Clima, aggressività e social media

“In queste giornate di caldo il sangue, inviperito, ribolle” constata preoccupato Benvolio nel terzo atto di Romeo e Giulietta invitando pertanto Mercuzio a ritirarsi per evitare una rissa con i Capuleti.
Che il caldo desse alla testa e più in generale il tempo influisse sullo stato psichico degli individui s’era sempre sospettato, ben prima di Shakespeare.
Nel frattempo la correlazione tra riscaldamento atmosferico e aumento dell’aggressività è divenuta di grande attualità. Studi hanno dimostrato che il disagio fisico diretto causato dalle temperature calde provoca violenza e aggressività. In secondo luogo, i cambiamenti climatici peggiorano le condizioni socioeconomiche che sono risultate essere indicatori di comportamenti inclini all’aggressività. In terzo luogo, il cambiamento delle condizioni climatiche e l’aumento degli eventi meteorologici estremi rafforzano le aggressioni a livello di gruppo, ad esempio attraverso eventi di ecomigrazione più frequenti.
Ora uno studio pubblicato su Lancet dimostra che le temperature influenzano significativamente anche l’aggressività online, dunque l’hate speech. La ricerca ha analizzato , tramite apprendimento automatico supervisionato, 4 bilioni di Tweet geolocalizzati provenienti da 773 città degli USA tra il 1 maggio 2014 e il 1 maggio 2020 ed è giunta alla conclusione che: “la prevalenza dei tweet di odio è stata più bassa a temperature moderate (da 12 a 21°C) mentre sono stati osservati forti aumenti nel numero di tweet di odio a temperature più calde e più fredde. In particolare c’è stato un aumento fino al 12.5% per temperature estreme fredde (da -6 a -3°C) e fino al 22.0% per temperature estreme calde (da 42 a 45°C).”
Il minor numero di tweet di odio si è verificato tra le temperature di 15°C e 18°C. Il numero di tweet di odio è rimasto comparabilmente basso per le fasce di temperatura direttamente adiacenti, ma è aumentato bruscamente per le temperature più calde di 27°C e più fredde di 6°C.
Si è inoltre potuto constatare che non solo il volume dell’hate speech su Twitter aumenta con le temperature più estreme, ma anche che la percentuale di odio in tutti i tweet aumenta.
La forma della curva temperatura-odio è risultata solida in diverse zone climatiche, indipendentemente da reddito, credenze religiose e politiche e aggregazioni a livello di città e di Stato. Tuttavia, le fasce di temperatura con la più bassa prevalenza di tweet di odio erano centrate intorno alla temperatura media locale e l’entità dell’aumento dei tweet di odio per le temperature calde e fredde variava tra le zone climatiche.

Potrebbero essere dati interessanti per Elon Musk, il nuovo proprietario di Twitter che sembra avere convinzioni piuttosto singolari sull’hate speech. Leggendo i suoi tweet sorge legittimo il dubbio che la sua conoscenza del tema derivi più dalla pratica che dalla teoria  


La stessa arrogante mancanza di rispetto dimostrata in questo Tweet per tutto e per tutti, comprese le persone malate, è divenuto lo stile, la cifra comunicativa della nuova gestione Musk di Twitter, facendo danni immensi, come rileva Luca De Biase

But now that Musk’s communication style is being applied to Twitter and thus impacting the culture, the information, and the minds of hundreds of millions of people, it becomes especially harmful, to himself and to others.
In the complexity that provides context for media dynamics, Musk’s arrogant assertiveness generates consequences that are disastrous for users and contrary to his own stated goals.

Aaron Balick, uno psicoanalista esperto di psicodinamica del social networking, al punto da avervi dedicato già anni fa un libro prezioso , riassume in un Thread le conseguenze psicologiche del comportamento di Musk per la comunità di Twitter. Scrive tra l’altro Balick

Nonostante i suoi difetti, Twitter è un importante mediatore per molti individui che hanno trovato qui una comunità
La recente acquisizione da parte di Elon Musk appare come una minaccia per quello spazio: le sue azioni e i suoi tweet hanno interrotto e minato la fiducia.
Non è ironico che queste comunità utilizzino il mezzo stesso per esprimere paura e rabbia.

Ma vi è un altro aspetto, ancora più importante di quello psicologico, quello sociale e politico rilevato da Stefano Epifani che, prendendo spunto dal “referendum” lanciato dallo stesso Musk sul tema se far rientrare o meno Trump in Twitter, scrive

“E così nasce la “dittatura plebiscitaria di Twitter”, con buona pace di Weber e della tutela dei diritti delle minoranze. Con il “dittatore democratico” di Canfora, novello Cesare, che si è comprato la sua dittatura.
È incomprensibile come non si veda la gravità di tutto ciò.”

Per ironia della sorte, nemesi storica, dopo che Musk, forte del sondaggio favorevole a Trump, gli ha riaperto le porte di Twitter all’insegna di Vox Populi, Vox Dei, Trump ha dichiarato che Twitter ha troppi problemi e che lui preferisce stare sul proprio social network, Truth.
Credo che questi scambi di (s)cortesia tra miliardari padroni di Social Media, che si muovono con la delicatezza dei dinosauri, distruggendo tutto quello che capita loro sotto mano, sia l’immagine più drammatica ed efficace al tempo stesso della crisi in cui versano attualmente i Social Media e noi con loro.

Immagine tratta da Teatro de la Maestranza