Non è la tua stanza la prigione. Sei tu. (Sylvia Plath)
Ci sentiamo male psichicamente, si sentono male soprattutto le ragazze/i ragazzi e le donne. Ormai ce lo dicono tutte le indagini. Lo certifica il rapporto dell’Ocse Health at a Glance, Europe 2022 sulla salute dei cittadini europei, che avevo illustrato qui , dal quale emerge che la pandemia e le misure messe in atto per contenerla (lockdown) hanno determinato un peggioramento senza precedenti della salute mentale dei giovani in tutta Europa, al punto che la quota di giovani (18-29 anni) con sintomi di depressione è più che raddoppiata in diversi paesi. Un’indagine sulla salute mentale e il benessere, condotta da Ipsos e promossa dal Gruppo Axa su un campione di 30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi, evidenzia „che l’Italia, insieme al Giappone, presenta la più bassa percentuale di persone che avvertono uno stato di pieno benessere mentale. I soggetti più a rischio sono le donne … e i giovani” Secondo il rapporto dell‘Unicef „nel mondo, un adolescente su sette, tra i 10 e i 19 anni, convive con un disturbo mentale diagnosticato“ laddove l’ansia e la depressione rappresentano «il 40%» di questi. «In alcuni casi il disagio è tale da lasciare i giovani con la sensazione di non avere alternative: il suicidio è, nel mondo, una fra le prime cinque cause di morte fra i 15 e i 19 anni ma in Europa occidentale diventa la seconda, con 4 casi su 100.000, dopo gli incidenti stradali», sottolinea il portavoce dell’Unicef Italia, Andrea Iacomini“. La situazione è particolarmente drammatica per le ragazze ed i ragazzi nei quali si assiste a un significativo aumento di irascibilità, rabbia, instabilità del tono dell’umore, comportamenti di autolesionismo, ideazione suicidaria, disturbi alimentari, al punto che le richieste di prestazioni psicologiche e psichiatriche sono aumentate del 30%, come spiega la primaria di psichiatria e psicoterapia dell’età evolutiva dell’Alto Adige Dott.ssa Donatella Arcangeli intervistata dal Sole24Ore
Le insufficienti dotazioni del SSN
A fronte di una situazione così grave e di richieste in fortissimo aumento, le dotazioni e l‘offerta psichiatrica e psicologica del SSN sono assolutamente insufficienti, come testimonia un’approfondita inchiesta sempre del Sole24ore:
“solo una persona su quattro ricoverata in un reparto di salute mentale dopo un evento acuto ha ricevuto una visita psichiatrica entro le due settimane dalla presa in carico, e il 30% complessivo entro un mese, con regioni dove dopo 30 giorni non è stato ascoltato per la prima volta neanche un paziente su cinque”. Il personale è allo stremo, come dimostrato dalle statistiche: “In media è come dire che vi è uno psichiatra ogni 182 persone e uno psicologo addirittura ogni 284 utenti.” … “Gli psicologi sono la figura paradossalmente meno presente in queste strutture.”
Anche in ambito ospedaliero le cose non vanno meglio: “L’offerta complessiva in Italia di posti letto in degenza ordinaria è di 0,9 ogni 10.000 abitanti maggiorenni…. con il risultato che le struture psichiatriche ospedaliere possono garantire degenze medie brevi (12,8 giorni di media). “
Pericolo ignorato
Ci si potrebbe aspettare, che il tema della salute mentale fosse uno dei temi principali sui mass-media e sui social media, venisse affrontato da ogni politico e inducesse tutti i professionisti del settore, pubblici, privati e del terzo settore ad una grande alleanza per dar vita ad un piano nazionale di salute mentale adeguato ad una sfida così impegnativa per i prossimi decenni. Ma siamo in Italia (e comunque in un mondo lontano da quello ideale). Ragion per cui il bonus psicologico è esaltato dagli uni, e criticato se non irriso da altri. I politici, salvo rare eccezioni, fanno, se le fanno, dichiarazioni di facciata a difesa del SSN, disinteressandosi poi del suo finanziamento. I professionisti, già divisi tra pubblici e privati, psichiatri e psicologi, e altri operatori, si suddividono ulteriormente a seconda di convinzioni e convenienze. Tutte cose assolutamente umane. Tali conflitti devono però essere composti se non vogliamo ritrovarci a breve con un disastro mentale oltre che climatico. Credo non vi sia altra possibilità che radunare tutte le istituzioni e le categorie professionali interessate intorno a un tavolo fino a quando non ne sarà uscito un piano sensato, realistico e realisticamente finanziabile per assicurare non la salute mentale a tutte/i ma a tutte/i l’accesso alle cure psicologiche e psichiatriche.
La stanza e la mente
Preciso questo perché mi sembra che si faccia spesso confusione tra la stanza, di cui scriveva Sylvia Plath (grande poetessa afflitta da un grave disturbo psichico) e la nostra mente. Certamente vi sono impedimenti obiettivi alla salute, tanto fisica quanto psichica, che limitano la nostra possibilità di godere pienamente della nostra vita. Se non ho un salario minimo che mi consenta di mantenere con decenza me stesso, il mio/la mia partner, la mia famiglia, quale essa sia, non avrò nemmeno la possibilità di immaginare un benessere mentale perché ogni mio sforzo sarà speso per garantire a me e ai miei cari quello materiale. È compito della politica, dunque delle Istituzioni e di tutte/i noi, fare in modo che tali ostacoli economici vengano rimossi e nessuno rimanga indietro. La stanza deve essere dunque decorosa per tutte/i, anche se per alcuni sarà arredata come una reggia, per altri come una cella di convento. Ciò tuttavia non basta per garantire la salute mentale o il recupero della stessa. La vita è certamente ricca di sorprese, non tutte però piacevoli e noi siamo, che lo vogliamo ammettere o no, fragili. Dalla combinazione di questi due fattori deriva inevitabilmente che prima o poi siamo confrontati con una o più prove che ci vedono fallire o che temiamo di non superare. Allora naufraghiamo, anche se solo metaforicamente (mentre altri soccombono per non aver potuto scegliere come raggiungere la stanza). Ci ritroviamo su un’isola deserta, come Robinson Crusoe e, come lui, ci sentiamo atterriti e impotenti. Abbiamo la sensazione di aver perso tutto e di non aver più niente e nessuno. La disperazione si può impadronire di noi e far diventare la nostra mente una prigione. Oppure possiamo cominciare a vedere, da soli, o, meglio, in compagnia di un terapeuta, che sulla nostra isola, che abbiamo inizialmente percepito essere deserta, vi sono piante, che possiamo coltivare, animali che possiamo addomesticare o allevare, utensili che possiamo adattare ai nostri scopi. Insomma grazie alla relazione terapeutica possiamo scoprire risorse nascoste che non abbiamo mai visto o avevamo smesso di vedere in noi. E , di scoperta in scoperta, con molta fatica e un po’ di fortuna, possiamo incontrare un’altra persona dentro e fuori di noi e, infine, liberarci dalla prigione della nostra mente. Sylvia Plath conclude che “nessuno ha il potere di curarti tranne te stessa.” Io sarei più cauto e più ottimista insieme. Certo non si può guarire una persona che non si lascia aiutare, ma la cura per fortuna non viene solo da noi stessi, ma anche da un rapporto terapeutico in cui ci sentiamo ascoltati, accettati e, in parte, capiti, come si augurano i ragazzi e le ragazze scesi in piazza per la salute mentale.
Immagine: Raffaello Sanzio, La Liberazione di S. Pietro