Incoscienza artificiale

Il libro “Incoscienza Artificiale” di Massimo Chiariatti è un’opera interessante che si concentra sull’impatto della tecnologia e dell’intelligenza artificiale sulla nostra vita quotidiana.
Il libro inizia con un’introduzione alla storia dell’informatica e della tecnologia, fino ad arrivare alla nascita dell’intelligenza artificiale. Chiaratti analizza come l’AI sia stata in grado di migliorare la vita umana in molti modi…Tuttavia, Chiriatti si concentra anche sugli aspetti negativi dell’intelligenza artificiale…
È, credo, in questo caso evidente, dalla monotona e scontata piattezza dello stile, che il precedente paragrafo sia stato scritto dal ChatGPT, espediente che anche Chiriatti adotta nell‘incipit del suo saggio per metterci direttamente a confronto con  l’opera dell’intelligenza artificiale. Il libro di Chiriatti non è solo „interessante“, come lo qualifica, senza alcun tono emotivo, il ChatGPT, ma è anche affascinante nella sua capacità di spiegare con esempi concreti come funziona la cosiddetta intelligenza artificiale, unisce in modo originale le teorie di Kahneman con il digitale, stimola la riflessione sugli scenari futuri, analizzando i rischi dell‘algocrazia, dello State Model delle grandi piattaforme, del rischio che l‘IA divenga „la continuazione della guerra con altri mezzi“.

Incoscienza artificiale

Uno dei meriti principali del libro è certamente quello di sottolineare e spiegare che la cosiddetta intelligenza artificiale è in realtà una „incoscienza artificiale“, poiché „non sa di sapere e neanche di non sapere“, non „sente“, non percepisce cioè, quello di cui noi abbiamo coscienza, non ha consapevolezza e dunque „non può rispondere alla domanda più elementare, quella che tipicamente ci rende umani: ossia, perché?“. Quello che le macchine invece sanno fare molto bene è una classificazione, cioè assegnare un’etichetta a una classe discreta (per esempio un’immagine raffigura un gatto o una mail è spam) e una previsione che genera un modello (per esempio il prezzo futuro di un’azione o il “potrebbe piacerti anche…”). Attraverso queste due funzioni specifiche di classificazione e/o previsione, la macchina apprende dalla realtà e suggerisce delle decisioni algoritmiche, “per prevedere tendenze e comportamenti futuri in base a quelli passati, ossia per completare l’informazione quando se ne conosce solo una parte.”

Sistemi cognitivi


Chiriatti integra poi in modo originale la teoria di Daniel Kahneman, esposta dal premio Nobel nel suo celeberrimo “Pensieri lenti e veloci”. Kahneman, come è noto, per spiegare i nostri processi cognitivi distingue due sitemi, il sistema 1 e il sistema 2, che ricordano tra l’altro da vicino il processo primario e il processo secondario di Freud. Il sistema 1, emotivo e intuitivo, funziona automaticamente, velocemente, con poco o nessuno sforzo e nessun senso di controllo volontario. Il sistema 2, logico, assai più lento, svolge attività mentali più impegnative che richiedono un approfondimento cognitivo. Kahneman sostiene che noi tendiamo a identificarci con il sistema 2 cioè, quello razionale, che decide cosa pensare e cosa fare, ma in realtà il sistema responsabile della maggior parte delle nostre decisioni è il sistema 1.

Sistema zero

L’originale proposta di Chiriatti è quella di aggiungere a questi due sistemi il sistema 0, l’intelligenza artificiale (o meglio incoscienza artificiale), intendendo con ciò qualsiasi software che funge da intermediario tra noi e la realtà. Tale sistema 0, osserva Chiriatti , non ha né l’istinto del sistema 1, né il ragionamento e la coscienza del sistema 2, ma è destinato a diventare, in un mondo sempre più tecnologico, “non una bensì la fonte delle informazioni” nonché lo strumento dei calcoli rapidissimi cui già ora ci affidiamo per affrontare la realtà. È dall’interazione tra questi tre sistemi e dall’equilibrio che noi riusciremo o meno a stabilire tra di loro che dipenderà il nostro futuro. Siamo infatti di fronte, osserva Chiriatti , a “una potenza immensa che va controllata, perché non è intelligente e non può farlo da sola”. Dobbiamo quindi impiegare questi sistemi in sequenza. “ Prima la parte facile, in cui si affida agli algoritmi il lavoro matematico; poi la fase successiva, quella più difficile con annessa la complessità infinita della responsabilità e del giudizio umano”. “Bisogna sperimentare, prosegue Chiriatti , per trovare il punto di equilibrio che riduca al minimo la possibilità di errore“. Egli non si/ci nasconde infatti i rischi, che riassume in tre macro categorie: “ l’abuso di sorveglianza con riconoscimento facciale o localizzazione; il rafforzamento di pregiudizi, con previsioni o classificazioni errate; la creazione di una realtà alternativa basata su informazioni o immagini false”.

Inconscio digitale

Forse facendomi prendere un po’ la mano, mi permetto di aggiungere un ulteriore comparto a questo sistema tripartito (Sistema 1,2,0) quello dell’inconscio digitale, l’insieme di ciò che noi proiettiamo inconsciamente (affetti, pensieri, intenzioni) su Internet e sui social Media così come degli stimoli inconsci che dal digitale vengono suscitati in noi, influenzando il nostro quotidiano. Da quando è nato il WEB abbiamo infatti accesso ad un’ulteriore vita che non è quella diurna, né quella onirica, né narrativa, né artistica ma digitale. Le sue forme hanno caratteristiche in parte simili ai sogni ad occhi aperti (fantasie derivanti dall’insoddisfazione) e in parte analoghe ai sogni notturni e dunque ai processi inconsci che nel sogno regnano sovrani. L’inconscio digitale, così (psicoanaliticamente) inteso, non è certo in Internet, nei Social Media o nelle più o meno sicure ed affidabili banche dati delle Big Tech ma è dentro di noi ed opera secondo le stesse modalità del nostro tradizionale inconscio, inducendoci a proiettare sul digitale, senza che ce ne rendiamo conto, le nostre emozioni più riposte, i nostri pensieri più inaccessibili e i nostri più inconfessabili desideri. Allo stesso modo quello che è disponibile in rete, immesso e postato sulle piattaforme da utenti altrettanto parzialmente inconsapevoli, viene recepito da noi attraverso il filtro inevitabilmente distorcente delle nostre precedenti esperienze emotive e cognitive. Non è di per sé niente di nuovo rispetto a quanto ci accade nella vita quotidiana, in cui i comportamenti e le parole degli altri subiscono la deformazione dei nostri pregiudizi cognitivi e delle nostre reazioni emozionali, dunque del nostro inconscio, salvo il fatto che nel digitale ciò avviene con tempi accelerati e generalmente con maggiore intensità a causa da un lato della riduzione degli elementi sensoriali a nostra disposizione (essenzialmente solo la vista), e dall’altra del meccanismo di regressione Internet (Internet Regression, Holland, 1996) cioè l’allentamento degli impulsi soprattutto aggressivi ed erotici che vige in Internet.

Nuovi mondi 


È proprio il caso di dire che con il digitale si aprono mondi, di possibilità così come di rischi. Sta a noi gestirli, approfondendo la conoscenza dei sistemi che abbiamo a disposizione, il nostro intuito, la nostra razionalità, un’incoscienza artificiale destinata a divenire verosimilmente intelligente e un inconscio dal quale non ci vengono solo impulsi e paure ma anche suggerimenti creativi.
“Le decisioni migliori – conclude Chiriatti – sono quelle che uniscono intuizione, ragione, emozione e suggerimenti algoritmici.”

 

Immagine: L’incubo di Johann Heinrich Füssli, 1781