Una seduta (senza Freud)

Ieri era il compleanno di Freud, ragion per cui oggi preferirei non scrivere di lui, e nemmeno della psicoanalisi, da lui fondata. Lo hanno già fatto in molti, molto meglio di me, ad es lo psicoterapeuta inglese Aaron Balick in modo originale dal Freud Museum di Londra

La seduta di Mario e di Elena 

Vorrei invece raccontare cosa succede ai nostri giorni in una seduta di psicoterapia ad indirizzo analitico, (o psicodinamica o del profondo) cioè un tipo di psicoterapia che si ispira al modello freudiano ma che si è nel frattempo profondamente trasformata sia nella sua forma che soprattutto nella sua sostanza e nei concetti che la governano. È il mio piccolo tentativo di sgombrare il campo dai tanti equivoci, pregiudizi e stereotipi che dipingono la psicoterapia psicoanalitica (o psicodinamica) come un calderone di vecchie idee freudiane privo di qualsiasi valore scientifico. Per farlo saccheggerò un vecchio ma sempre attuale articolo dello psichiatra americano Jonathan Shedler The Efficacy of Psychodynamic Psychotherapy (di lui anche una bella intervista su Psychiatric Time ) che ne ha dimostrato l’efficacia e la scientificità.

Focus su emozioni e sentimenti 


Immaginiamo che la terapia o meglio le due terapie che descrivo siano già avviate e che con l’ipotetico paziente (Mario) e l’ ipotetica paziente (Elena) si stia lentamente creando un discreto rapporto di fiducia. Mario e Elena avranno nel frattempo fatto l’esperienza che nelle sedute l’attenzione è centrata sugli affetti e le emozioni che ciascuno di loro prova, compresi i sentimenti contraddittori, preoccupanti o minacciosi e quelli che inizialmente Mario faceva fatica a riconoscere. Elena li riconosceva molto bene fin dall’inizio ma la loro espressione le creava inizialmente qualche imbarazzo. Immaginiamo poi che Mario porti nella sua seduta l’episodio accadutogli la settimana precedente di un conflitto con il suo superiore sul lavoro scatenato da una critica di quest’ultimo che Mario ritiene ingiustificata. Elena porta invece nella sua seduta la ferita che le avrebbe inferto la sua responsabile affidando a un’altra collaboratrice un progetto che Elena stava curando da tempo con grande impegno. Dopo che Mario nella sua seduta ha esposto il fatto che in poche parole, mentre Elena nella sua seduta ha descritto l’accaduto con maggiore precisione linguistica e abbondanza di particolari, invito sia l’uno che l’altro a esprimere tutte le emozioni che ciascuno di loro ha provato durante l’accaduto. Per farlo faccio passare l’episodio, anzi ogni suo frammento, alla moviola, chiedendo ripetutamente a Mario e Elena nelle rispettive sedute le parole usate, le sensazioni corporee sperimentate e appunto le emozioni vissute. Non è sempre cosa facile soprattutto per Mario che fatica non solo ad esprimere i propri sentimenti tanto da farli apparire come esseri extraterrestri ma anche a differenziarli perché per lui sembra esistere solo la rabbia. Elena li differenzia molto bene ma tende a ricoprirli di parole, che vi si avvinghiano come se fossero edera fino talvolta a nasconderli.

Ma nelle rispettive sedute non è facile neanche per me che devo sollecitare Mario a dare un volto sempre più differenziato agli extraterrestri e invitare Maria a sfoltire l’edera delle parole per aprire spazi liberi per sentire e riflettere (mentalizzare). Quando poi oltre ai fatti, e ai pensieri, anche le emozioni provate durante l’accaduto sono state sufficientemente espresse e riflettute, potrò giungere alle emozioni che Mario e Elena stanno sperimentando ora, mentre parlano con me e che servono loro per dare significato a quanto accaduto.A mia volta devo tenere ben in mente anche le emozioni che i vissuti di Mario ed Elena suscitano in me e se necessario esprimerli chiaramente perché Mario ed Elena vi possano trovare orientamento.

Difese e resistenze 

Devo inoltre prestare attenzione ai tentativi, consci e soprattutto inconsci che Elena e Mario pongono in atto per evitare di affrontare emozioni o pensieri angoscianti. Devo cioè saper riconoscere le resistenze di Mario e Maria, tematizzarle e discuterle con loro: Signora Elena ho notato che mentre mi stava parlando della sua responsabile si morsicava spesso le labbra e contorceva le mani, se ne è accorta anche lei? Cosa percepisce quando si morde le labbra? ha forse un’idea al riguardo? Sig Mario ho notato che insiste molto sui particolari tecnici, sembra che abbiano molta importanza per lei, cosa suscitano in lei?

Temi e schemi 

Continuando ad analizzare, seduta per seduta, i sentimenti, i comportamento e le resistenze, di Mario e Elena sarò forse giunto ad individuare insieme a loro, temi e schemi ricorrenti nei loro pensieri, nei loro sentimenti, nelle loro relazioni ed esperienze di vita. Potrà ad esempio emergere che Mario di fronte ad esperienze di frustrazione reagisce ripetutamente con una rabbia distruttiva che gli ha già fatto perdere molti amici e creato notevoli difficoltà anche in ufficio. Elena non esprime invece il proprio dolore a parole, si ritira dal dialogo ma la agisce con il suo comportamento, mordendosi le labbra. Mario è consapevole dei suoi scoppi di rabbia, che ritiene peraltro inevitabili, come se qualcun altro in quei momenti si impadronisse di lui. Elena sente il dolore sulle proprie labbra che si serrano quando la ferita diviene insopportabile.

Discussione delle esperienze passate 

Andando a ritroso nella propria memoria, Mario ha riconosciuto che i suoi scoppi di rabbia hanno origini lontane e comparivano in lui in forma analoga già da bambino quando lui aveva la sensazione che il padre si prendesse gioco di lui e dei suoi sentimenti e l’unica forma di difesa era piangere e gridare tutta la propria rabbia. Elena invece, ritornando con la mente alle sue esperienze da bambina piccola con la mamma, si è ricordata sempre più chiaramente di tanti episodi in cui l’espressione diretta dei propri sentimenti non era accettata dalla mamma che le chiedeva di comportarsi sempre “a modo”, senza farsi notare, usando le “giuste” parole. Esplorando quei ricordi ancora così vivi di Mario e Elena, affronto con entrambi la relazione tra passato e presente e “i modi in cui il passato tende a vivere nel presente. L’attenzione non è rivolta al passato in sé, ma piuttosto a come il passato getta luce sulle difficoltà psicologiche attuali. L’obiettivo è aiutare i pazienti a liberarsi dai vincoli dell’esperienza passata per vivere meglio il presente”. (Jonathan Shedler)

Relazioni interpersonali 

L’aver individuato schemi emozionali e comportamentali che si ripetono mi aiuta a riflettere con Mario ed Elena sulle loro attuali relazioni con i rispettivi partner e altre persone per loro importanti. Insieme a Mario ed Elena individuerò il loro stile di attaccamento (sicuro, insicuro evitante, insicuro ansioso, disorganizzato) la modalità di relazione cioè che si è costituita nei primi 18 mesi con le loro figure di riferimento e che si è ripetuta e si ripeterà con altre persone importanti della loro vita. Con Mario analizzerò soprattutto gli aspetti adattativi e disadattativi della sua rabbia, quanto lo aiuti cioè a farsi valere ma quanto tenda anche a incrinare o compromettere le sue relazioni. Con Elena rifletterò in particolare sulla sua straordinaria capacità di far buon viso a cattivo gioco, che le consente a prima vista un ottimo adattamento al prezzo però di una grande sofferenza interiore che rischia di spegnersi sulle sua labbra.

Relazione terapeutica (transfert e contro transfert) 


Progressivamente, di seduta in seduta, la relazione tra Mario e me e tra Elena e me assumerà sempre maggiore rilevanza, divenendo il prototipo di una relazione interpersonale importante ed emozionalmente molto significativa, sulla quale si rifletteranno le modalità di attaccamento, gli stili relazionali e gli schemi emotivi di Mario ed Elena nonché i miei. Progressivamente la rabbia di Mario si riverserà su di me e sarà mio compito non prenderla personalmente ma presentare la sua rabbia e la sensazione che questa suscita in me come materiale, perché Mario riesca a sentire la sofferenza anziché agirla e trovare nuove modalità di elaborazione. Elena tenderà a mordersi le labbra anche con me e ad essere una paziente perfettamente “a modo”. Solo se lo noterò adeguatamente, la incalzerò per farla uscire dalle sue frasi elaborate e farle esprimere le proprie emozioni potrò davvero esserle d’aiuto.

Fantasie e sogni 


Per far questo dovrò aiutarla a parlare liberamente di tutto ciò che le passa per la mente, i suoi desideri, le sue paure, le sue fantasie, i sogni e anche i sogni ad occhi aperti.
L’obiettivo finale della psicoterapia psicodinamica non è infatti solo la remissione del sintomo. Come scrive Jonathan Shedler, “un trattamento (psicodinamica) di successo non dovrebbe solo alleviare i sintomi (cioè liberarsi di qualcosa), ma anche favorire la presenza positiva di capacità e risorse psicologiche. A seconda della persona e delle circostanze, queste possono includere la capacità di avere relazioni più soddisfacenti, di fare un uso più efficace dei propri talenti e delle proprie abilità, di mantenere un senso di autostima realisticamente fondato, di tollerare una gamma più ampia di affetti, di avere esperienze sessuali più soddisfacenti, di comprendere se stessi e gli altri in modi più sfumati e sofisticati e di affrontare le sfide della vita con maggiore libertà e flessibilità.”
Non so se potrò mai aiutare Mario ed Elena ad arrivare fino a questi obiettivi ma certo è appassionante per me provarci e spero non troppo frustrante per Mario ed Elena parteciparvi.