dei conti così per tutte le principali scelte che ci troviamo ad affrontare nella nostra vita? Quante di queste sono davvero informate e in quante decisioni possiamo esprimere un consenso davvero informato, a partire dalle operazioni cui ci sottoponiamo dopo che il chirurgo ci ha esposto la percentuale statistica di riuscita e di complicazioni dell’operazione stessa? Lui non ci può dire però a quale delle percentuali noi apparterremo né tantomeno possiamo saperlo noi, pur avendo scorso le migliaia di informazioni che abbiamo trovato su Internet che non ci hanno risolto il problema ma ci hanno consentito di mettere in dubbio il chirurgo, l’operazione stessa e probabilmente l’intero sistema sanitario. Possiamo fidarci della statistica o del parere dei nostri amici e parenti, lontani conoscenti, che abbiamo casualmente ricontattato per l’occasione, ma né l’una né gli altri ci potranno davvero dare informazioni utili per la nostra specifica situazione. Se è così per una operazione chirurgica fondata su metodi scientifici sui quali si regge per fortuna il nostro sistema sanitario e organizzativo in generale, cosa dire e poi delle scelte ben più difficili e dagli esiti ancora più incerti che riguardano la nostra vita privata? Andare a studiare a Londra, a Berlino, New York o rimanere in Italia? Mettersi in proprio o rimanere in ditta? Aprirsi al rapporto con Luca o Giovanni? uscire con Beatrice ma mantenere anche il rapporto con Benedetta? Convivere o starsene ognuno/a nel proprio appartamento? Addirittura sposarsi? Per la prima, seconda o terza volta?

Conoscenza aperta 
Mi sembra si possa delineare allora una sorta di doppio registro per ciò che concerne le informazioni necessarie alle scelte.
In tutti i campi non solo del nostro sapere ma anche della nostra vita sociale organizzata è fondamentale avere non solo sempre più dati, ma anche che questi dati siano a tutti disponibili, in modo da facilitare ulteriormente quel processo di “open innovation” sviluppato da Chesbrough – di cui, scusandomi per la mia ignoranza, ignoravo l’esistenza prima di aver letto il post di Luca De Biase “L’open innovation cresce e ora deve risolvere problemi complessi, come il clima”. Ho appreso infatti che Chesbrough, “nel suo libro fondamentale, “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology” (2003),… ha mostrato come i sistemi nei quali le aziende sviluppavano tutta la ricerca in casa erano meno innovativi di quelli nei quali si assisteva a una pratica di collaborazione scientifica e tecnologica tra aziende, università, start up, venture capital, e sperimentando metodi come il crowdsourcing, le hackathon, il co-design, e così via” Dal post di De Biase ho pure appreso che Chesbrough nel suo nuovo libro “Open innovation results” “suggerisce che la nuova versione dell’”open innovation” non si deve limitare a generare nuove conoscenze sulle soluzioni possibili ma deve essere arricchita dalla capacità del sistema di disseminare quelle conoscenze e di assorbirle”.

Esperienza 
Nel caso invece di scelte trasformative come appunto quella di trasformarsi in vampiro ma anche in quella di diventare imprenditore, studente, migrante, padre, madre, amante omo-, eterosessuale, non binario etc alcune conoscenze di base sono naturalmente necessarie ma non sufficienti per decidere. Come afferma infatti L.A.Paul

For many big life choices, we only learn what we need to know after we’ve done it, and we change ourselves in the process of doing it. I’ll argue that, in the end, the best response to this situation is to choose based on whether we want to discover who we’ll become.

Nel caso dell’esperienza infatti, come rileva Maria Popova, non solo la conoscenza dell’esperienza di un individuo può essere inaccessibile a un altro individuo, ma anche ciò che si può conoscere di sé stessi in un momento può essere inaccessibile in un altro momento. Inoltre, e mi sembra un punto fondamentale, nell’esperienza personale la disponibilità a fare scelte trasformative non dipende tanto dalle informazioni e conoscenze a nostra disposizione ma piuttosto dalla fiducia che noi abbiamo in noi stessi. Questa deriva a sua volta dalla fiducia che i nostri genitori, più esattamente i caregiver e le figure di riferimento della nostra infanzia hanno avuto nei nostri confronti consentendoci di sviluppare uno stile di attaccamento sicuro. Ciò vuol dire in definitiva sviluppare fin dalla prima infanzia un senso di sicurezza che porta il bambino a pensare che l’aiuto del genitore sia utile e a prendere esempio da lui per affrontare e risolvere in maniera costruttiva i problemi in futuro. Le ricerche dimostrano infatti che gli adulti con attaccamento sicuro hanno un basso livello di angoscia personale, una bassa paura del fallimento e si avvicinano positivamente a un compito con l’obiettivo di risolverlo, sono propensi all’esplorazione e alla collaborazione nonché mentalmente flessibili. Ma queste persone così sicure, che io confesso di non aver avuto la fortuna di incontrare così frequentemente, diventerebbero vampiri?

PS studi dicono anche che anche le persone con attaccamento insicuro possono guadagnare un attaccamento sicuro, il cosiddetto earned secure attachment.


Immagine: Edvard Munch, Vampir, 1893