Il termine nostalgia è, come tante parole derivate o ricavate dal greco, un cocktail, che mescola al viaggio (dal greco νόστος «ritorno») il dolore (dal greco ἄλγος «dolore) ad indicare il “desiderio acuto di tornare a vivere in un luogo che è stato di soggiorno abituale e che ora è lontano”
Se nostalgia è il termine nobile, originariamente utilizzato in medicina per definire e al contempo spiegare uno stato psichico, „Heimweh“ è il termine tedesco di uso comune che l‘ha preceduto. Viene registrato per la prima volta nel 1651 nel vocabolario svizzero. Stava ad indicare la malattia che colpiva i soldati svizzeri, i quali, a lungo all’estero per combattere guerre altrui come legionari, cadevano talvolta vittima di una malinconia che li rendeva inabili alle battaglie e dunque “inservibili”. Proprio per questo motivo canzoni svizzere che potessero suscitare sentimenti malinconici erano vietate nelle compagnie svizzere e punite con pene fino alla morte.
Ansia sociale, incompetenza, nostalgia
Accanto a questo aspetto doloroso, la malinconia può avere però anche un’altra funzione decisamente più rassicurante, quella di migliorare lo stato psichico di una persona che si sente socialmente incapace e in conseguenza di ciò dunque ansiosa. A causa della paura di una valutazione sfavorevole, gli individui con un alto livello di ansia sociale infatti adottano tendenze al ritiro e comportamenti di evitamento, riducendo ulteriormente la loro competenza interpersonale. L’attivazione della nostalgia può mediare un miglioramento delle stesse tramite il miglioramento del proprio stato psichico.
Lo dimostra molto bene uno studio pubblicato pochi giorni fa su Social Psychological and Personality Science Gli autori hanno ipotizzato che gli individui socialmente ansiosi, che hanno cioè difficoltà a stabilire e mantenere relazioni sociali, si rivolgano più o meno consciamente alla nostalgia per mitigare i deficit di competenza interpersonale che accompagnano l’ansia sociale. Nei precedenti studi avevano già dimostrato che i soggetti con ansia sociale più alta individuavano più frequentemente l’incompetenza interpersonale come causa scatenante della nostalgia. L’ansia sociale risultava inoltre associata negativamente alla competenza interpersonale, ma positivamente alla nostalgia, che a sua volta prediceva una maggiore competenza interpersonale. Negli ultimi studi, i ricercatori hanno testato se esistesse davvero un causalità tra ansia sociale e malinconia. Essi hanno potuto dimostrare che l’ansia sociale da un lato riduce la competenza interpersonale ma dall’altra attiva la nostalgia che a sua volta aumenta la competenza interpersonale.
Può apparire a prima vista illogico ma seguendo da vicino i passaggi diventa più comprensibile.
Quando le persone provano nostalgia, pensano al loro passato con affetto, calore e, appunto, nostalgia. Ma questo ha sia un effetto psicologico di miglioramento del benessere personale che un effetto sociale. La nostalgia infatti, come indicato nell’articolo, è anche un’emozione sociale che favorisce un senso di connessione sociale e di supporto sociale che aumentano la competenza interpersonale. Inoltre, la nostalgia favorisce l’empatia, la fiducia nel chiedere aiuto agli altri nonché la fiducia e l’ottimismo nella risoluzione dei conflitti relazionali.
Retrotopia
A quale prezzo però? mi viene da domandare.
L’articolo non prende infatti in considerazione né gli “effetti collaterali” psicologici della nostalgia (la regressione psicologica) né la sua componente politica, ben descritta invece da Baumann nel suo ultimo libro, Retrotopia. Retrotopia. Temere il futuro, mitizzare il passato Se infatti la nostalgia diventa, socialmente, il sentimento prevalente, dando luogo ad una vera e propria epidemia, la restaurazione di una presunta gloria passata diviene il nuovo ideale politico. Veniamo infatti indotti dalle nuove ideologie “ad abbandonare il pensiero critico per i legami emotivi” ed assistiamo ai “ risvegli nazionali e nazionalistici in tutto il mondo dediti alla mitizzazione della storia in chiave antimoderna attraverso il recupero di simboli e miti nazionali e, talvolta, il baratto di teorie cospiratorie.” (Boym cit. da Baumann).
Lungotermismo
Dall’altra parte abbiamo imprenditori, tutt’altro che nostalgici, molto lesti a sostituire ad un immagine poetica un simbolo, peraltro antico e controverso quanto il mondo, in vista del profitto, mascherato sotto una pericolosa filosofia lungotermista, in base alla quale, come scrive nella sua tesi di dottorato il filosofo Nick Beckstead, membro del Future of Humanity Institute, vicino a Musk, “Salvare vite umane nelle nazioni povere potrebbe essere meno utile che salvare vite nelle nazioni ricche. Questo perché le nazioni più ricche hanno a disposizione innovazioni considerevolmente migliori e i loro lavoratori sono molto più produttivi. Di conseguenza, è plausibile che, a parità di condizioni, salvare una vita in una nazione ricca sia sostanzialmente più importante che salvarne una in un paese povero.”
E se ci occupassimo ogni tanto del presente?
A proposito, è tempo di ferie. Ci rivediamo a settembre. Buon relax.
Immagine: Renè Magritte, Heimweh