Sintonizzati sulla stessa lunghezza d‘onda

Nel lontano 1970 uno psicanalista, ormai dimenticato dai più, Michael Balint introduceva un concetto ora divenuto comune e quasi scontato non solo in psicoanalisi ma anche in tutta la psicoterapia e nella stessa medicina. Quello di sintonia, di modulazione sulla stessa lunghezza d’onda (tuning in) di paziente e terapeuta. Allora era un concetto tutt’altro che scontato, risultava anzi molto originale e innovativo in un’epoca in cui la psicoanalisi sembrava consistere nell’interpretazione dei sintomi, dei sogni e dei comportamenti inconsci del paziente da parte dell’illustre psicoanalista, cui il/la paziente si rivolgeva con deferente rispetto attendendosi la risoluzione dell’enigma.
“Adesso – scriveva allora, appunto nel 1970, Balint – non viene più richiesta al medico la soluzione di avvincenti enigmi e problemi ma un così preciso “modularsi” (tune in) sulla frequenza delle comunicazioni del paziente da essere in grado di rispondere ad esse quasi senza errori. Perchè medico e paziente possano parlare tra di loro senza grosso pericolo di fraintendimenti, tale condizione di modulazione reciproca (being tuned in) deve perdurare per tutto il tempo dell’intervista.” Balint era allora guidato dalla convinzione che tale sintonia non derivasse solo da un’attiva e consapevole disponibilità ad immedesimarsi nell’altro ma anche da un’apertura ad un possibile e non ancora consapevole accadere. Per Balint infatti la mente inconscia è sempre al lavoro non soltanto nei nostri pazienti ma anche nei terapeuti perché ” la terapia si verifica non nel medico né nel paziente ma tra i due”.

La sincronizzazione delle onde cerebrali 

Ora sappiamo dalle neuroscienze che, come racconta un bell’articolo di Scientific American quando le persone conversano o condividono un’esperienza, le loro onde cerebrali si sincronizzano. “Le aree uditive e visive rispondono ai suoni, alle forme e ai movimenti in modo simile, mentre le aree cerebrali di ordine superiore sembrano comportarsi in modo analogo durante i compiti più impegnativi, come l’elaborazione del significato di qualcosa di visto o sentito.” L’esperienza di “essere sulla stessa lunghezza d’onda” di un’altra persona è dunque reale ed è visibile nell’attività del cervello, anzi si realizza proprio grazie alla sincronia dei cervelli delle persone interessate.
Come indicato nell’articolo menzionato, si è ad esempio osservato che un maggiore allineamento dell’attività elettrica tra studenti ed insegnante può significare un migliore apprendimento. Oppure che maggiore è la sincronizzazione tra le onde cerebrali delle persone che ascoltano musica e quelle dell’esecutore della musica stessa, maggiore è il piacere degli ascoltatori E così via.

 

Sincronizzazione è socializzazione 


Dato che le esperienze di sincronizzazione sono generalmente piacevoli, i ricercatori ritengono che il fenomeno sia benefico, aiutandoci a interagire, al punto che potrebbe aver facilitato l’evoluzione della socialità e potrebbe anche spiegare perché l’isolamento sociale sia così dannoso per la salute fisica e mentale.
Non solo, si è osservato che il fenomeno della sincronizzazione dei cervelli non è un‘esclusiva degli esseri umani, ma anche di altri mammiferi sociali, come i pipistrelli. In un esperimento del 2019, in cui sono state utilizzata l’elettrofisiologia wireless e altre tecnologie per seguire il comportamento e l’attività cerebrale dei pipistrelli per circa 100 minuti, si è notato che anche il loro comportamento è correlato: tendevano a riposare e ad essere attivi negli stessi momenti ed i loro cervelli erano sincronizzati. I periodi di attività comprendevano comportamenti sociali e non sociali, come la lotta o la pulizia personale o reciproca. Nelle situazioni sociali, le correlazioni aumentavano man mano che i pipistrelli interagivano di più e a sua volta l’aumento della correlazione tra i cervelli precedeva l’aumento dell’interazione sociale.

Ma anche in coppie di topi che interagiscono, si è osservato che che la sincronia si manifestava durante l’interazione sociale in corso. Nei topi tuttavia la gerarchia sociale è più marcata, per cui alcuni individui sono dominanti ed altri sottomessi. Sorprendentemente, si sono riscontrati livelli più elevati di sincronia tra i topi più distanti per status sociale – uno dominante e uno sottomesso – e livelli più bassi di sincronia tra i topi più vicini per rango.

Sincronizzazione, tirannia e democrazia 

Ricercatori cinesi hanno trovato qualcosa di simile nei leader e nei loro seguaci anche negli esseri umani. In uno studio del 2015 pubblicato su PNAS la sincronizzazione neurale risultava più elevata tra leader e seguaci che non tra seguaci, suggerendo che i leader emergano sincronizzando la loro attività cerebrale con quella dei seguaci. Inoltre, sembra essere la qualità piuttosto che la frequenza delle comunicazioni dei leader a contribuire in modo significativo all’aumento della sincronizzazione neurale interpersonale, risultato che supporta l’ipotesi della “qualità della comunicazione” nell’emergere dei leader.

Questi risultati ci portano inevitabilmente all’attualità dell’interazione sociale e in particolare di quella dei social, che sembrano fornire la dimostrazione più convincente dell’esperimento cinese: la maggiore sincronizzazione neurale interpersonale avviene tra leader e follower piuttosto che tra follower. È, detto in altre parole, il problema che tormenta l’umanità da tempo immemorabile: la propensione alla tirannide e la difficoltà della democrazia e della solidarietà. Il ché, d’altro canto, può essere anche l‘incentivo a comprendere e soprattutto a mettere in atto il principio che chi vuole lottare per la solidarietà e la democrazia deve sintonizzarsi con chi gli/ le è a fianco.