Di fronte agli ennesimi, efferati casi di stupro di gruppo e di femminicidio che nelle ultime settimane e giorni sono tragicamente tornati sotto i riflettori della cronaca è stato più volte detto e scritto che “il patriarcato ha ucciso quelle donne”. Mi domando se sia proprio così? Non certo per simpatia verso il patriarcato che è uno dei cancri della società italiana. Esso non solo ha conculcato e tutt’ora conculca fondamentali diritti delle donne, pregiudicando anche quelli delle donne di domani, ma impedisce anche lo sviluppo moderno, paritario e democratico di tutto il paese, ne frena la crescita sociale, culturale ed economica, bloccandolo in atteggiamenti retrivi, infantili, provinciali di cui sono pure piene le cronache di questi giorni, anche quelle istituzionali.
Virilità e Violenza
Come scrive Bourdieu, nel suo “Il dominio maschile” – la cui lettura devo alla mia amica Laura Bocci – “ il privilegio maschile è anche una trappola e ha la sua contropartita nella tensione e nello scontro permanenti, spinti a volte sino all’assurdo, che ogni uomo si vede imporre dal dovere di affermare in qualsiasi circostanza la sua virilità”. Una virilità che “ deve essere convalidata dagli altri uomini, nella sua verità di violenza attuale o potenziale, e certificata dal riconoscimento dell’appartenenza al gruppo dei veri uomini” tanto che, prosegue Bourdieu, “ pratiche come certi stupri collettivi a opera di bande di adolescenti … hanno lo scopo di mettere coloro che si sottopongono alla prova nelle condizioni di affermare di fronte agli altri la loro virilità nella sua verità di violenza”. Non c’è credo bisogno di rilevare quanto le osservazioni di Bourdieu siano calzanti anche per i recenti feroci episodi di violenza.
Eppure, da irritato testimone della inveterata consuetudine di questo paese – dove bisogna cambiare tutto perché nulla cambi – a trasformare parole e concetti validi e autorevoli in slogan vuoti e vacui, temo fortemente che anche “il patriarcato” divenga una pigra e rassegnata modalità d’espressione per esimersi dalla fatica di scoprire e capire cosa c’è dietro quei feminicidi e quelle violenze.
Fattori di rischio fatali per femminicidio: un confronto dell’ultimo decennio tra le vittime italiane di femminicidio per fascia d’età
Ho trovato invece quanto mai stimolante, approfondita, meticolosa ed appassionata la ricerca condotta da studiose italiane che hanno analizzato tutti i casi di donne uccise in Italia nel decennio che va da gennaio 2010 a dicembre 2019. Le ricercatrici hanno utilizzato la definizione di femminicidio accolta nella Dichiarazione di Vienna, in base alla quale il femminicidio è “l’uccisione di donne e ragazze a causa del loro genere” [25] (p. 2), considerando tutte le donne e le ragazze vittime indipendentemente dal sesso dell’autore. Hanno così ottenuto un campione purtroppo molto ampio, costituito da 1.207 donne vittime di femminicidio in Italia, di età compresa tra 15 e 93 anni, compatibile con le statistiche nazionali, secondo le quali ogni anno in media in Italia 155 donne sono vittime di femminicidio, un’incidenza di un femminicidio ogni 2 giorni e mezzo.
L’obiettivo delle ricercatrici era indagare sulle possibili differenze tra adolescenti/giovani, adulte e anziane in termini di fattori di rischio fatali per il femminicidio, la cui età più critica è da 30 a 49 anni. Nello studio sono stati presi in considerazione due fattori di rischio fatali, cioè il tipo di violenza subita prima del femminicidio e i motivi del femminicidio stesso. È stato adottato il lasso di tempo dal 2010-2019 come “periodo di riferimento per tenere conto delle diverse riforme legislative in Italia, dalla legge n. 38/2009 che regola i crimini di stalking attraverso la ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Istanbul (legge n. 119/2013, nota come “Legge sul femminicidio”), alla legge n. 69 del 19 luglio 2019 (nota come “Codice rosso”) (che ha introdotto una serie di nuovi reati, come il matrimonio forzato, la deformazione dell’aspetto di un individuo attraverso lesioni facciali permanenti e la diffusione illegale di immagini o video sessualmente espliciti o porno di vendetta (Revenge porn) giudiziarie alla violenza contro le donne e migliorare la protezione delle vittime.”
I risultati dello ricerca
Ebbene, i risultati hanno da un lato confermato che il femminicidio è pressoché sempre preceduto da comportamenti violenti da parte del futuro uccisore nei confronti della vittima, in particolare comportamenti di controllo, seguiti dallo stalking per le donne più giovani e dalla violenza fisica per le donne più anziane. Lo studio sottolinea d’altro canto “ l’esistenza di differenze significative tra i gruppi di età delle vittime. … In particolare, le donne adolescenti/giovani hanno riportato livelli più elevati di stalking e comportamenti di controllo subiti rispetto agli altri due gruppi di donne considerati. Questi risultati sembrano evidenziare e confermare che per le vittime giovani e adolescenti tali forme di controllo e comportamenti intrusivi sono fattori di rischio letali significativi”
Per quanto riguarda il secondo fattore di rischio fatale indagato, cioè i motivi addotti per il femminicidio, “i risultati hanno confermato che tra le vittime adulte i principali motivi per l’uccisione delle donne erano la gelosia, l’incapacità di accettare la fine della relazione e litigi e conflitti…, indicando anche che rispetto alle altre vittime, la presenza di tali motivi sembra aumentare significativamente il rischio letale delle donne adulte. Diversamente, le donne anziane rispetto alle donne adolescenti/giovani e adulte avevano significativamente più probabilità di essere uccise a causa della malattia mentale e/o fisica della vittima e/o dell’autore.”
Implicazioni di prevenzione e intervento
Le ricercatrici sottolineano che le differenze riscontrate tra le diverse classi di età in relazione al tipo di violenza che precede il femminicidio e al tipo di motivazione che viene addotta per lo stesso hanno importanti ricadute in termini di prevenzione e di intervento.
Ciò significa concretamente sviluppare strumenti adeguati all’età per la valutazione del rischio in modo da intercettare in tempo campanelli d’allarme nella relazione che fanno presagire il peggio in modo da intervenire per tempo con misure di tutela. Uno di questi strumenti è ad esempio è il metodo Sara-S, acronimo di Spousal Assault Risk Assessment – Screening, messo a punto in Canada ed molto utilizzato anche negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei, soprattutto Svezia e Scozia”. Come spiega, una delle ricercatrici, https://oprc.it/comunicati-stampa/violenza-donne-psicologa-metodo-sara-s-per-prevenire-femminicidi/ Anna Sorrentino, psicologa, ricercatrice e docente di Psicologia giuridica e investigativa presso l’Università degli Studi della Campania, “tale metodo è stato inserito nel Piano nazionale antiviolenza e c’è l’indicazione di utilizzarlo nei Centri antiviolenza per la valutazione di questo rischio. “Analizzando diversi fattori, un operatore adeguatamente formato, valuta la possibilità di escalation di comportamenti violenti nei confronti di una donna, stabilendo se c’è la possibilità di escalation, fino al rischio cosiddetto fatale, cioè del femminicidio. Si tratta di informazioni preziose per fare prevenzione, allertando anche le forze dell’ordine e mettendo in atto le misure di allontanamento”. Analogamente la presenza di comportamenti di stalking e controllo da parte del partner verso donne adolescenti/giovani potrebbe essere considerata come un fattore di rischio significativo e letale per il femminicidio in queste fasce d’età, portando così a un’adeguata valutazione del rischio da parte dei professionisti e all’attivazione di protocolli di gestione del rischio mirati e rapidi.
Altrettanto importanti sono attività di prevenzione primaria rivolte a bambini e adolescenti, volte a rifiutare la violenza e riconoscere i comportamenti a rischio, in modo da riconoscere precocemente alcuni comportamenti sottovalutati e normalizzati, spesso considerati come “gesti d’amore” e che con l’amore nulla hanno a che fare.
Oltre il patriarcato
Torno alla domanda iniziale con qualche informazione in più e qualche certezza in meno. Perché non ci siano più femminicidi né violenze di genere domani dobbiamo combattere oggi, tutti i giorni e in tutti modi il patriarcato ad ogni livello, dal genere grammaticale, alla parità salariale e di impegno domestico, al corretto e rispettoso atteggiamento verso ogni identità di genere. Per ridurre il più possibile fin da subito i femminicidi oggi dobbiamo investire in studi sempre più approfonditi per individuare sempre più precisamente i fattori di rischio ed intervenire prima che sia troppo tardi. Ma dobbiamo anche investire ingenti risorse, per sostenere e proteggere le donne minacciate, per offrire loro strutture di cui hanno bisogno, per accompagnarle in un difficile percorso di liberazione della dipendenza in cui si trovano, per educare i nostri figli/e a relazioni libere e responsabili.