Apprendo, grazie ad una gentile segnalazione di Roberto Marsicano, che Alex Furmansky che si auto definisce Founder & Growth Hacker, per quello che ciò può voler dire, ha creato un AI di Esther Perel, la celebre terapeuta di coppia belga. Lui, cui certo le capacità di marketing non mancano, lo spiega così:
Non potendo prenotare una seduta con Esther Perel l’ho creata
All’inizio dell’anno io e la mia ex ragazza ci siamo separati e il mio cuore non si era ancora ripreso. Ero pieno di rimpianti, mi mettevo in discussione e avevo difficoltà a capire cosa fosse andato storto. In questo periodo ascoltavo su Spotify le sagge parole della terapista relazionale di fama mondiale Esther Perel. Sarebbe stata la persona perfetta per aiutarmi a fare chiarezza.
Purtroppo non potevo semplicemente prenotare una seduta con Esther. Così, nel giro di tre settimane, l’ho creata.”
Segue la trascrizione del colloquio telefonico tra Alex Furmansky e l’AI di Esther Perel, naturalmente riportato solo in modo parziale, perché, come scrive il Founder & Growth Hacker, persona evidentemente molto riservata, il colloquio “è troppo personale e contiene (riferimenti al)la vita privata di un altro essere umano”.
Furmansky, che appare pure molto sobrio nei suoi giudizi, definisce l’esperienza del suo colloquio telefonico con l’AI di Esther Perel “magica”, aggiungendo di essersi sentito dopo quell’esperienza “rinato”. Furmansky se ne guarda bene dal voler tenere per sé una simile magia e osserva, altruisticamente, “immaginate cosa potrebbe sbloccare per le centinaia di milioni di persone che attualmente non possono accedere ai servizi di consulenza”.
Big Vision
Detto fatto! Ecco la sua “Big Vision”:
„Considerate quanti visionari iconici esistono oggi nel nostro mondo. Quanto sarebbe incredibile ricevere un consiglio a tu per tu da Oprah? Noah Harari?“ ovvero „Mark Cuban, Joe Dispenza, Gary Vee, Tony Robbins o qualsiasi altra icona del nostro tempo.“
„Ognuno di loro è un esperto molto rispettato nel proprio settore – prosegue Furmansky – e si fa pagare migliaia di dollari per una sessione 1:1.“
Come risolvere il problema? L‘ha già risolto lui, naturalmente con l‘AI
„Immaginate di poter avere una conversazione a tu per tu con il vostro esperto preferito (o, almeno, con la sua mente!). Paghereste un piccolo canone mensile per questo?“ Cosa è in fondo un po’ vil pecunia se paragonata al rapporto personalizzato con il genio „artificiale“?
Molti pro e pochi contra
Furmansky, che è persona corretta, elenca i pro e i contra. Certo sui pro si sofferma un po‘ di più:
“Test di Turing superato – [se lo dice Furmansky]
Neutrale: Un terapeuta ai non entra in seduta con nozioni preconcette o con un priming.
Conoscenza: Un terapeuta ai ha sempre accesso immediato al suo intero corpus di conoscenze.
Sempre disponibile: Mi piaceva che il mio bot ai Esther fosse sempre disponibile per una sessione [mi verrebbe quasi da pensare, poiché io non sono neutrale, che questa sia la caratteristica che piace di più a Furmansky]
Riservato: Un terapeuta umano non può cancellare la sessione dalla sua mente – non esiste la funzione “cancella” nel nostro cervello. Potrebbero parlare della seduta con i loro colleghi o con il loro partner.
Autodidatta: Ho apprezzato il fatto di potermi prendere il tempo necessario per riflettere sulle mie risposte.”
Ma Furmansky riconosce onestamente, bontà sua, che l‘AI non è perfetta.
Disclaimer
Essendo inoltre, americanamente, consapevole dei possibili risvolti legali negativi della cosa, Furmansky, appone adeguato disclaimer : “questo è puramente a scopo di intrattenimento e di ricerca. Esther Perel non è in alcun modo affiliata a questo progetto. Non parlate con questo bot se avete problemi reali. Cercate una guida professionale.”
Update
Magicamente, quando si dice il caso, nel blog di Furmansky è da poco apparso questo update
“AGGIORNAMENTO: il team di Esther mi ha contattato e ci siamo messi in contatto per una potenziale collaborazione. Ila sua relazione principale al SXSWr è incentrata sul mio progetto.”
Libertà di divertimento
Ora, uno dei miei due lettori potrà pensare che io sia stato fin qui ironico, se non sarcastico. Non posso negarlo. Ci tengo però a precisare che non ho nulla contro il divertimento, che è per sua natura vario. Ognuno sceglie quello che più gli aggrada. Quindi anche l’AI di Esther Perel. L’altro mio lettore penserà magari che la mia è tutta invidia. Se Furmansky avesse costruito l’AI di Castigliego, altro che ironico, sarei andato in un brodo di giuggiole. Non posso dar torto neanche a quest’altro mio lettore – né me lo posso permettere, con due lettori.
Serietà della terapia
Il fatto è che, a mio modesto avviso, la terapia è una cosa seria, che si fa in due, o, nel caso della terapia di coppia, in tre (più eventuali incomodi). Certo nessuno sa come si evolverà il futuro. Magari tra 10 o 20 anni faremo davvero terapia di coppia con l’AI. Ma credo sarebbe almeno opportuno dargli un altro nome. Quella che noi ora pratichiamo come terapia (sia essa individuale, di coppia, di famiglia, di gruppo) è un procedimento di cura (almeno un tentativo) che si basa sul rapporto con un’altra persona formata allo scopo. Come direbbe Balint, è il medico la medicina. O meglio è nel rapporto tra paziente/i e terapeuta che avviene la cura.
Naturalmente può essere utile, a maggior ragione nella terapia di coppia, leggere un libro sull’argomento, ascoltare una trasmissione, guardare un video e, perché no?, telefonare anche con l’AI di Esther Perel o di altri terapeuti. Questa però non è una terapia, né una consulenza ma semplicemente un modo interattivo, per alcuni più stimolante e affascinante, di accedere ad informazioni specifiche e apparentemente personalizzate. Se proprio vogliamo essere molto generosi, potremmo dire che è un dialogo pseudo-socratico con noi stessi.
I pericoli della Big Vision
Il pericolo che vedo insito nella Big Vision di Furmansky è che, con l’alibi di aiutare le “centinaia di milioni di persone che attualmente non possono accedere ai servizi di consulenza”, si faccia passare per consulenza o addirittura terapia qualcosa che è in realtà solo informazione interattiva, certo utile, utilissima, ma che terapia non è. I pericoli sono anzi, a mio avviso, due: uno è quello di creare un sistema di terapia a due classi, una pseudo-terapia personalizzata con robot AI che scimmiottano i/le terapeuti/e famosi/e per poveri e una terapia vera, esclusiva, in presenza, con terapeuti veri per i ricchi che se lo possono permettere. La terapia a due classi, mi si dirà, c’è già. È vero, ma con la Big Vision di Furmansky rischiamo di rendere la scissione ancora più profonda e strutturale. L’altro pericolo non è meno insidioso. È quello cioè di farsi terapia da soli, di diventare i terapeuti di sé stessi/e, accentuando una tendenza, già dilagante al narcisismo.
Perché invece non andare nella direzione opposta? Utilizzare programmi AI per capire le finezze terapeutiche di Esther Perel e tanti/e altri/e terapeuti/e e metterle a disposizione di tutti gli/le altri/e terapeuti/e, favorire la formazione di molti/e più terapeuti/e e consulenti in modo che tutte/i coloro che na hanno bisogno vi possano avere accesso. Questo sarebbe, a mio avviso, uno straordinario progresso democratico per favorire il benessere anche mentale di tutti/e.
Artisti visionari
Personalmente credo che gli artisti siano ancora più visionari di molti innovatori mossi da fini commerciali. Non a caso alcuni di loro intuiscono che in un una società sempre più smaterializzata quale quella che si prefigura, un po’ di fisicità sarà quanto mai importante, anche a fini terapeutici. Nella novella Lockdown Fantasm, che fa parte del libro Cut Brushing, l’autrice, Jane Campbell, immagina che in una società del futuro i fantasmi vengano messi dal governo una volta alla settimana a disposizione delle persone anziane rimaste sole. L’autrice attribuisce abilmente al prossimo futuro un’esperienza che ormai stiamo già facendo tutti: “Diverse app vengono utilizzate per incontri sociali o professionali e diventano sempre più maneggevoli perché, disposte sui nostri schermi come carte da gioco, le singole rappresentazioni diventano sempre più sofisticate.
Ciononostante, ci si sente un po’ come un bambino affamato che guarda in vetrina piatti ricchi di cibo. Come disse una volta qualcuno, il mezzo è il messaggio e, per quanto bello, non possiamo toccare o baciare o annusare o assaggiare i pixel.”
Fantasmi
La protagonista della novella è ben contenta allora di poter toccare e baciare il suo fantasma, di farci l’amore e di cenare con lui a base di ostriche e champagne. Non le interessa se, come si discute in rete,
“i fantasmi siano o no semplicemente fantasie freudiane a cui viene data una manifestazione fisica stranamente efficace”. Non le interessa neppure cosa ne pensi la sua amica psicoanalista. Quella che, sorridendo “in quel modo esasperante che hanno gli psicoanalisti” le ha rivelato che la donna vecchia in lacrime che la protagonista vedeva seduta in fondo al suo letto, sarebbe una proiezione di tutte le sue paure sul futuro. “Non bisogna mai discutere con i freudiani, pensano di avere tutte le risposte” conclude la protagonista. Figuriamoci poi le AI freudiane!