I dati ora ci sono. Mi riferisco ai dati relativi all’aumento dei disturbi psichici indotti dalla pandemia.
Anche prima del 2020, i disturbi mentali, erano, nell’indifferenza più o meno generale, tra le principali cause del carico globale delle malattie, il cosiddetto GBD, Global Burden of Diseases, che è una misura per calcolare l‘impatto che le principali malattie hanno sulle persone a livello globale. Non si tratta qui di individuare le malattie più pericolose, gravi, mortali ma quelle che hanno un maggior impatto sulla vita delle persone. Più esattamente il GBD stima l’incidenza, la prevalenza, la mortalità, gli anni di vita persi (YLL), gli anni vissuti con disabilità (YLD) e gli anni di vita corretti per la disabilità (DALY) a causa di 369 malattie e lesioni, per i due sessi, e per 204 paesi e territori. Ebbene Il Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (GBD) 2019 aveva già mostrato che i due disturbi mentali più disabilitanti erano i disturbi depressivi e quelli d’ansia, entrambi classificati tra le 25 principali cause di carico malattie in tutto il mondo nel 2019.
L’emergere della pandemia di COVID-19 a partire dal 2020 ha naturalmente sollevato molte domande sugli effetti che ne sarebbero scaturiti sulla salute mentale sia attraverso effetti psicologici diretti della pandemia sia a seguito delle conseguenze sociali (basti pensare al lockdown) ed economiche a lungo termine. Già numerosi studi avevano evidenziato il significativo aumento di disturbi psichici prevalentemente depressivi, d‘ansia e di disturbi post traumatici da stress. Ne avevo dato conto ancora lo scorso anno e più recentemente e per gli adolescenti qui Molti operatori sanitari avevano richiamato l’attenzione su questa incombente tendenza, diversi giornalisti avevano ripreso i loro appelli, venendo tacciati peraltro da alcuni di allarmismo. Ora appunto i dati ci sono. Vengono da uno studio autorevole, globale, relativo a 204 nazioni e territori e pubblicato l‘8 ottobre su Lancet I ricercatori hanno condotto una revisione sistematica di tutti i dati relativi alla prevalenza del disturbo depressivo maggiore e dei disturbi d’ansia durante la pandemia pubblicati tra il 1 gennaio 2020 e il 29 gennaio 2021. Hanno analizzato i dati relativi agli stessi disturbi precedenti la pandemia e hanno utilizzato il modello del Global Burden of Disease Study (GBD) che ho precedentemente descritto. Ebbene, gli autori stimano vi sia un aumento significativo della prevalenza sia del disturbo depressivo (+27·6%) che dei disturbi d’ansia (+25·6%) rispetto a prima della pandemia. Sono in particolare due gli indicatori di impatto COVID-19 associati a una maggiore prevalenza del disturbo depressivo maggiore e dei disturbi d’ansia: i tassi di infezione giornalieri e la riduzione della mobilità umana. Le femmine risultano maggiormente colpite rispetto ai maschi e i gruppi di età più giovani più colpiti rispetto ai gruppi di età più avanzata.
L‘editoriale di Lancet pur sottolineando la straordinaria importanza dello studio anche per l‘azione politica, ne rileva naturalmente anche i limiti, il fatto che non siano possibili misurazioni dirette in molti territori, che la maggior parte dei dati siano basati su questionari auto-compilati dunque più su sintomi che diagnosi, che non siano sempre chiare le cause dell’aumento (contagio, lockdown, problemi finanziari).
Pur con tutti questi limiti lo studio è fondamentale per programmare l‘azione politica di sostegno e cura alle persone che dai disturbi psichici sono affette.
Recommended mitigation strategies should incorporate ways to promote mental wellbeing and target determinants of poor mental health exacerbated by the pandemic, as well as interventions to treat those who develop a mental disorder. Taking no action in the face of the estimated impact of the COVID-19 pandemic on the prevalence and burden of major depressive disorder and anxiety disorders should not be an option.
Ciò vuol dire tra l‘altro per l’Italia potenziare il SSN anche nella parte relativa alla prevenzione e alla cura dei disturbi mentali. E significa anche consentire a tutti/e coloro che ne hanno bisogno l‘accesso alla psicoterapia Attualmente purtroppo non è così. Le psicoterapie sono a pagamento e quelle offerte dal SSN riescono a coprire solo in piccola parte la sempre maggiore richiesta. Si può discutere quale sia la strategia migliore (assicurazione psicoterapeutica, delegazione medica o altro) ma l’obiettivo non è più rinviabile. Lo scrivo da tempo. La psicoterapia non è un lusso, è un’opportunità ineludibile se non vogliamo vivere in una giungla psichica ma in una società solidale e sostenibile.